L’impugnazione di una violazione amministrativa o di un verbale di accertamento esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo (Cons. Stato n. 1777/2013)

Redazione 27/03/13
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FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso al TAR Lazio, la società PES s.r.l., chiedeva l’annullamento dei provvedimenti adottati dal Comune di Roma, in relazione ai quali era stata disposta la rimozione di numerosi impianti pubblicitari tutti collocati per effetto di specifico atto autorizzativo, con conseguente condanna al risarcimento in forma specifica, mediante il ripristino degli impianti già rimossi.

2.- Il TAR, con sentenza n. 5400 del 2012, declinava la giurisdizione, affermando che : a) dai verbali elevati dalla polizia municipale si ricava che la rimozione è stata disposta ai sensi dell’art. 23 comma 13 quater del Codice della Strada “a seguito peraltro di un’operazione di controllo straordinaria sul territorio condotta dal…Corpo di polizia”; b) dalla documentazione si rileverebbe la mancanza di provvedimenti amministrativi adottati in esercizio di un potere discrezionale, essendosi in presenza di verbali di accertamento della violazione di cui al citato art. 23 comma 13 quater”.

2.- La società appellante assume l’erroneità della sentenza di cui chiede l’annullamento, atteso che oggetto del ricorso sarebbero, non già i verbali di irrogazione della sanzione e di rimozione degli impianti, ma la normativa comunale sopravvenuta che ha fissato nuove distanze e altezze degli impianti dislocati sul territorio, concludendo che in ragione del petitum sostanziale, la giurisdizione apparterrebbe al giudice amministrativo.

Quanto al merito del ricorso, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 23, comma quater del Codice della strada; difetto di istruttoria, incompetenza, eccesso di potere.

3.- Si è costituita in giudizio Roma Capitale che ha chiesto il rigetto dell’appello, perché infondato in fatto e diritto.

Alla camera di consiglio del 4 dicembre 2012, il giudizio è stato assunto in decisione.

4.- L’appello è infondato e va respinto.

Conformemente a giurisprudenza consolidata (cfr. Cons. Stato, sezione quinta, 27 giugno 2012, n. 3786 e 3787) l’impugnazione di una violazione amministrativa o di un verbale di accertamento esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo, poiché la situazione giuridica di cui si chiede tutela ha la consistenza di diritto soggettivo e l’esercizio dell’attività sanzionatoria non è espressione di attività discrezionale ma vincolata dell’amministrazione, perché retta dal principio di legalità, sicché, ove l’amministrazione accerti che un comportamento integri gli estremi di un illecito previsto da una norma di legge, deve applicare la sanzione, senza alcun margine di scelta.

Tale conclusione riguarda tutti gli atti del procedimento sanzionatorio, compreso il verbale di accertamento e contestazione.

Né rileva in contrario, che esso non sia espressamente indicato tra gli atti impugnabili davanti al giudice ordinario, essendo espressione dello stesso potere che dà luogo alla irrogazione della sanzione, costituendone anzi il presupposto, sicché la giurisdizione non può che appartenere all’unico giudice, quello ordinario (cfr. Cass. Civ. , sez. II, 21 dicembre 2011, n. 28045; 14 aprile 2009, n. 8890).

Peraltro, l’orientamento della Corte di Cassazione è nel senso di considerare il verbale di accertamento, atto privo di autonoma lesività, con la mera funzione di portare a conoscenza dell’interessato la contestazione, sicché questi possa apprestare le proprie difese, cui consegue l’irrilevanza e la svalutazione del ruolo del procedimento amministrativo sanzionatorio, anche perché il giudice ordinario può conoscere direttamente del rapporto sanzionatorio (cfr. Cass. Sez. unite, 28 gennaio 2010, n. 1786; sezione prima, 15 gennaio 2010, n. 532).

In ragione di quanto esposto, atteso che la sanzione della rimozione degli impianti pubblicitari prevista dal comma 13 quater dell’art. 23 del Codice della Strada, costituisce un accessorio della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal precedente comma 11 dell’art. 23, per l’installazione di impianti pubblicitari su strade demaniali abusivamente installati, ne consegue il difetto di giurisdizione di questo giudice, appartenendo la materia de qua al giudice ordinario.

In conclusione, l’appello deve essere respinto, con conferma della sentenza di primo grado.

La condanna al pagamento delle spese di giudizio segue la soccombenza, nell’importo indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l ‘appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Condanna PES s.r.l. al pagamento di euro 2.000, 00 oltre accessori di legge al Comune di Roma, per spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012

Redazione