Le luci del campo da tennis rovinano la coltivazione di stelle di Natale: basta spostarle (Cass. n. 19520/2012)

Redazione 09/11/12
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Svolgimento del processo

1.- A.T. , titolare della ditta Ortofloricultura T. e proprietario di un capannone nel quale svolgeva l’attività di coltivazione di piante, fra le quali le c.d. “stelle di natale”, esponeva che le immissioni di luce provenienti dagli impianti di illuminazione dei campi da tennis del Circolo Tennis G., che aveva in affitto un terreno adiacente, avevano danneggiato gravemente le proprie “stelle di natale”.
Pertanto, chiedeva al Tribunale di Bolzano di condannare il Circolo Tennis G. al risarcimento dei danni subiti e subendi, da liquidarsi in separato giudizio, instando per l’adozione di immediate misure per evitare la situazione dannosa in futuro.
Costituendosi in giudizio, il Circolo Tennis G.affermava di non essere proprietario dell’impianto; nel merito, escludeva che le immissioni potessero in qualche modo essere considerate illecite, essendo di normale tollerabilità, mancando la prova del nesso di causalità ed essendo la zona già da gran tempo destinata secondo il piano regolatore ad attività sportive.
Procedutosi alla chiamata in causa della proprietaria del fondo, la (omissis) di Bolzano s.p.a., questa, ribadiva che la illuminazione era posta a distanza tale da illuminare le serre molto meno che la luna; la illuminazione notturna appariva lecita, tollerabile, e non vi era prova avesse recato danni all’attore.
Con sentenza dep. il 28 giugno 2004 il Tribunale accertava e dichiarava che l’immissione dei fasci luminosi artificiali provenienti dai campi da tennis eccedeva la normale tollerabilità, e condannava i convenuti in solido a pagare la cifra attualizzata di settanta milioni di lire con vincolo di solidarietà passiva ex art. 2055 c.c.
Con sentenza dep. il 18 novembre 2005 la Corte di appello di Trento sez. distaccata di Bolzano, in riforma della decisione impugnata dalla convenuta e dalla chiamata in causa, rigettava la domanda proposta dall’attore.
Dopo avere fatto riferimento al contemperamento, imposto dall’art. 844 cod. civ., fra le attività produttive, nella specie l’una delle quali provocava immissioni luminose, pur consentite ma dannose a un particolare tipo di coltivazione, quella delle poinsettie, i Giudici osservavano che, secondo quanto accertato dal consulente tecnico d’ufficio, tale tipo di coltivazione rappresentava soltanto un quarto della coltivazione complessiva; poiché le poinsettie erano coltivate anche nelle serre non toccate dalla illuminazione proveniente dai campi da tennis ed occupavano peraltro uno spazio di 800 mq. a fronte di un’ area complessiva di mq. 9000 mq. a disposizione delle serre, non si comprendeva perché le poinsettie dovessero essere coltivate proprio nelle zone interessate dalle immissioni di luce e non in altre aree non interessate dalle immissioni; sarebbe stato onere dell’attore dimostrare che la coltivazione nei siti iperilluminati fosse stata una scelta obbligata: il che non solo non si evinceva dalla consulenza ma non era stato neppure allegato dall’attore, il quale viceversa aveva sempre ammesso di potere coltivare le stelle di Natale in ogni posizione dell’azienda.
Le domande, compresa quella relativa al danno, erano respinte, sul rilievo che le immissioni, peraltro lecite, non avevano carattere di dannosità per nessuna altra pianta.
Le spese del doppio grado di giudizio erano compensate, ribadendosi che le immissioni non comprimevano in alcun modo la capacità di produrre reddito dell’attore.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione T.A. , titolare della la ditta Ortofloricoltura T., sulla base di sette motivi illustrati da memoria.
Resistono con controricorso le intimate proponendo ricorsi incidentali che sono condizionati, ad eccezione del motivo relativo alla statuizione sulle spese processuali formulato dal Circolo Tennis G.

 

Motivi della decisione

Preliminarmente il ricorso principale e quelli incidentali vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perché sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

Ricorso principale.

1.1. – Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.proc. civ., deduce la ultrapetizione in cui era incorsa la decisione gravata che aveva rigettato la domanda fondandola su una ragione – la possibilità di coltivare altrove le “stelle di Natale” -senza che avesse formato oggetto dei motivi di appello.
1.2. – Il motivo va disatteso.
Con l’appello proposto dalla (omissis) era stato fra l’altro dedotto che era ascrivibile al comportamento tenuto dal T. l’avere insistito nella coltivazione delle poinsettie proprio nella zona interessata dalle illuminazione artificiale, potendo ivi coltivare piante non sensibili a tali irradiazioni. In tal modo, ai Giudici di appello – investiti della questione circa l’effettiva incidenza delle immissioni di luce sull’attività produttiva esercitata dall’attore ovvero se il carattere pregiudizievole potesse essere escluso ove dal T. fosse stata organizzata l’attività produttiva in modo diverso e senza riceverne un concreto pregiudizio – era stata devoluta la verifica dell’esistenza del fatto costitutivo posto a base della pretesa azionata (l’intollerabilità o meno delle immissioni), che il giudice deve d’ufficio accertare indipendentemente dalle argomentazioni difensive della parte. Al riguardo, va ricordato che nei limiti dell’effetto devolutivo determinato dai motivi, il giudice di appello è investito della piena cognizione del merito della intera controversia, dovendo procedere alla compiuta e diretta valutazione degli elementi probatori emersi nel corso del procedimento in una posizione non diversa da quella del giudice di primo grado, potendo pervenire all’accoglimento o al rigetto della domanda anche in base a considerazioni diverse da quella formulate dalle parti.
2.1. – Il secondo motivo, lamentando falsa applicazione dell’art. 844 cod. civ., deduce che era emersa ed era stata anche accertata dalla Corte di appello la natura intollerabile delle immissioni secondo le previsioni di cui all’art. 844 cod.civ. ma i Giudici avevano poi rigettato la domanda sul rilievo che l’attore non aveva provato di non potere coltivare altrove le poinsettie.
2.3 – Il quarto motivo (erroneamente indicato come terzo) lamenta contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione su un fatto controverso e decisivo, per avere la sentenza, da un lato, ritenuto intollerabili le immissioni e, dall’altro, negato la conseguente applicabilità delle relative sanzioni.
2.3. – Il secondo e il quarto motivo – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
La Corte ha ritenuto lecite e non pregiudizievoli per il diritto di proprietà dell’attore, escludendone perciò il carattere intollerabile, le immissioni di luce. Tale convincimento si è basato sulla considerazione che – in relazione alla natura e alle modalità dell’attività produttiva nonché alle dimensioni dell’immobile in cui la stessa veniva svolta -tali immissioni non fossero in grado di arrecare un effettivo pregiudizio alla proprietà e alla coltivazione effettuata dell’attore, il quale avrebbe potuto utilizzare pienamente l’immobile, esercitandovi senza apprezzabili limitazioni la coltivazione delle poinsettie sul rilievo che il medesimo l’avrebbe potuta ubicare in altra parte del capannone: di conseguenza, correttamente tenendo conto dell’incidenza in concreto delle irradiazioni di luce sul fondo nel quale le stesse erano immesse, ha escluso che la luce artificiale proveniente dai campi di tennis potesse rivestire il carattere di intollerabilità prevista dall’art. 844 cod. civ. a tutela del diritto di proprietà altrui (oltre che della salute e dell’ambiente, che nella specie non sono interessati). Al riguardo, va considerato che la intollerabilità delle immissioni va verificata in concreto con riferimento alla effettiva e obiettiva incidenza che le stesse hanno sul fondo immesso. Ed invero, il riferimento alla possibilità di spostare in altra parte del capannone la coltivazione de qua è da condividere, dovendo considerarsi che, in relazione ai principi di solidarietà e di equità, derivanti dalla funzione sociale della proprietà, l’esercizio del diritto è intrinsecamente limitato dalla necessità di preservare la posizione degli altri consociati e non può risolversi nell’ingiustificato sacrificio dei diritti altrui, come invece si verificherebbe ove si impedisse o anche limitasse l’attività esercitata dal Circolo senza che tali restrizioni siano giustificate da un obiettivo interesse del vicino che potrebbe comunque esercitare la coltivazione senza apprezzabile pregiudizio in altra zona del capannone di sua proprietà.
3.1. – Il terzo motivo, lamentando violazione dell’art. 2697 cod. civ., deduce che erroneamente era stato posto a carico dell’attore l’onere probatorio di dimostrare le ragioni di non potere coltivare altrove le piante quando sarebbero state le convenute a dovere offrire la prova della non necessità di coltivazione nelle serre limitrofe ai campi da tennis.
3.2.- Il motivo è infondato.
La sentenza ha in concreto accertato che le serre, che erano ubicate in prossimità delle sorgenti di illuminazione, potevano essere collocate in spazi non interessati dalla illuminazione, avendo verificato che vi erano spazi a disposizione, tenuto conto del numero delle piante coltivate che occupavano 800 mq. rispetto ai 9.000 mq. del capannone disponibili.
Ora i Giudici hanno non solo correttamente ritenuto che sarebbe stato onere dell’attore offrire la prova contraria a quanto risultato – in quanto tali circostanze escludevano il carattere pregiudizievole e, quindi, illecito delle immissioni, posto a base della domanda – ma hanno addirittura accertato che era stato lo stesso attore ad affermare di potere coltivare in ogni posizione della propria azienda le piante in questione.
4.1.- Il quinto motivo (erroneamente indicato come quarto), lamentando contraddittorietà della motivazione su un fatto controverso e decisivo, censura la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che l’attore aveva a disposizione altre serre per coltivare le piante in oggetto, tenuto conto che la coltivazione stagionale delle poinsettie, che avviene da agosto e dura fino al periodo prenatalizio di novembre-dicembre, occupa tutte le proprie serre, che negli altri periodi dell’anno sono destinate ad altre colture. Denuncia la contraddittorietà della sentenza laddove, dopo avere affermato che le poinsettie vengono coltivate anche nelle serre non toccate dalla illuminazione che proviene dai campi da tennis, aveva poi sostenuto che non vi sarebbero ragioni tecniche per cui le serre vicine ai campi debbano per forza essere adibite a tale coltivazione.
Deduce che non era vero che il ricorrente aveva a disposizione tutte le serre per coltivare le 320.000, richiamando quanto al riguardo riferito dal consulente d’ufficio, il quale aveva affermato che le coltivazioni delle “stelle di Natale” dipendono dalla stagione e dalle esigenze di mercato e che la stagione inizia ad agosto fino al periodo prenatalizio; l’occupazione di tutte le serre era dimostrata dalle fotografie prodotte ed allegate alla perizia di parte. La produzione non poteva non necessitare dell’intera area di 9.000 mq.
4.2.- Il motivo è infondato.
La doglianza si risolve nella censura della valutazione delle risultanze istruttorie laddove la sentenza, secondo quanto si è già detto sopra, ha accertato che era possibile coltivare altrove le poinsettie. Ed invero, le critiche formulate dalle ricorrenti non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell’iter logico giuridico seguito dalla sentenza: le censure si concretano in argomentazioni volte a sostenere attraverso la disamina e la discussione delle prove raccolte – l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore intrinseco al il ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione. D’altra parte, i rilievi circa la erronea valutazione della consulenza d’ufficio appaiono generici in quanto si limitano a riportare stralci estrapolati dalla relazione dell’ausiliario senza consentire di ricostruire il complessivo ragionamento e le conclusioni del consulente in modo da verificare la decisività della censura tenuto conto che in proposito occorre dimostrare la certezza e non la probabilità che, ove esso fossero state prese in considerazione le osservazioni del consulente, la decisione sarebbe stata diversa.
Per quel che concerne la dedotta contraddittorietà, tale vizio è insussistente, posto che i Giudici hanno chiarito che la presenza di poinsettie in altre serre non esauriva le aree a disposizione essendo possibile in zone non interessate dalle illuminazioni provenienti dai campi di tennis lo spostamento delle serre vicine alle immissioni.
5.1.- Il sesto motivo (erroneamente indicato come quinto), lamentando violazione dell’art. 112 cod. civ. cod.proc. civ. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, censura la pronuncia che non aveva esaminato l’appello incidentale ovvero, qualora si ritenesse che fosse stato esaminato, denuncia l’apodittico rigetto della domanda con la quale si erano chiesti gli accorgimenti necessari a fare cessare le immissioni o la corresponsione di una congrua indennità, tenuto conto che la sentenza aveva ritenuto dannose le predette immissioni.
5.2.- Il motivo è infondato.
In primo luogo la sentenza ha esaminato la domanda formulata con l’appello incidentale, respingendo le domande necessariamente conseguenti a quella con la quale era stata invocata la intollerabilità delle immissioni: avendo escluso, come si è ampiamente detto sopra, che alcun pregiudizio potesse derivare al diritto dell’attore non sussistevano i presupposti per l’adozione di misure di contemperamento delle opposte esigenze, che è prevista nel caso in cui il giudice accerti la intollerabilità delle immissioni.
6.1.- Il settimo motivo (erroneamente indicato come sesto), lamentando violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., deduce che, per effetto dell’accoglimento del ricorso, le convenute dovranno essere condannate al pagamento delle spese del doppio grado che erano state compensate.
6.2.- Il motivo è inammissibile, posto che non formula alcuna censura avverso la statuizione di compensazione delle spese del doppio grado di giudizio ma si limita a chiedere la condanna nel caso auspicato di accoglimento del proposto ricorso.
Il ricorso principale va rigettato, assorbiti i ricorsi incidentali condizionati.

Ricorso incidentale non condizionato

Va esaminato il ricorso incidentale non condizionato con cui il Circolo Tennis G., denunciando la violazione dell’art. 91 e 92 cod. proc. civ., ha censurato la statuizione di compensare le spese processuali. Deduce che, in considerazione della soccombenza, le spese dovevano essere poste a carico dell’attore e che le ragioni addotte dalla Corte dovevano considerarsi erronee e illogiche né sussistevano la soccombenza reciproca e i giusti motivi.
Il motivo è infondato.
Innanzitutto non sussiste la violazione di legge denunciata, atteso che in tema di regolamento delle spese, il giudice incontra soltanto il divieto di porle a carico della parte risultata totalmente vittoriosa. La decisione di compensarle è rimessa alla scelta discrezionale quanto motivata del giudice, che può essere censurata in sede di legittimità se fondata su ragioni erronee, illogiche o contraddittorie, e tali non possono considerarsi quelle poste dalla Corte a fondamento della pronuncia qui impugnata, posto che i Giudici hanno evidenziato che, pur se era stata rigettata la domanda proposta dall’attore, era stata comunque accertata la sussistenza di immissioni provenienti dal fondo del vicino per l’attività svolta dal Circolo e comunque risultate dannose per un tipo di piante, se coltivate nelle zone interessate dalle irradiazioni di luce. Pertanto il ricorso incidentale (non condizionato) proposto dal Circolo Tennis Grizzly va respinto.
Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, che deve considerarsi soccombente anche nei confronti del Circolo Tennis Grizzly, attesa la marginale incidenza, nella complessiva economia del presente giudizio, del rigetto del ricorso incidentale non condizionato.

 

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi rigetta quello principale e l’incidentale non condizionato proposto dal Circolo Tennis G., assorbiti i ricorsi incidentali condizionati.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese relative alla presente fase che liquida in favore: a) del Circolo Tennis G. in Euro 3,200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per onorari di avvocato oltre accessori di legge; b) della (omissis) di Bolzano in Euro 2.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.800,00 per onorari di avvocato oltre accessori di legge. 

Redazione