Legittimità degli accordi fra amministrazioni (Cons. Stato n. 3849/2013)

Redazione 15/07/13
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FATTO

Oggetto del presente giudizio è il contratto in data 22 ottobre 2009 stipulato tra l’Azienda sanitaria locale di Lecce e l’Università del Salento – Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione, con il quale la prima ha affidato alla seconda l’incarico di studio e valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture ospedaliere della Provincia di Lecce, da eseguirsi alla luce delle recenti normative nazionali emanate in materia di sicurezza delle strutture ed in particolare degli edifici strategici, verso un corrispettivo di 200.000 euro al netto di ***.
Ritenendo che tale contratto sostanziasse un affidamento diretto di un appalto pubblico di servizio ricadente nel perimetro di applicazione delle norme sull’evidenza pubblica comunitaria ed interna, ed in particolare di un contratto avente ad oggetto prestazioni qualificabili come servizi di ingegneria di cui alle voci 8 e 12 dell’allegato II-A al d.lgs. n. 163/2006, lo stesso veniva impugnato con tre distinti ricorsi proposti davanti al TAR Puglia – sez. staccata di Lecce, dagli ordini e associazioni professionali, nonché imprese di ingegneria, tutti sopra epigrafati come odierni appellanti.
Il TAR adito accoglieva le tre impugnative, facendo proprio l’assunto di queste ultime ed invece disattendendo le difese degli enti resistente, volte a sostenere la legittimità del contratto, in quanto avente ad oggetto attività di ricerca scientifica e consulenza tecnica esercitabile dalle università nei confronti di enti pubblici in virtù di contratti o convenzioni (ai sensi dell’art. 66 d.p.r. n. 382/1980, recante riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica) e quindi riconducibile allo schema degli accordi tra pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 15 l. n. 241/1990.
Nei conseguenti giudizi di appello promossi dall’Asl in via principale ed in via incidentale dall’Università del Salento, la Sezione:
– con sentenza non definitiva dell’8 febbraio 2011, n. 861, riuniti i medesimi, respingeva le contrapposte eccezioni di pregiudiziali di inammissibilità e/o irricevibilità rispettivamente formulate dalle parti;
– con separata ordinanza in data 11 febbraio 2011, n. 966 rimetteva alla Corte di Giustizia Ue la questione interpretativa pregiudiziale volta a verificare la compatibilità con la direttiva sugli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari 2004/18/CE dell’affidamento in via diretta contratti della specie di quello in contestazione a soggetti qualificabili a loro volta come amministrazioni aggiudicatrici ma al contempo come operatori economici in base alla suddetta direttiva.
Con sentenza del 19 dicembre 2012 (causa n. C-159/11) la Corte di Giustizia ha stabilito che:
1) l’affidamento senza gara da parte di un’amministrazione aggiudicatrice di un contratto contrasta con le norme ed i principi sull’evidenza pubblica comunitaria quando ha ad oggetto servizi i quali, pur riconducibili ad attività di ricerca scientifica, “ricadono, secondo la loro natura effettiva, nell’ambito dei servizi di ricerca e sviluppo di cui all’allegato II A, categoria 8, della direttiva 2004/18, oppure nell’ambito dei servizi d’ingegneria e dei servizi affini di consulenza scientifica e tecnica indicati nella categoria 12 di tale allegato” (§ 28);
2) non sussiste per contro l’obbligo della gara in caso di “contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi” (§ 34);
3) questa ipotesi è configurabile quando dette forme di cooperazione rispettino le seguenti condizioni: “siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti, e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico” (§ 35).
Il Giudice comunitario ha quindi demandato al giudice del rinvio l’accertamento delle predette condizioni. Nondimeno, lo stesso ha potuto rilevare, sulla base della lettura dell’ordinanza di rimessione, che le attività dedotte nel contratto, pur connotate da metodologie e fondamenti di carattere scientifico, si sostanziano in prestazioni “che vengono generalmente svolte da ingegneri o architetti” (§ 37), ed inoltre che in forza dei patti in esso contenuti l’Università è autorizzata ad affidare alcune attività a prestatori privati(§ 38).

DIRITTO

1. Occorre innanzitutto chiarire, visto il contrasto insorto tra le parti in causa, l’ambito degli accertamenti demandati dalla Corte di Giustizia a questo giudice del rinvio.
Al riguardo, il Collegio si reputa in primo luogo rilevante a questo scopo accertare la natura delle prestazioni dedotte nel contratto in contestazione.
In relazione ad esse, infatti, il giudice europeo ha affermato trattarsi di attività rientranti nella ricerca scientifica, in quanto condotte con metodo scientifico, ma al contempo suscettibili di formare oggetto di servizi di ricerca e sviluppo e di ingegneria e consulenza tecnica e scientifica di cui alle categorie 8 e 12 dell’allegato II-A alla direttiva 2004/18. Ciò si ricava in particolare dalla lettura combinata dei paragrafi 28 e 37 della sentenza resa sulla questione pregiudiziale comunitaria. Si afferma infatti nelle citate parti della pronuncia che al di là del fondamento scientifico, le attività sono oggettivamente ascrivibili a servizi tipici delle professioni di ingegnere ed architetto, il che escluderebbe “l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune all’ASL e all’Università” (§ 37).
2. Occorre in secondo luogo accertare se il contratto ponga operatori privati in posizione privilegiata (§ 38), in virtù della possibilità, contrattualmente prevista, di affidare le prestazioni in esso dedotte a prestatori privati, in tal modo realizzandosi un’elusione degli obblighi comunitari di affidamento mediante gara di contratti aventi sostanza di appalti pubblici.
3. Tanto precisato, possono passarsi in rassegna gli aspetti fattuali salienti nella presente vicenda contenziosa, a cominciare dalle prestazioni dedotte nel contratto (art. 2) tra le parti resistenti, che di seguito vengono sinteticamente elencate:
I) individuazione della tipologia strutturale dei materiali impiegati per la costruzione, dei metodi di calcolo adottati, verifica sommaria dello stato di fatto rispetto alla documentazione progettuale resa disponibile;
II) verifiche della regolarità strutturale, analisi sommaria della risposta sismica globale dell’edificio, eventuali analisi locali su elementi o sottosistemi strutturali significativi per l’individuazione della risposta sismica globale;
III) elaborazione dei risultati e stesura di schede tecniche di diagnosi strutturale con particolare riferimento alla tipologia strutturale ed alla risposta strutturale in relazione alla pericolosità sismica del sito di ubicazione dell’opera, alla classificazione della vulnerabilità sismica degli ospedali, alla rilevazione di elementi o sottosistemi strutturali critici, ai suggerimenti preliminari ed alle opere di adeguamento o miglioramento sismico adottabili, con particolare riferimento ai vantaggi e limiti delle diverse tecnologie possibili, in termini tecnico-economici.
Le descritte attività devono essere condotte sulla base dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 (“Primi elementi di materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”), delle Norme Tecniche per le costruzioni di cui al DM 14 gennaio 2008, e delle norme europee per la progettazione strutturale “Eurocodici”.
Le attività sono articolate essenzialmente in due fasi, compendiate, la prima, in una relazione sommaria delle criticità strutturali degli edifici ospedalieri, e la seconda nella redazione di schede tecniche e relazioni strutturali contenenti la diagnosi sulla vulnerabilità sismica e l’indicazione delle opere di adeguamento necessarie.
Le stesse attività sono affidate, all’interno dell’Università affidataria, al Gruppo di tecnica delle costruzioni del Dipartimento di ingegneria dell’innovazione ed in relazione ad esse è prevista la collaborazione di un gruppo di lavoro dell’Asl.
La proprietà dei risultati delle attività dedotte in contratto è attribuita in via esclusiva all’Asl, ma ne è prevista la divulgabilità a scopi scientifici da parte dell’Università, previa autorizzazione della prima.
3.1 Con atto di interpretazione autentica stipulato in data 6 maggio 2013, con il quale le parti contraenti hanno chiarito che il personale esterno di alta qualificazione, cui a mente dell’art. 4 del contratto l’Università del Salento può affidare le suddette attività, deve intendersi quello che, ancorché non di ruolo, sia comunque “contemplato dall’ordinamento universitario o comunque rilevante per l’ordinamento universitario, quali ad esempio dottorandi di ricerca o assegnisti di ricerca, o docenti e ricercatori altamente qualificati operanti in altri atenei o istituzioni di ricerca…”.
4. Sulla scorta delle risultanze probatorie finora passate in rassegna, le amministrazioni resistenti, odierne appellanti, nel svolgere censure alle sentenze di primo grado, assumono che:
– l’attività di valutazione della vulnerabilità sismica di edifici dedotta nel contratto è attività diversa dalla verifica statica e di sicurezza sismica, sostanziandosi nell’accertamento, di tipo probabilistico, della relativa propensione a subire danni per effetto di eventi sismici;
– più precisamente, si tratta di un’attività condotta con metodologie non standardizzate nella letteratura specialistica, richiedente pertanto la previa analisi comparativa circa la loro validità scientifico-applicativa, ed implicante complesse verifiche sperimentali, non rientranti in quelle previste nelle leggi professionali degli architetti e degli ingegneri;
– l’attività in questione si sostanzia, per i rilevanti profili di innovatività, a quella della ricerca scientifica applicata e consulenza tecnica istituzionalmente attribuita alle Università;
– la medesima attività conduce infatti ad individuare una metodologia operativa standard a livello nazionale, che non pregiudica il successivo ricorso al mercato per l’affidamento delle attività di consolidamento sismico delle strutture;
– alla base del contratto in contestazione vi sono dunque interessi pubblici convergenti delle due amministrazioni stipulanti, così risultando assicurato, sotto questo profilo, il rispetto del requisito funzionale consistente nell’adempimento “di una funzione di servizio pubblico comune” richiesto dalla Corte di Giustizia (§ 34);
– non sussiste inoltre il pericolo che il contratto ponga in posizione privilegiata operatori privati, visto quanto pattuito nell’atto di interpretazione autentica.
5. Il Collegio condivide quest’ultimo assunto, poiché in base al suddetto negozio di accertamento può escludersi, alla stregua di un apprezzamento informato ai requisiti di certezza imposti nell’applicazione del diritto comunitario, che attraverso il contratto in contestazione si possa dare luogo all’affidamento in subappalto di attività economiche rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2004/18 a prestatori di servizi privati.
6. Ad opposta conclusione deve giungersi invece con riguardo alla natura delle attività dedotte in contratto ed alla conseguente configurabilità di una cooperazione tra enti pubblici “finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi” (§ 34 della sentenza della Corte di Giustizia), per cui gli appelli riuniti devono essere respinti.
Ciò per il fondamentale rilievo che nel caso di specie difetta la comunanza tra gli enti pubblici stipulanti dell’elemento teleologico.
6.1 Deve prima di tutto essere precisato che nella questione in esame rientra in quella, oggetto dell’eccezione sollevata dalle medesime appellanti volta a sostenere che detto contratto è riconducibile allo schema degli accordi tra pubbliche amministrazioni ex art. 15 l. n. 241/1990.
Quest’ultimo infatti contempla una delle possibili forme di cooperazione tra enti pubblici, comunque imperniato sul carattere “comune” delle attività il cui svolgimento viene con essa disciplinato.
Giova sul punto ricordare che le direttive sugli appalti, come tutto il diritto europeo, devono essere applicate sulla base di un approccio funzionale, e cioè in modo coerente con gli obiettivi ad esse sottesi. I quali consistono, in positivo, nell’imporre alle amministrazioni il rispetto della concorrenza laddove debba affidare attività economicamente contendibili e, conseguentemente, in negativo, nell’escludere l’operatività di detti imperativi quando non vi siano rischi di distorsioni del mercato interno, giacché in questo caso vi sarebbe un’eccedenza dei mezzi rispetto agli scopi anzidetti.
Visti nel prisma del diritto europeo, quindi, gli accordi tra pubbliche amministrazioni previsti dalla legge generale sul procedimento amministrativo sono necessariamente quelli aventi la finalità di disciplinare attività non deducibili in contratti di diritto privato, perché non inquadrabili in alcuna delle categorie di prestazioni elencate nell’allegato II-A alla direttiva 2004/18 di coordinamento degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Il contenuto e la funzione elettiva degli accordi tra pubbliche amministrazioni è pertanto quella di regolare le rispettive attività funzionali, purché di nessuna di queste possa appropriarsi uno degli enti stipulanti.
6.1 Il Collegio reputa infatti che la pronuncia della Corte di Giustizia chiarisca il contrasto tra i principi comunitari da un lato ed alcune pronunce di questa Sezione che hanno reputato legittimo l’affidamento a titolo oneroso tra pubbliche amministrazioni di un servizio ricadente tra i compiti di uno degli enti (sentenze 12 aprile 2007, n. 1707; 13 luglio 2010, n. 4539; 10 settembre 2010, n. 6548).
Qualora un’amministrazione si ponga rispetto all’accordo come operatore economico, ai sensi di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 23 dicembre 2009, in C 305/08, prestatore di servizi ex all. II-A più volte citato e verso un corrispettivo anche non implicante il riconoscimento di un utile economico ma solo il rimborso dei costi, non è possibile parlare di una cooperazione tra enti pubblici per il perseguimento di funzioni di servizio pubblico comune, ma di uno scambio tra i medesimi (cfr. in particolare i §§ 27 – 29 della sentenza di rinvio).
6.2 La dottrina interna aveva già intuito questa antiteticità tra accordi e contratti, avendo coniato con riguardo ai primi l’espressione contratti “ad oggetto pubblico”, ponendone quindi in rilievo la differenza rispetto al contratto privatistico ex art. 1321 cod. civ., del quale contengono solo l’elemento strutturale dato dall’accordo ai sensi del n. 1 della citata disposizione, senza che ad esso si accompagni tuttavia l’ulteriore elemento del carattere patrimoniale del rapporto che con esso si regola.
Come nel contratto, le amministrazioni pubbliche stipulanti partecipano all’accordo ex art. 15 in posizione di equiordinazione, ma non già al fine di comporre un conflitto di interessi di carattere patrimoniale, bensì di coordinare i rispettivi ambiti di intervento su oggetti di interesse comune. Il quale coordinamento può anche implicare la regolamentazione di profili di carattere economico, ma come necessario riflesso delle attività amministrative che in esso sono interessate.
6.3 Nella prospettiva ora accennata deve essere apprezzato il carattere “comune” alle amministrazioni stipulanti dell’interesse pubblico perseguito, che vale a distinguere gli accordi dai contratti.
Sul punto, come deduce l’Università del Salento nella propria memoria conclusionale, il requisito dell’interesse pubblico “comune” non può essere inteso in termini di identità ontologica, incentrato cioè sul settore materiale di intervento delle amministrazioni stipulanti.
La considerazione sembra a ben guardare ovvia, perché ad opinare in questo senso si finirebbe per limitare ingiustificatamente le forme di cooperazione tra enti pubblici, circoscrivendole a quelle concluse tra soggetti appartenenti alla medesima branca amministrativa.
Pertanto, ha ragione la citata parte appellante a sostenere che il predicato in questione possa essere soddisfatto allorché vi sia una “sinergica convergenza” su attività di interesse comune, pur nella diversità del fine pubblico perseguito da ciascuna amministrazione (pag. 6 della memoria conclusionale).
6.4 Ma è proprio questa convergenza a difettare nel caso di specie, perché il contratto in contestazione è inquadrabile nel paradigma generale previsto dall’art. 1321 cod. civ., essendo caratterizzato dalla patrimonialità del rapporto giuridico con esso costituito e disciplinato, a causa della riconducibilità delle prestazioni demandate all’Università del Salento ai servizi di cui alle categorie 8 e 12 dell’allegato II-A alla direttiva 2004/18 e del fatto che queste sono destinate ad essere fatte proprie dall’Asl affidante.
Quanto ora affermato si fonda sulle seguenti considerazioni:
– le attività dedotte nel contratto sono da un lato riconducibili alla istituzionale funzione di ricerca scientifica e consulenza delle Università, ai sensi dell’art. 66 d.p.r. n. 382/1980, ma al contempo sono meramente strumentali rispetto ai compiti demandati dall’ordinamento alle aziende sanitarie locali, attenendo alla verifica della vulnerabilità sismica di plessi ospedalieri di proprietà di quest’ultima;
– come infatti visto sopra, a termini di contratto, i risultati di questa attività di ricerca sono destinati ad essere incamerati nel patrimonio di quest’ultima amministrazione (art. 8);
– vi è dunque l’acquisizione di una utilitas in via diretta all’ente pubblico ricevente;
– è vero che la verifica sulla vulnerabilità sismica delle proprie strutture ospedaliere è coerente con la missione istituzionale dell’Asl di erogare il servizio di assistenza e ricovero nel rispetto degli obblighi di legge (precisamente in forza della citata ordinanza P.C.M. n. 3274/2003), ma questa coerenza con i precetti normativi primari è un dato comune a tutta l’attività dell’amministrazione pubblica;
– le parti ricorrenti in primo grado hanno ampiamente comprovato in primo grado come la stessa attività qui in contestazione sia stata oggetto di procedure di gara per servizi di ingegneria da parte di altre amministrazioni aggiudicatrici, avente come operatrici economiche di settore potenzialmente interessate anche imprese di ingegneria;
– per contro, nessuna delle appellanti è stata in grado di dimostrare che le attività dedotte in contratto costituiscano attività di ricerca scientifica applicata preclusa agli ingegneri ed agli architetti;
– le pur pregevoli disquisizioni contenute nella relazione peritale dei professori **************** e ************ sul punto non sono in grado di fare emergere la supposta differenza ontologica tra le verifiche di vulnerabilità sismica e quelle di sicurezza sismica, le prime caratterizzate dall’aggiunta dell’elemento prognostico rispetto a quello diagnostico;
– non si vede infatti come la verifica di sicurezza sismica possa prescindere da una valutazione prognostica sulle ripercussioni di azioni sismiche nei confronti di strutture, visto che in essa è compresa l’indicazione delle necessarie opere di adeguamento e rafforzamento strutturale ed è prodromica alla realizzazione di queste ultime;
– peraltro, come osservano le parti appellate, nel contratto in contestazione non si fa riferimento alcuno a particolari verifiche comparative metodologiche e prove sperimentali sulle strutture;
– né parimenti consentono di superare il dato inoppugnabile consistente nel fatto che le tecniche scientifico-diagnostiche da impiegare nel caso di specie sono normativizzate per effetto delle citate OPCM 3274/03, Norme Tecniche per le costruzioni DM 14 gennaio 2008, ed Eurocodici (oltre che della circolare della Protezioen Civile n. 3147 del 21 aprile 2010);
– quand’anche vi sia contrasto in ordine alla validità scientifica della citata normativa tecnica, non vi è dubbio che essa funga da parametro di verifica del corretto adempimento della prestazione dedotta in contratto;
– tanto meno negli atti prodromici alla stipula del contratto in contestazione emerge alcun riferimento alla complessità tecnico scientifica delle attività in esso dedotte;
– non giova al riguardo invocare il protocollo di intesa stipulato dalle odierne appellanti nel 2006, giacché in esso si conviene di dare luogo ad una collaborazione scientifico-consulenziale dell’Università finalizzata al potenziamento ed al raggiungimento di obiettivi di eccellenza “nei settori del servizio sanitario” e dunque in relazione alla missione istituzionale dell’Asl;
– nell’intesa si prefigura dunque un coordinamento delle funzioni finali delle due amministrazioni, attraverso l’impiego delle conoscenze scientifiche dell’Università, allo scopo di migliorare il servizio di cura della popolazione demandato dall’ordinamento generale alle Aziende sanitarie;
– anche in questo caso è certamente ravvisabile un utilità per quest’ultima, ma essa non ha carattere economicamente valutabile, collocandosi invece nell’attività funzionale dell’ente pubblico;
– nel caso di specie, per contro, il contratto costituisce lo strumento con cui l’Asl di Lecce si conforma ad obblighi di carattere normativo, appropriandosi di un servizio offerto da un operatore sostanzialmente privato;
– sul punto, è ancora il caso di rilevare come non ha pregio invocare, come fa l’appellante Università del Salento in base alla relazione sopra citata, il carattere scientifico-applicativo delle attività dedotte in contratto;
– è noto infatti che la ricerca applicata è svolta allo scopo di trovare soluzioni pratiche e specifiche ed ha come obiettivo, non già l’avanzamento della conoscenza teorica, bensì lo sfruttamento di quella già acquisita a fini pratici, in funzione dello sviluppo in ambito tecnico del patrimonio scientifico esistente;
– come visto sopra, la Corte di Giustizia (§ 28 della sentenza) ha puntualmente segnalato che l’attività in questione è certamente svolta con metodo scientifico, ma si risolve in definitiva in un servizio;
– è dunque un’attività esercitabile dagli iscritti agli ordini professionali parti in causa in questo giudizio;
– ad opinare nel senso preteso dalle appellanti si profilerebbe peraltro un’eccedenza del contratto in questione rispetto agli scopi dell’Asl di Lecce, alla quale non è certamente demandata una generalizzata attività di promozione ed incoraggiamento della ricerca sperimentale di nuove metodologie di verifica della vulnerabilità sismica di edifici, ma solo di avvalersi dei risultati di questa per le proprie finalità;
– si avrebbe in questo caso un esborso finanziario non del tutto giustificato dalle esigenze di organizzazione del servizio sanitario;
– non ha infine pregio sostenere che l’attività di verifica della vulnerabilità sismica dedotta in contratto prelude al successivo affidamento dei lavori di consolidamento strutturale con essi individuati, trattandosi di considerazione che si attaglia perfettamente a qualsiasi attività di progettazione per la quale l’amministrazione può ricorrere al mercato.
6.5 Alla stregua delle considerazione finora svolte consegue che, riguardato dal punto di vista dell’art. 15 l. n. 241/1990, il contratto non contiene una “disciplina” di attività comuni agli enti, ma compone un contrasto di interessi tra l’ente pubblico che, da un lato, grazie all’attività scientifica da essa istituzionalmente svolta, offre prestazioni di ricerca e consulenza deducibili in contratti di appalto pubblico di servizi e l’ente che, conformandosi a precetti normativi, domanda tali prestazioni, in quanto strumentali allo svolgimento dei propri compiti di interesse pubblico.
Il tutto secondo la logica dello scambio economico suggellata dalla previsione di un corrispettivo, calcolato secondo il criterio del costo necessario alla produzione del servizio e dunque in perfetta aderenza allo schema tipico dei contratti di diritto comune ex art. 1321 cod. civ. Ne consegue che lo strumento impiegato è estraneo alla logica del coordinamento di convergenti attività di interesse pubblico di più enti pubblici, ma vede uno di questi fare ricorso a prestazioni astrattamente reperibili presso privati.
Quest’ultima notazione è fondamentale per escludere, dal punto di vista europeo, che il contratto in contestazione dia luogo ad “una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi” (§ 34 della sentenza della Corte di Giustizia), giacché l’Università del Salento si pone rispetto ad essa nella veste di operatore economico privato, in grado di offrire al mercato servizi rientranti in quelli previsti nell’allegato II-A alla direttiva 2004/18.
7. In conclusione, tutti gli appelli riuniti devono essere respinti.
Le spese di questo grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra tutte le parti in causa, avuto riguardo ex art. 92 cod. proc. civ. alla novità e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Compensa le spese del presente grado di giudizio tra tutte le parti dei giudizi riuniti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013

Redazione