La sospensione del medico va valutata anche alla luce del percorso professionale (Cass. n. 35472/2012)

Redazione 14/09/12
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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 15/12/2011 il Tribunale di L’Aquila, accogliendo l’appello del Pubblico ministero, ha riformato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari di Pescara del 4/5/2011 ed emesso nei confronti del dr. L., medico ginecologo, la misura interdittiva della sospensione dal pubblico ufficio di ginecologo e del divieto di esercizio della professione per la durata di due mesi, ritenendo sussistere gravi indizi di ripetute condotte gravemente negligenti che hanno dato causa a molteplici lesioni e quindi alla morte della sig.ra D. F.. Per tali condotte il dr. L. è soggetto ad indagine per il reato previsto dagli artt. 113-589 c.p..

2. Osserva il Tribunale che in due precedenti occasioni il Giudice delle indagini preliminari ha rigettato la richiesta del Pubblico ministero di applicare al dr. L. la misura interdittiva della sospensione dal pubblico ufficio di ginecologo e del divieto di esercizio della professione per la durata di due mesi. In entrambi i casi l’appello proposto dal Pubblico ministero è stato respinto dal tribunale del riesame, una prima volta in data 21/4/2011 e quindi in data 26/5/2011. La decisione del 26/5/2011, che confermava l’ordinanza reiettiva emessa dal Giudice delle indagini preliminari il 4/5/2011, è stata oggetto di ricorso avanti la Corte di cassazione, che ha annullato il provvedimento con rinvio affermando che il Tribunale non aveva adeguatamente valutato il grado della colpa dell’indagato e gli elementi che incidono sulla configurabilità del pericolo di reiterazione del reato.

Così ricostruita la vicenda processuale, l’ordinanza 15/12/2011 del Tribunale procede all’esame delle condotte del sig. L. e, ravvisati plurimi rilevanti profili di negligenza nonchè un elevato grado di colpa, conclude per l’esistenza dei presupposi per l’emissione della misura interdittiva richiesta dal Pubblico ministero e negata dal Giudice delle indagini preliminari con l’ordinanza del 4/5/2011, che viene dunque riformata.

2. Avverso tale decisione il sig. L. propone ricorso tramite il Difensore, in sintesi lamentando:

a. violazione dell’art. 627 c.p.p., n. 3, per essersi il Tribunale discostato dai principi fissati dalla Corte di cassazione con al sentenza di annullamento della precedente ordinanza: la motivazione del Tribunale si concentra solo sul profilo relativo all’elemento della colpa e trascura del tutto il secondo profilo indicato dal giudice di legittimità, e cioè la ricostruzione della personalità dell’indagato in relazione ai parametri enunciati nell’art. 133 c.p..

A tale proposito va rilevato che lo stesso Tribunale (pag. 8) evidenzia l’ottimo curriculum professionale e l’assenza di precedenti episodi connotati da colpa, dovendosi escludere ogni rilevanza negativa sia del procedimento conclusosi con archiviazione sia delle indagini ancora in corso che hanno condotto all’espletamento di una perizia dall’esito del tutto favorevole all’indagato, come da documentazione prodotta;

b. vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) con riferimento all’elevato grado di colpa della condotta addebitata al ricorrente, sussistendo un’evidente contrasto di valutazione con quella contenuta nella precedente ordinanza del 21/4/2011 e sussistendo un’altrettanto evidente omissione di esame delle consulenze prodotte dalla difesa e della documentazione che riguarda il giudizio professionale negativo espresso sull’aiuto chirurgo dalla stessa A.S.L.;

c. vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in ordine alla concretezza e attualità delle esigenze cautelari anche in relazione al provvedimento con cui il direttore del reparto ospedaliero avesse sospeso l’esecuzione degli interventi chirurgici di natura corrispondente a quello compiuto sulla persona offesa dal ricorrente e avesse disposto la non partecipazione del ricorrente ai turni notturni e alle attività di chirurgia.

Motivi della decisione

1. La Corte ritiene opportuno muovere da un sintetico esame della sentenza di legittimità in data 3/11/2011 (sentenza n. 42588/11). Si legge a pag. 3 della motivazione che il tribunale non ha correttamente individuato e preso in esame le esigenze cautelari di per sè idonee a giustificare eventualmente l’emissione della misura, avendo riguardo sia al contenuto dell’art. 274 c.p.p., lett. c) sia al contenuto dell’art. 133 cod. pen.; in particolare occorre avere riguardo al grado della colpa (difformità della condotta rispetto alle regole cautelari violate; livello di evitabilità dell’evento;

quantum di esigibilità dell’osservanza della condotta doverosa pretermessa) e alle modalità di svolgimento dell’attività professionale, pure emergenti da elementi esterni al presente processo.

2. Così ricostruiti i passaggi motivazionali della sentenza di annullamento, occorre verificare se l’ordinanza impugnata abbia fatto buon uso dei principi fissati dalla Corte di cassazione e abbia fornito una motivazione non manifestamente illogica delle proprie scelte, tale essendo il compito del giudice di rinvio.

3. La Corte ritiene che il Tribunale di L’Aquila sia incorso in vizio di motivazione nella parte in cui, come osservato dal ricorrente, non è stata compiuta una valutazione del percorso e del pregresso professionale del ricorrente, che non può ricevere notazioni negative in relazione ad accertamenti ancora in corso o da procedimenti archiviati in relazione a fatti diversi. Tale vizio deve porsi in relazione al secondo principio fissato con la sentenza di annullamento (la ricostruzione della personalità dell’indagato) e impone una nuova decisione di annullamento affinchè il profilo citato venga esaminato da parte dei giudici di merito e fatto oggetto di specifica valutazione.

Esula, invece, dalla presente decisione il tema introdotto dal ricorrente con riguardo ai provvedimenti amministrativi adottati dalla direzione del reparto ospedaliere e che sembrano essere sopravvenuti; si tratta di tema estraneo alla sentenza di annullamento e all’ordinanza impugnata e potrà essere fatto oggetto, ove necessario, di separata istanza da parte dell’indagato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di L’Aquila per nuovo esame.

Redazione