L’accordo transattivo non può essere invalidato senza la rinuncia a diritti indisponibili da parte del lavoratore (Cass. n. 15864/2012)

Redazione 20/09/12
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Svolgimento del processo

D.A. esponeva al Tribunale di Cosenza che il medesimo Tribunale aveva accolto il suo ricorso per impugnativa di licenziamento ed aveva condannato il datore di lavoro, la Bocoge costruzioni generali spa, a corrispondergli a titolo del risarcimento del danno una somma pari al 40% della retribuzione spettante dal 1997 in poi e che la Bocoge aveva solo in parte eseguito la detta sentenza corrispondendo la somma di Euro 21.560,60 in luogo di quella dovuta pari ad Euro 50.036,56.

La società convenuta si costituiva ed eccepiva l’intervenuto accordo transattivo con il ricorrente che aveva percepito in virtù di tale accordo la somma di Euro 26.880,00.

Il Tribunale di Cosenza con sentenza del 14.3.2007 rigettava la domanda. Il Tribunale rilevava che era effettivamente intervenuto, a seguito di una corrispondenza tra le parti, un accordo transattivo con il quale il D. aveva rinunciato alla reintegrazione nel posto di lavoro e le parti si erano accordati, così come ricostruito anche dalla prova per testi, sulla corresponsione della somma di Euro 26.800,00 che poi era stata versata nel conto corrente del D..

Sull’appello del D. la Corte di appello di Catanzaro con sentenza de 27.5.2010 lo accoglieva condannando la Bocoge al pagamento della somma richiesta. La Corte territoriale rilevava che l’atto di transazione concluso in data 28.5.2002 era stato impugnato dal procuratore del D. ex art. 2113 c.c., e quindi legittimamente e tempestivamente, entro il termine di sei mesi.

Spettavano pertanto le somme richieste in primo grado.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Bocoge con quattro motivi; resiste il D. con controricorso, che propone ricorso incidentale con un motivo. La Bocoge ha depositato controricorso per resistere ai ricorso incidentale di controparte.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 345 e 437 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 1 e 4. Nel ricorso in primo grado si era dedotto solo l’inadempimento dell’obbligazione nascente da un provvedimento giudiziale, ma si era indebitamente in appello allargato il thema decidendum con una domanda di annullamento della transazione intervenuta tra le parti.

Il motivo è infondato in quanto la Corte di appello ha ritenuto correttamente che essendo stata la pretesa lettera di impugnazione della transazione allegata al ricorso originario (cfr. premesse della decisione impugnata) la relativa questione fosse entrata a far parte del thema decidendum e che il richiamo al detto documento in appello non abbia in alcun modo allargato i perimetri della controversia, tanto più che l’intervenuta transazione è stata dedotta come eccezione in primo grado (pag. 3 della sentenza). Non emerge quindi che solo in appello si sia allegata l’impugnazione dell’accordo transattivo.

Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c.: non si era considerato se i titoli rinunciati rientrassero o meno nell’ambito di diritti indisponibili per i quali ai sensi della norma codicistica è sufficiente (operando in via automatica) l’impugnazione entro i sei mesi; con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c., in quanto dalla lettera prodotta in primo grado non emergeva alcuna volontà di impugnare il ricordato atto.

I due motivi appaiono fondati e vanno esaminati congiuntamente.

L’atto prima ricordato è stato ritenuto una impugnazione tempestiva dell’accordo transattivo e come tale idoneo ad impedirne l’operatività ex art. 2113 c.c., ma senza esaminare in alcun modo i titoli per i quali era intervenuto e se gli stessi fossero riportabili o meno ai diritti specificamente indicati nella citata norma codicistica. L’automatismo legato al mero fatto potestativo dell’impugnazione nel termine semestrale di sei mesi dell’accordo transattivo opera, come correttamente dedotto nel ricorso, solo per diritti riportabili alla citata norma di cui all’art. 2113 c.c.. Per titoli, invece, non riportabili alla previsione codicistica la Corte di appello avrebbe dovuto esaminare in base al tenore letterale della lettera ed eventualmente in base ad ulteriori “circostanze precise, concordanti e obiettivamente concludenti” (come da giurisprudenza di questa Corte: cfr. Cass. n. 1194/2000; Cass. n.10193/2002) l’effettiva volontà conciliativa da parte del lavoratore, anche riguardo all’accettazione del recesso datoriale. Non essendo stati tali accertamenti effettuati la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione. L’ultimo motivo e il motivo del ricorso indentale vanno dichiarati assorbiti.

Con il quarto motivi infatti si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’omessa o contraddittoria motivazione. La somma per cui è intervenuta condanna non era stata dimostrata: il motivo appare assorbito in relazione all’accoglimento dei motivi di sui sopra in quanto il Giudice del rinvio dovrà in primo luogo accertare se è intervenuta conciliazione.

Con il ricorso incidentale il D. si duole nei due motivi proposti dell’omessa condanna al pagamento dei contributi previdenziali: i motivi si intendono assorbiti in relazione all’accertamento preliminare che dovrà compiere il Giudice del rinvio sull’eventuale conciliazione della controversia come già osservato.

In conclusione: la Corte riunisce i ricorsi, rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo ed il terzo motivo e dichiara assorbito il quarto motivo del ricorso principale e l’incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Catanzaro.

P.Q.M.

La Corte:

riunisce i ricorsi, rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo ed il terzo motivo e: dichiara assorbito il quarto motivo del ricorso principale e l’incidentale, cassa La sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Catanzaro.

Redazione