La liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato e dell’indennità di custodia è effettuata con decreto di pagamento, motivato, del magistrato che procede (Cass. pen. n. 2819/2013)

Redazione 18/01/13
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Roma in composizione monocratica con provvedimento del 27/3/2012, nel processo a carico di S.C. e L. L., dispose restituirsi (R.G. dib. n. 5494/012) gli atti al P.M.;

con il quale quest’ultimo aveva trasmesso al primo istanza di liquidazione del consulente tecnico Li., perchè provvedesse alla stessa.

2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ricorreva avverso il predetto provvedimento, del quale lamenta l’abnormità funzionale (S.U. 26/3/2009, n. 25957), avendo determinato una stasi processuale, in quanto imponeva al P.M. adempimento che si sarebbe concretizzato in un atto nullo. Tale, infatti, doveva reputarsi la liquidazione disposta da organo privo di competenza funzionale.

Invero, l’interpretazione del giudice appariva in contrasto con il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168, il quale dispone nei seguenti termini testuali. “La liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato e dell’indennità di custodia è effettuata con decreto di pagamento, motivato, del magistrato che procede”. Poichè al momento della richiesta il processo pendeva innanzi al tribunale non poteva condividersi la determinazione del giudice, peraltro, conformemente al consolidato orientamento di legittimità.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto accogliersi il ricorso e, pertanto, annullarsi l’ordinanza impugnata.

4. Il ricorso merita di essere accolto.

5. Secondo l’orientamento finora consolidato di questa Corte (cfr., fra le tante, S.U. 24/4/2002, n. 25161, Rv 221660; Sez. IV, 5/11/2008, n. 44558, Rv 242003; Sez. 4^, 4/2/2009, n. 19650, Rv 243444; Sez. 4^, 6/12/2011, n. 10744, Rv 252657; Sez. 4^, 5/4/2012, n. 252687, Rv 252687) compete al magistrato che procede e che, quindi, ha la disponibilità del fascicolo, provvedere alla liquidazione delle spese in parola.

E’ bene ricordare (come, peraltro, ebbe a fare la sentenza n. 44558/08) che una tale interpretazione prese le mosse dall’approfondimento effettuato in sede di S.U. (sent. n. 25161/02);

quella decisione, infatti, non essendo ancora entrato in vigore il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, introdotto con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non poggiò, all’evidenza, la scelta interpretativa sul contenuto dell’art. 168 di quel corpo normativo.

Il regolamento della materia, da intendersi uniforme, in quanto concernente vicende per così dire esterne ed accessorie al processo, venne rinvenuto nell’art. 263 c.p.p., il quale in correlazione con l’art. 695 c.p.p., stabiliva, in definitiva, il criterio attributivo di cui s’è detto, per tutte le fasi (anche quella delle indagini preliminari ed esecutiva) ed i gradi del giudizio. E’ ben vero che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168, ha confermato il detto principio, affermando che “la liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato e dell’indennità di custodia è effettuata con decreto di pagamento, motivato, dal magistrato che procedo”, ma trattasi, all’evidenza, d’Intervento normativo che non poteva avere avuto alcuna incidenza sulla descritta posizione ermeneutica.

6. Assai di recente questa Corte (Sez. I, 10/10/2012), partendo dall’assunto che l’art. 168 cit. non aveva innovato il comb. disp. dell’art. 232 c.p.p., e art. 73 disp. att., è giunta all’opposta conclusione che, quale che sia la fase o il grado del procedimento al momento dell’istanza di liquidazione del consulente tecnico del P.M., spetti sempre a quest’ultimo decidere sulla stessa, anche perchè, nel caso in cui l’attività dell’ausiliario predetto non fosse refluita nel processo vero e proprio, solo il P.M. sarebbe in grado di vagliarne l’entità.

7. Il mutamento interpretativo proprio perchè poggiante, come si è visto, sopra un argomento che non è stato, all’origine, collocato a base dell’opposta opinione, non convince. In ogni caso, sulla portata della nuova norma introdotta possono valere le osservazioni di cui appresso.

8. Conviene prendere in rassegna il significato dell’evocato combinato disposto.

L’art. 232 c.p.p., disciplinando la perizia, si limita a stabilire che il compenso è liquidato dal giudice che l’ha disposta, con decreto e secondo “le norme delle leggi speciali”. L’art. 73 delle disp. att. sancisce testualmente: “Il pubblico ministero nomina il consulente tecnico scegliendo di regola una persona iscritta negli albi dei periti. Per la liquidazione del compenso al consulente tecnico si osservano le disposizioni previste per il perito”. Il rinvio può assumere due significati: a) richiamo integrale della normativa regolante la perizia; b) rinvio parziale e in quanto compatibile, con specifico riferimento al modulo provvedi menta le e ai criteri di liquidazione da adottare. Non v’è ragione per escludere che della suddetta alternativa sia la seconda ipotesi quella più plausibile: in definitiva, onde evitare inutili appesantimenti e fastidiose ripetizioni, il legislatore avrebbe inteso regolare la liquidazione del consulente del P.M., assegnando a quest’ultimo gli stessi poteri e limiti che ha il giudice in relazione alla liquidazione dei compensi al perito: adozione del modulo formale del decreto e obbligo di rispettare le tabelle normative che regolano l’entità dell’ammontare.

9. Di poi, pare difficile negare che l’art. 168 in commento, oltre all’ordinaria funzione ordinatoria – compilativa (tipica di tutti i testi unici), esprima anche contenuto innovativo, avente valore d’interpretazione autentica.

Il T.U. n. 115 risulta emanato in virtù della delega conferita con la L. 8 marzo 1999, n. 50, siccome modificata dalla L. 24 novembre 2000, n. 340. Dispone, in particolare, l’art. 7, comma 2, lett. d), che il Governo, oltre agli altri, deve attenersi al seguente principio direttivo: “coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo”. Quindi, correttamente interpretando il mandato parlamentare deve reputarsi consentito, ed anzi doveroso, che il Governo, in esecuzione di esso, possa, pur nei limiti indicati, procedere a vere e proprie innovazioni, così dando vita a corpi normativi a valore misto, ormai assai diffusi nella pratica legislativa, i quali, seppure largamente compilativi, assumono anche valenza innovativa. Ciò posto, anche a volere ritenere che la chiave di lettura debba rinvenirsi nel comb. disp. di cui prima detto, lo stesso non sarebbe sfuggito all’impatto innovativo del D.P.R. n. 115, che in questo caso, come mai, troverebbe giustificazione nella necessità “di garantire la coerenza logica e sistematica della normativa”.

10. Nella pronuncia dissonante è stato assunto che l’invocato comb. disp. costituisca disciplina processuale avente valore di specialità e finalità di assicurare il rispetto delle garanzie processuali. Il Collegio non condivide una tale lettura. Quel combinato normativo, ammesso che qui possa avere rilievo, per un verso, non può reputarsi speciale rispetto al T.U. n. 115, che proprio delle spese di giustizia si occupa e, per altro verso, disciplinando vicenda esterna alla vera e propria regolamentazione processuale, non appare specifico presidio di garanzie. Nè può trarsi sostegno in favore dell’opinione qui contrastata dalla circostanza che il T.U. n. 115 non annoveri espressamente fra le norme abrogate l’art. 73 cit., per le ragioni già viste: quest’ultimo articolo non è determinativo della competenza funzionale; l’intervento codificatorio, sul punto, si è limitato, attraverso opera d’interpretazione autentica ad assicurare “coerenza logica e sistematica”, chiarendo principio normativo già ricavabile dal sistema.

11. Infine, al paventato inconveniente fattuale (caso di cui, come si è detto, l’opera del consulente non emerga dagli atti processuali) agevolmente il giudice procedente potrà porre rimedio, acquisendo gli atti necessari, se del caso, anche attraverso la scontata collaborazione del consulente istante.

12. Ciò posto, riprendendo sul punto i plurimi precedenti richiamati, “deve (…) osservarsi (…) che la restituzione degli atti al pubblico ministero – in quanto atta a determinare una stasi del procedimento in questione – costituisce provvedimento abnorme legittimamente impugnato dal magistrato requirente con ricorso a questa Corte, dovendosi considerare abnorme non solo il provvedimento che, per la sua singolarità, non sia inquadrabile nell’ambito dell’ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste (Cass. S.U. 24 novembre 1999, *******); si è aggiunto che l’abnormità dell’atto può riguardare tanto il profilo strutturale (quando l’atto si pone al di fuori del sistema normativo) quanto il profilo funzionale (quando, pur non ponendosi al di fuori del sistema, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo” (Sez. 4^, n. 44558/2008).

13. Infine appare opportuno soggiungere che, allo stato, in assenza di un contrasto radicato, non appare opportuno investire della questione le S.U..

14. Ciò posto, il provvedimento impugnato deve essere annullato e gli atti trasmessi al Tribunale di Roma per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Roma per l’ulteriore corso.

Redazione