Le sanzioni per l’omessa tenuta del registro si pagano anche dopo l’assoluzione in sede penale (Cass. n. 18233/2012)

Redazione 24/10/12
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Svolgimento del processo

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Liguria n. 28/09/09, depositata il 4 marzo 2010, con la quale essa rigettava l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, sicchè l’opposizione di F.M. relativa all’avviso di irrogazione di sanzioni inerenti alla mancata tenuta di libri contabili; recupero di costi a tassazione ed infedele dichiarazione ai fini dell’irpeg, *** ed Ilor per l’anno 1997, nella sua qualità di amministratore della società Edilrom srl., veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che era intervenuta sentenza penale di assoluzione nei confronti del contribuente, sicchè le considerazioni svolte dal giudice di quel procedimento dispiegavano una certa efficacia nel processo tributario, tenuto conto degli elementi acquisiti in quell’ambito. F. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

2. Con i primi tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, stante la loro analogia e stretta connessione, la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che nessuna efficacia poteva scaturire da una pronuncia penale nel processo tributario, nel quale peraltro la prova testimoniale non è ammessa.
I motivi sono fondati. Invero, coitè è noto, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributar, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.) deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 3724 del 17/02/2010, n. 20860 del 08/10/2010). Ciò premesso, tuttavia va rilevato che il giudice di appello non indicava in modo adeguato e specifico gli elementi, in virtù dei quali riteneva che il giudizio penale si fosse formato in ordine all’occultamento o distruzione delle scritture contabili nel caso in esame, non potendo ritenersi sufficienti quelli acquisiti in sede disciplinata in maniera del tutto diversa. Infatti – e ciò va osservato solo “ad abundantiam” – com’è noto, nel processo tributario, il giudice può fondare il proprio convincimento in materia di responsabilità fiscale anche su elementi presuntivi, con una sua autonoma valutazione del quadro indiziario complessivo esaminato dal giudice penale , poichè nè le sentenze penali hanno efficacia di giudicato nel processo tributario, nè in questo la legge pone limitazioni (salvo che per le prove orali, non ammesse D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7) alla prova della situazione soggettiva controversa. Ne discende che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di sentenze penali in materia di reati tributar, recependone, senza motivazione critica, le conclusioni assolutorie (V. pure Cass. Sentenza n. 20860 del 08/10/2010, n. 12041 del 2008), mentre ciò non è stato svolto nel caso in esame.
3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizio di motivazione, giacchè il giudice di appello non enunciava adeguatamente il procedimento logico argomentativo, in virtù del quale perveniva al giudizio di annullamento dell’atto impositivo.
La censura, che in parte rimane assorbita dal motivo testè esaminato, va condivisa, posto che il giudice di seconde cure non specificava gli elementi, in base ai quali riteneva che quelli acquisiti dal giudice penale fossero da condividere, atteso in particolare che la sentenza penale non veniva non solo indicata, ma nemmeno enunciata con la data del deposito e dell’attestazione della cancelleria circa il passaggio in giudicato (elementi comunque non decisivi nella specie).
4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice “a quo”, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.
5. Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

La Corte Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla, commissione tributaria regionale della Liguria, altra sezione, per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta Sezione civile, il 10 ottobre 2012.

Redazione