La società sportiva che ha subìto un’ingiustizia deve adire il giudice sportivo (Cass. n. 17244/2012)

Redazione 10/10/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La pallacanestro Reggiana propose ricorso dinanzi a G.A. lamentando la mancata assegnazione di due punti in classifica in relazione ad una partita disputata con la pallacanestro Treviso nel corso del campionato di basket di serie A, essendo a suo avviso dovuta una pronuncia di vittoria a tavolino in relazione a quella gara. Il Tar declinò la propria giurisdizione in applicazione della L. n. 280 del 2003, ritenendo che la controversia fosse circoscritta all’ambito esclusivo dell’ordinamento sportivo.

Il Consiglio di Stato, nell’aprile del 2011, confermerà tale decisione, ritenendo che la prospettata violazione dell’art. 86 del Regolamento FIP, così come sottoposta alla cognizione del GA, esulasse dalla sua competenza giurisdizionale, posto che la mancata attribuzione di un punteggio cd. arbitrale (vittoria della gara a tavolino e assegnazione di due punti in classifica) non costituiva violazione nè di interessi giuridicamente qualificati nè di diritti, essendosi per converso denunciata la mera violazione di regole tecnico-sportive “di campo”, peraltro prive di conseguenze direttamente risarcitorie.

La sentenza de massimo organo di giustizia amministrativa è stata impugnata dalla Pallacanestro Reggiana con ricorso per cassazione sorretto da un unico, articolato e complesso motivo di gravame, illustrato da memoria e volto a lamentare la violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa da parte del Consiglio di Stato, la cui pronuncia si sarebbe risolta, nella sostanza, in una forma di inammissibile diniego di giustizia tout court.

Resistono con controricorso la Lega delle ******à di pallacanestro di serie A, la FIP (che ha depositato memoria) e il CONI. Il ricorso, benchè suggestivamente argomentato, non può essere accolto. Questa Corte, con ordinanza n. 18052 del 2010 (pronunciata in una vicenda del tutto analoga a quella odierna, che interessò la Federazione Italiana Giuoco Calcio), ha difatti escluso che la questione relativa alla configurabilità, o meno, di una situazione soggettiva giuridicamente rilevabile e tutelabile rientri tra quelle attinenti alla giurisdizione, costituendo essa, di converso, vicenda di solo merito, tale, pertanto, da poter essere legittimamente scrutinata da solo giudice del merito. A tale principio il collegio intende dare continuità, non senza rilevare, ancora, che la decisione del Consiglio di Stato – nella parte in cui evidenzia come la questione oggi oggetto di contestazione (che non sarebbe uscita dai contini della giustizia sportiva volta che la parte interessata si fosse diligentemente attivata allorquando l’irregolarità della partecipazione dell’atleta che militava nelle fila delle Pallacanestro Treviso era divenuta ufficiale) rientrasse tout court nell’ambito di una procedura volta a governo di regole tecnico sportive (le cd. “regole del gioco”), e non anche di regole espressione di discrezionalità amministrativa, onde l’interesse di cui la parte si era resa portatrice, di mero fatto, era tale da non consentire revocazione della giurisdizione amministrativa – appare del tutto conforme alle regole ed ai principi che ne delimitano la giurisdizione, sì che, sotto questo concorrente profilo, in nessun modo pare potersi affermare che la pronuncia si sia risolta in una vicenda di denegata giustizia.

Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.

 

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 3200 per ciascuna delle parti costituite, di cui 200 per spese.

Redazione