L’intervento edificatorio dev’essere decoroso rispetto allo stile dell’edificio (Cass. n. 10048/2013)

Redazione 24/04/13
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

Il tribunale di Udine con sentenza n. 968/2004, in accoglimento della domanda posposta dal Condominio (omissis), condannava il convenuto, il condomino C.A., alla demolizione del corpo di fabbrica che egli aveva realizzato sulla terrazza del proprio appartamento sito all’ultimo piano dell’edificio condominiale, nonchè al risarcimenti dei danni.

La sentenza veniva appellata dal C. che ne chiedeva la riforma deducendo che l’opera in questione, era stata autorizzata dall’assemblea del condominio e che inoltre essa non aveva comportato alcun pregiudizio all’equilibrio estetico e geometrico – come ritenuto dal tribunale – dell’edificio condominiale. Resisteva il Condominio e l’adita Corte d’Appello di Trieste con sentenza n. 101/06 depositata in data 27.02.2006, accoglieva il proposto gravame del C. rigettando, per l’effetto, la domanda formulata dal condominio. Riteneva la corte che la domanda da prendere in esame era solo quella relativa all’asserita modifica dell’aspetto architettonico dell’edificio e non anche quella riguardante il preteso depauperamento – in danno degli altri condomini – della residua cubatura afferente l’intero edificio condominiale, trattandosi di domanda in precedenza mai ritualmente formulata. Dopo aver distinto l’aspetto architettonico dal decoro arcitettonico, riteneva poi che la nuova struttura realizzata dal C. sulla sua terrazza, pur se aveva comportato una inevitabile alterazione delle linee e della struttura caratterizzanti l’insieme dell’edificio, ne aveva però senz’altro rispettato lo stile arcitettonico per cui il nuovo manufatto “non costituiva una stonatura” rispetto all’unitarietà dell’edificio stesso. Per la cassazione della suddetta decisione ha proposto ricorso il Condominio (omissis) sulla base di 2 mezzi; l’intimato C. non ha svolto difese, ma ha nominato un difensore.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso il Condominio “(omissis)” denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1127 c.c.. Osserva che la corte territoriale ha distinto il concetto di aspetto architettonico da quella di decoro architettonico dell’edificio condominiale. Il primo sarebbe costituito dallo “stile architettonico dell’edificio”, mentre il decoro consisterebbe nell’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture dell’edificio che ne formano una determinata armonica fisionomia. Nel caso di specie, il giudice distrettuale ha ritenuto che l’opera realizzata dal C., pur alterando il decorso architettonico, avesse comunque rispettato lo stile architettonico dell’edificio, per cui la stessa doveva ritenersi consentita. Il ricorrente sottolinea a questo riguardo l’evidente illogicità del ragionamento del giudicante:… “in base a questo il singolo condominio potrebbe realizzare qualunque opera costituente anche vera e propria bruttura dal punto di vista estetico, violando e svilendo l’armonia dell’edificio, alla sola condizione che tale bruttura sia realizzata seguendo il medesimo stile architettonico che è stato utilizzato nella realizzazione dell’edificio”.

La doglianza è fondata.

Appare infatti incongrua con riferimento alle norme di legge richiamate, l’affermazione della corte distrettuale, la quale, dopo avere affermato che la costruzione sopra l’ultimo piano aveva alterato il decoro architettonico, cioè “l’insieme e le linee della strutture dell’edificio con i quali l’originario progettista intese caratterizzare l’insieme dell’edificio, imprimendogli una determinata fisionomia”….; ha poi incoerentemente ritenuto che il nuovo manufatto fosse compatibile con l’aspetto architettonico dell’edificio (“… ha rispettato senz’altro lo stile architettonico dell’intero edificio condominiale, e, al di là di possibili (ed inevitabili) lievi differenze nella colorazione del muro esterno, non costituisce di certo una stonatura rispetto all’insieme…”. Invero la nozione di aspetto architettonico di cui all’art. 1127 c.c., non coincide con quella di decoro di cui all’art. 1120 c.c. (che è più restrittiva): l’intervento edificatorio quindi dev’essere decoroso (rispetto allo stile dell’edificio), e non deve rappresentare comunque una rilevante disarmonia rispetto al preesistente complesso tale da pregiudicarne le originarie linee architettoniche, alterandone la fisionomia e la peculiarità impressa dal progettista.

In altre parole nella fattispecie in esame, non è chiaro se l’aspetto architettonico possa prescindere del tutto dal decoro arcitettonico riscontrato. E’ vero che i due concetti esprimono due fenomeni diversi, ma in qualche modo, come in questo caso, l’uno non può prescindere dall’altro: trattasi infatti di un manufatto di discreta volumetria che occupa gran parte dell’originario terrazzo dell’ultimo piano – dunque ben visibile dall’esterno – che è stato aggiunto alla preesistente costruzione con in qualche modo inevitabile alterazione delle linee originarie dell’intero stabile.

Ovviamente occorre stabilire, se nella fattispecie, tutto ciò si sia tradotto in un apprezzabile “pregiudizio” all’aspetto architettonico dell’ edificio condominiale nel suo insieme, così come recita l’art. 1127 c.c.. Non appare inutile rammentare che, secondo questa S.C. “in materia di condominio di edifici, il codice civile, nel riferirsi, quanto alle sopraelevazioni (art. 1127 c.c., comma 3), all’aspetto architettonico dell’edificio, e, quanto alle innovazioni (art. 1120 c.c., comma 2), al decoro architettonico dello stesso, adotta nozioni di diversa portata, intendendo per aspetto architettonico la caratteristica principale insita nello stile architettonico dell’edificio, sicchè l’adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell’aspetto architettonico complessivo, percepibile da qualunque osservatore (Cass. n. 1025 del 22/01/2004).

Passando al il secondo motivo, con esso il Condominio denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e art. 1102 c.c., con riferimento alla mancato esame della censura relativa al depauperamento della residua cubatura complessiva in danno degli altri condomini conseguente alla costruzione del C. sul suo terrazzo. Non sarebbe vero che la domanda era stata irritualmente proposta: invero essa era stato avanzata nel corso del giudizio di primo grado e controparte ne aveva accettato il contraddittorio; lo stesso tribunale si era espressamente pronunciato su tale questione.

La doglianza non ha pregio. Invero risulta dagli atti che la domanda in esame non era stata formulata con la citazione introduttiva e neanche se ne trova traccia in sede di precisazione delle conclusioni, in cui vi è solo un generico richiamo all’atto di citazione.

Conclusivamente va rigettato il 2 motivo del ricorso; accolto il 1 motivo; dev’essere cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il rinvio della causa anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste.

P.Q.M.

rigetta il 2 motivo del ricorso; accoglie il 1 motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il rinvio della causa anche per le spese di spese del giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2013.

Redazione