Le Sezioni Unite affermano la competenza del giudice ordinario sul mancato adeguamento alla legislazione europea delle norme tributarie interne (Cass. n. 20323/2012)

Redazione 20/11/12
Scarica PDF Stampa

Ordinanza

Ritenuta in fatto

1. A. B. propone istanza di regolamento della giurisdizione in pendenza del giudizio da lui promosso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate, Ufficio di Palestrina, all’istanza di rimborso, presentata dal ricorrente nel luglio 2009, della metà delle ritenute operate, a titolo di IRPEF, dalla Banca Nazionale del Lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, sulle somme erogategli per incentivo all’esodo nel periodo maggio 2001-maggio 2005 (in virtù di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, avvenuta quando il ricorrente aveva l’età di 52 anni).

La domanda di rimborso si basava sulla circostanza che l’art. 17, comma 4 bis, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (poi divenuto art. 19, comma 4 bis, a seguito del d.lgs. n. 344 del 2003, in vigore dal 1° gennaio 2004), il quale aveva stabilito che il beneficio della riduzione a metà dell’aliquota IRPEF sulle somme anzidette spettava alle donne se avevano superato l’età di 50 anni e agli uomini se avevano superato l’età di 55 anni, era stato dichiarato in contrasto con il diritto comunitario in quanto introduceva una disparità di trattamento, in materia di condizioni inerenti al licenziamento, fondata sul sesso dei lavoratori e perciò vietata dalla Direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE – con sentenza della Corte di giustizia del 21 luglio 2005, causa C-207/04, ******* (seguita dall’ordinanza del 16 gennaio 2008, cause C-128/07 ed altre). La norma in questione è stata poi abrogata dall’art. 36, comma 23, del d.l. n. 223 del 2006 (convertito nella legge n. 248 del 2006), ma con effetto dal 4 luglio 2006.

Il B. ha quindi chiesto al giudice adito, in primo luogo, il riconoscimento del diritto al rimborso, sostenendo la non operatività, nella fattispecie, del termine di decadenza quadriennale stabilito dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973. In via subordinata, ha proposto domanda di risarcimento del danno per il mancato adeguamento della legge nazionale alla disciplina comunitaria.

2. Con il presente ricorso, illustrato con memoria, il B. chiede che sia dichiarata la giurisdizione del giudice tributario su entrambe le domande proposte.

3. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di risarcimento del danno.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorrente, premesso che è indubbia la sussistenza della giurisdizione del giudice tributario sulla domanda di rimborso parziale delle ritenute subite a titolo di IRPEF sulle somme erogategli, sostiene la configurabilità della giurisdizione del medesimo giudice anche in ordine alla domanda, subordinata, di ristoro patrimoniale per mancato tempestivo adeguamento della legge tributaria interna alla normativa comunitaria, in virtù del principio di concentrazione della tutela, il quale impone di devolvere al giudice del rapporto principale – nella specie di natura tributaria – anche la competenza sui rapporti consequenziali, primo fra tutti quello relativo al risarcimento del danno che costituisca effetto diretto dell’operato dell’amministrazione finanziaria, e come tale da considerarsi “accessorio” al rapporto principale, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992.

Cita al riguardo, in particolare, le sentenze delle Sezioni unite n. 16871 del 2007 e n. 14499 del 2010, con le quali, proprio richiamando il detto principio di concentrazione, è stata riconosciuta la giurisdizione del giudice tributario, adito per il rimborso di imposte non dovute, anche sulle domande di condanna dell’erario al pagamento degli interessi, al risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria e alla restituzione dell’importo versato dal contribuente per la prestazione di una cauzione necessaria per ottenere il rimborso del credito d’imposta.

2. La tesi non può essere condivisa.

Ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, per quanto qui interessa, “appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio”.

E’ stato più volte affermato dalle Sezioni unite di questa Corte – sia con riguardo al testo originario del citato art. 2, che faceva riferimento agli “interessi ed altri accessori” relativi ai tributi specificamente elencati, sia a quello vigente – che per “accessori” si intendono gli aggi dovuti all’esattore, le spese di notifica, gli interessi moratori ed il maggior danno da svalutazione monetaria (Cass., Sez. un., nn. 722 del 1999, 15 del 2007, 10826 del 2008).

In questo orientamento giurisprudenziale si inseriscono, pertanto, a pieno titolo le sentenze citate dal ricorrente, le quali si riferiscono anch’esse ad elementi “accessori” alla domanda principale di rimborso, dovendo per tali intendersi quelli aventi, rispetto a quest’ultima, natura strettamente complementare ed aggiuntiva.

Appare evidente, invece, l’assenza di detti caratteri nella domanda di ristoro patrimoniale per mancato adeguamento della legge interna alla disciplina comunitaria, la quale è del tutto autonoma ed avulsa dal rapporto tributario e si presenta, a ben vedere, come domanda alternativa, piuttosto che subordinata, a quella concernente il rimborso dell’imposta.

3. Va, poi, ricordato che la Corte costituzionale, nell’intervenire più volte su questioni concernenti l’art. 2 del d.Igs. n. 546 del 1992, e quindi l’ambito della giurisdizione tributaria, premesso che questa “deve essere considerata un organo speciale di giurisdizione preesistente alla Costituzione”, ha riconosciuto che l’oggetto di tale giurisdizione, così come la disciplina degli organi speciali, ben possano essere modificati dal legislatore ordinario, il quale, tuttavia, incontra precisi limiti costituzionali consistenti nel “non snaturare (come elemento essenziale e caratterizzante la giurisdizione speciale) le materie attribuite” a dette giurisdizioni speciali e nell’assicurare la conformità a Costituzione delle medesime giurisdizioni.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte ha affermato che la giurisdizione tributaria “deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto” e che l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali. Tale illegittima attribuzione può derivare, direttamente, da una espressa disposizione legislativa che ampli la giurisdizione tributaria a materie non tributarie ovvero, indirettamente, dall’erronea qualificazione di “tributaria” data dal legislatore (o dall’interprete) ad una particolare materia (cfr., in particolare, le sentenze nn, 64 e 130 del 2008, 238 del 2009, 39 del 2010).

4. In conclusione, la giurisdizione va regolata con la separazione delle domande e la devoluzione di ciascuna al giudice rispettivamente fornito della giurisdizione.

Va, pertanto, dichiarata la giurisdizione del giudice tributario sulla domanda relativa al rimborso dell’imposta e la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di risarcimento del danno, avendo indubbiamente il ricorrente fatto valere, alla base della domanda di ristoro patrimoniale per mancato tempestivo adeguamento della legge interna alla normativa comunitaria, una situazione giuridica avente natura e consistenza di diritto soggettivo, da ricondurre allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria, inquadrabile nell’area della responsabilità contrattuale (Cass., Sez., un., n. 9147 del 2009 e, da ult., Cass. n. 10813 e 17350 del 2011; cfr. anche Cass., Sez. un., n. 13909 del 2011).

5. Il ricorrente va condannato alle spese, che si liquidano in dispositivo in applicazione dei criteri stabiliti dal d.m. n. 140 del 2012 (Cass., Sez. un., n. 17405 del 2012).

 

P.Q.M.

 

Dichiara la giurisdizione del giudice tributario sulla domanda relativa al rimborso dell’IRPEF e la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale rimette le parti, sulla domanda di risarcimento del danno.

Condanna il ricorrente alle spese, che liquida in €. 2000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Redazione