La telefonata “hot” a pagamento non è prostituzione (Cass. pen. n. 33546/2012)

Redazione 31/08/12
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Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 20/07/2011 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del Gup presso il Tribunale di Milano dell’ 11/01/2011, di condanna di N. I. alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed euro 4.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 3, comma 2, nn. 4 e 8 della legge n. 75 del 1958, per avere favorito, sfruttato o comunque agevolato la prostituzione di ***** invitandola ad effettuare, in più occasioni, telefonate erotiche a pagamento a F. M. nonché a concedere prestazioni sessuali al F. , controllandone l’attività di meretricio, indicando le attività comportamentali da assumere, e dando direttive su tutta l’attività da svolgere.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore: con un unico motivo, senza porre in discussione le prestazioni sessuali eseguite direttamente al domicilio del destinatario, deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussumibilità dell’esecuzione di telefonate a sfondo erotico nella nozione di atto di prostituzione nonché difetto di motivazione e/o manifesta illogicità. Rileva che, indiscussa la non necessità della presenza nel medesimo luogo di esecutore e fruitore delle prestazioni, è tuttavia necessario, al fini della integrazione della fattispecie, il compimento di un atto sessuale; quest’ultimo implica sempre necessariamente, come desumibile dalla costante giurisprudenza di legittimità, l’uso strumentale della corporeità sessuale del soggetto passivo, in presenza del fruitore, indipendentemente dal fatto che l’uso sia rivolto a quest’ultimo ovvero a se stesso ovvero a terza persona. Aggiunge che dal compimento di un atto sessuale la giurisprudenza non prescinderebbe neppure in caso di prostituzione on line. Osserva quindi che, nella specie, premesso che il giudice di primo grado avrebbe individuato l’atto di prostituzione nella stessa telefonata, nessun elemento di prova è invece mai emerso in ordine al compimento di atti sessuali, in tal senso intesi, per via telefonica, ma solo, direttamente, presso il domicilio del cliente F.; al contrario, al telefono, la persona offesa avrebbe unicamente effettuato conversazioni di contenuto erotico. In altri termini, precisa il ricorrente, “un conto è fare, altro è dire” , un conto è compiere atti sessuali, altro è intrattenere conversazioni telefoniche dal tenore anche esplicito ed osceno, raccontare esperienze erotiche o anche simulare incontri sessuali al telefono. DI qui, dunque, la conseguenza che l’imputato avrebbe dovuto essere mandato assolto per la parte di imputazione afferente l’esecuzione di telefonate a sfondo erotico con conseguente riduzione della pena irrogata.

 

Considerato in diritto

3. Il ricorso è fondato.
La nozione di “prostituzione”, che compare sia nella legislazione speciale (in particolare nell’art.3 della I. 20 febbraio 1958, n. 75) sia nelle previsioni codicistiche (in particolare nell’art. 600 bis c.p. a proposito della prostituzione minorile), non è, come noto, esplicitata da tali norme, avendo evidentemente il legislatore inteso fare affidamento sul significato di tale parola tradizionalmente accolto dal linguaggio comune. Dal canto suo, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente fatto rientrare nella nozione di prostituzione qualsivoglia attività sessuale posta in essere dietro corrispettivo di denaro, finalizzata a soddisfare la libidine di colui che ha chiesto o è destinatario della prestazione (ex plurimis, in tal senso, Sez. 3, n. 15158 del 21/03/2006, P.M. in proc. Terrazzi, Rv. 233929; Sez. 3, n. 737 del 03/06/2004, **********. 3, n. del 22/04/2004, Verzettl e Sez. 3, n. 534 del 22/04/2004, *******), essendosi evidenziato, infatti, che la componente lesiva della dignità della Prostituta (che, evidentemente, ha indotto il legislatore a sanzionare penalmente, i fatti agevolativi o di sfruttamento di una tale attività) consiste nella messa a disposizione del proprio corpo alla mercé e secondo la volontà del cliente, ovvero, in altre parole, nella funzione strumentale alla percezione di una utilità assegnata al proprio corpo dal soggetto che fornisce la prestazione sessuale (Sez. 3, n. 7608 del 20/05/1998, Mlmou, Rv. 211337).
In un tale contesto, si è, anche, specificato che l’attività sessuale quale presupposto della nozione non implica necessariamente il contatto fisico tra i soggetti della prestazione (ovvero richiedente e prostituta), potendo l’atto essere compiuto anche, dalla prostituta, su se stessa o su un terzo diverso da colui che ha richiesto, dietro pagamento, la prestazione; di qui, la conseguenza che l’attività di prostituzione ben può essere svolta “a distanza”, ovvero a fronte della presenza in due luoghi diversi del soggetto richiedente e del soggetto richiesto, come ad esempio, di prestazione richiesta ed effettuata per via telefonica (Sez. 3, n. 7368 del 18/01/2012, L. e altro, Rv. 252133) o attraverso internet (Sez. 3, n. 15158 del 21/03/2006, P.M. in proc. Terrazzi, Rv. 233929 in caso di prestazioni sessuali eseguite in videoconferenza via web- chat),
Ciò che, però, resta essenziale, ed è, del resto, implicitamente presupposto dalle pronunce sin qui ricordate, è che la persona retribuita per prostituirsi abbia, appunto, a compiere (non importa, come detto, in quale luogo e verso quale destinatario) un atto sessuale, ovvero prestazioni caratterizzate, appunto, dalla messa a disposizione del proprio corpo per fini di altrui libidine (Sez. 3, n. Rv. 229350 e Rv. 228692). E’ quindi necessario, in altri termini, attesa la costante nozione di atti sessuali elaborata da questa Corte con riferimento ai reato di cui all’art. 609 bis c.p., ed incentrata sulla “corporeità sessuale”, che la persona richiesta compia atti che attingano zone erogene del corpo suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale (Sez. 3, n. 41096 del 18/10/2011, P.G. in proc. M., Rv. 251316; Sez. 3, n. 12506 del 23/02/2011, Z., Rv. 249758; Sez. 3, n. 11958 del 22/12/2010, dep. 24/03/2011, C., Rv. 249746; Sez. 4, n. 3447 del 03/10/2007, dep. 23/01/2008, P., Rv. 238739). Tale principio è, del resto, implicitamente presupposto da quelle decisioni che hanno costantemente escluso esulare dall’area di prestazione prostitutiva il mero fatto di denudarsi dietro corrispettivo onde eccitare l’istinto sessuale salvo che, significativamente, a tale fatto non si accompagnino anche contatti corporei (cfr., con riferimento a “Iap dance” eseguita da ballerine davanti a clienti cui era consentito accarezzare le stesse su fianchi, braccia e gambe, Sez. 3, n. 13039 del 12/02/2003, *********, Rv. 224116; con riferimento a spogliare’” accompagnati da “strusciamenti”, Sez. 3, n. 37188 del 22/06/2010, S. e altri, Rv. 248559; con riferimento a spogliarelli accompagnati da contatti tattili e baci, Sez. 3, n. 11025 del 06/06/1975, Glorgetta, Rv. 131299).
3.1. Ciò posto, risulta dalla sentenza impugnata e, specificatamente, dal riepiloghi delle conversazioni telefoniche intervenute tra l’imputato e la R. nonché tra quest’ultima ed il destinatario delle prestazioni, che il pagamento in favore della ragazza avveniva affinché questa effettuasse a F. telefonate dal contenuto erotico che avessero, come risultato, quello di eccitare sessualmente quest’ultimo (vedi sunto della telefonata del 07/05/2010 ad ore 19.21.58, a pago 6 : «dice di farlo bene, di farlo eiaculare al telefono»; vedi sunto della telefonata del 07/05/2010 ad ore 18.12.33, a pag. 10 : «I chiede se il suo obiettivo nelle telefonate è quello di “sborrare”. M. conferma»; vedi sunto della telefonata del 07/05/2010 ad ore 18.27.58 a pago 11 : «dice che il suo obiettivo è “sborrare” al telefono»; «dice che l’ha appena chiamato e si è lamentato che ha pagato senza arrivare ad eiaculare»).
Lo stesso giudice d’appello, del resto, afferma, in sentenza, che la R., oltre a compiere prestazioni sessuali a domicilio, compiva «conversazioni erotiche al telefono» (vedi pag. 31) senza che d’altra parte ivi mai si dia atto di prestazioni sessuali compiute al telefono dalla stessa.
Sicché, in altri termini, non era la ragazza a compiere atti sessuali, né su se stessa né su terze persone, ma era il cliente, autonomamente, a compierli su se stesso sulla scorta delle conversazioni erotiche in oggetto.
Ed allora, sulla base del principio di diritto più sopra illustrato, deve escludersi che la R. abbia, al telefono, posto in essere atti sessuali, e, dunque, attività di prostituzione. Né le “prestazioni vocali” effettuate, sia pure al fine di eccitare sessualmente l’interlocutore, possono equivalere a prestazioni sessuali, non impegnando zone corporali erogene.
La sentenza impugnata, invece, valorizzando impropriamente la possibilità di attività di prostituzione svolta a distanza, e trascurando la necessità, pur richiamata, attraverso il riferimento alle pronunce di questa Corte, della presenza dell’atto sessuale quale elemento caratterizzante l’atto di prostituzione, ha finito, in violazione del principio sopra richiamato, per ritenere integrato il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione anche con riferimento alle telefonate effettuate dalla R.
4. Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della pronuncia, limitatamente alle telefonate predette, perché il fatto non sussiste, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano affinché la stessa provveda a rideterminare corrispondentemente la pena complessivamente irrogata, non potendo procedervi questa Corte atteso l’unitario computo effettuato in primo grado senza distinzione tra condotte di prestazioni sessuali compiute a domicilio e condotte di prestazioni telefoniche.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle telefonate di cui al capo d’imputazione perché il fatto non sussiste e rinvia ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano per la rideterminazlone della pena.

Redazione