Legittimazione attiva dei consiglieri comunali (TAR Puglia, Lecce, n. 2388/2013)

Redazione 28/11/13
Scarica PDF Stampa

SENTENZA

Sul ricorso n. 320 del 2013, proposto da:
– **********, rappresentato e difeso dall’Avv. **************, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. ***********************, in Lecce alla via 95° Rgt. FanteR. 9;

contro

– il Comune di Racale, rappresentato e difeso dagli ******************** e ****************, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Lecce alla via Garibaldi 43;

nei confronti di

– **********;

per l’annullamento

– della delibera del Consiglio Comunale di Racale n. 51 del 30 novembre 2012 e dei relativi allegati;
– di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale e, segnatamente, della delibera di C.C. n. 43 del 2012 di approvazione del bilancio di previsione 2012 e dei relativi allegati;

Visto il ricorso.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Racale.
Visti gli atti della causa.
Relatore all’udienza pubblica del 16 ottobre 2013 il Cons. ************ e uditi gli Avv.ti Vantaggiato -in sostituzione dell’Avv. *******- e Meneleo -in sostituzione dell’Avv. Quinto.
Osservato quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- L’Avv. R., consigliere comunale del Comune di Racale, impugna la delibera n. 51 del 30 novembre 2012 con la quale lo stesso Consiglio approvava la variazione del bilancio di previsione per il 2012 e dava atto “dell’espletamento degli adempimenti prescritti dall’art. 193 del d.lgs. 267/2000 per quanto concerne la salvaguardia degli equilibri di bilancio […] e la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi” (art. 193 d.lgs. n. 267 del 2000: <<1. Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente testo unico.
2. Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell’ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l’organo consiliare provvede con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti di cui all’art. 194, per il ripiano dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio. […]>>).
2.- Vengono formulati, in specie, i seguenti motivi di censura:
a) Violazione art. 97 Costituzione. Violazione dell’art. 7 del Regolamento sul funzionamento del C.C.. Violazione del r.d. n. 148 del 1915 e dell’art. 273, comma 6, d.lgs. n. 267 del 2000. Violazione dei principi del giusto procedimento e di correttezza dell’azione amministrativa.
b) Violazione dell’art. 97 Costituzione. Falsa ed erronea interpretazione dell’art. 9, comma 1, d.l. n. 174 del 1912. Violazione degli artt. 239, 222 e 78 del T.U.E.L.. Violazione del principio di trasparenza. Eccesso di potere. Superficialità dell’azione amministrativa. Carenza di motivazione. Perplessità. Illogicità dell’azione amministrativa. Sviamento.
3.- Tanto premesso in fatto, rileva il Collegio che il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato, per le ragioni e nei sensi che di seguito si esporranno.
4.- Con riguardo, anzitutto, al tema della legittimazione a ricorrere, deve osservarsi come, “secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi è alcun motivo per discostarsi, i consiglieri comunali, in quanto tali, non sono legittimati ad agire contro l’Amministrazione di appartenenza, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi dello stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive.
Pertanto, l’impugnativa di singoli consiglieri può ipotizzarsi soltanto allorché vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all’ufficio dei medesimi e, quindi, su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere, dovendosi escludere che ogni violazione di forma o di sostanza nell’adozione di una deliberazione, che di per sé può produrre un atto illegittimo impugnabile dai soggetti diretti destinatari o direttamente lesi dal medesimo, si traduca in una automatica lesione dello jus ad officium (cfr. ex multis Consiglio di Stato, IV, 2 ottobre 2012, n. 5184; id., V 15 dicembre 2005 n. 7122).
In particolare, si ritiene che vi sia legittimazione al ricorso solo quando i vizi dedotti attengano ai seguenti profili: a) erronee modalità di convocazione dell’organo consiliare; b) violazione dell’ordine del giorno, c) inosservanza del deposito della documentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare; d) più in generale, preclusione in tutto o in parte dell’esercizio delle funzioni relative all’incarico rivestito. […]” (T.a.r. Lombardia Milano, II, 1 luglio 2013, n. 1683)
In definitiva, la legittimazione dei consiglieri comunali all’impugnazione delle deliberazioni dell’organismo collegiale del quale fanno parte è ravvisabile soltanto ove le stesse investano direttamente la sfera giuridica del ricorrente, negandogli l’esercizio delle prerogative correlate all’ufficio pubblico di cui sia titolare: per quanto appena scritto debbono dunque reputarsi inammissibili le censure esposte al punto 2) dell’atto di gravame [prima enunciate sub b)], in quanto tese a introdurre contestazioni riguardanti i contenuti della variazione di bilancio e dei relativi equilibri e, dunque, questioni estranee al tema dello jus ad officium e della lesione delle prerogative riconosciute ai consiglieri, che, appunto, rigorosamente delimita la legittimazione attiva (cfr. T.a.r. Molise, I, 17 settembre 2013, n. 540; T.a.r. Puglia Lecce, I, 9 maggio 2013, n. 1025; T.a.r. Lazio Roma, II, 18 gennaio 2011, n. 403; Consiglio di Stato, I, 4 agosto 2011, n. 2467).
5.- Con riguardo, invece, agli ulteriori motivi di ricorso, va rilevato che l’Avv. R. deduce, in definitiva, la violazione del termine previsto dall’art. 7 del “Regolamento per il funzionamento del Consiglio Comunale”, essendo stati gli atti relativi alla delibera in argomento posti nella disponibilità dei consiglieri comunali quattro -e non cinque, come previsto per “gli argomenti concernenti il bilancio di previsione [e] il conto consuntivo”; art. 7 cit.- giorni prima della seduta di consiglio.
5.1 Sul punto, il Collegio osserva che:
– l’Avv. R. era membro della II Commissione consiliare, la quale, competente in materia, veniva convocata per il giorno 26 novembre 2012 proprio per occuparsi della “variazione di bilancio e conservazione degli equilibri di bilancio di previsione 2012” (v. nota del Presidente ***************** prot. n. 0014878 del 23 novembre 2012);
– tale nota era lo stesso 23 novembre notificata all’Avv. R. (a mani del figlio);
– sin da tale data, e dunque nel rispetto del termine dei cinque giorni dalla seduta di Consiglio fissata per il 30 novembre successivo, l’Avv. R. avrebbe potuto, reso formalmente edotto della prossima discussione delle questioni in oggetto e nella sua veste di consigliere comunale, regolarmente accedere agli atti de quibus (“In base all’art. 43 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 i consiglieri comunali, ivi inclusi ovviamente quelli di minoranza, hanno un diritto di accesso incondizionato […] a tutti gli atti che possano essere ‘utili’ all’espletamento del loro mandato, anche al fine di permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale”; T.a.r. Campania Salerno, II, 4 giugno 2013, n. 1234; Consiglio di Stato, IV, 12 febbraio 2013, n. 846): in questa prospettiva, dunque, ritenuto che la normativa in materia tuteli il sostanziale diritto dei consiglieri a un consapevole esercizio del proprio munus e che, nel caso in esame, nessuna effettiva lesione alle prerogative dell’Avv. R. sia, per quanto appena scritto, effettivamente ravvisabile, il motivo di ricorso dev’essere in definitiva rigettato.
6.- Sulla base di quanto fin qui esposto il ricorso va in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto.
7.- Sussistono giusti motivi, per la particolarità delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Seconda di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 320 del 2013 indicato in epigrafe, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2013

Redazione