Istituzione di nuove farmacie: l’individuazione delle zone dove ubicare le nuove farmacie è discrezionale (Cons. Stato n. 4667/2013)

Redazione 19/09/13
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FATTO e DIRITTO

1. Il Comune di Castellammare di Stabia, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge n. 1/2012, convertito in legge n. 27/2012, ha provveduto all’adeguamento della pianta organica delle farmacie. Il numero delle sedi farmaceutiche è stato aumentato da 17 a 20, e sono state individuate le aree di pertinenza delle nuove sedi.

Ciò è stato disposto con delibera della giunta comunale n. 70 del 19 aprile 2012.

2. La Farmacia Alberto Lombardi s.n.c., attuale appellante, titolare di una delle farmacie già in esercizio, ha impugnato davanti al T.A.R. Campania la delibera deducendo vari motivi di legittimità.

Il T.A.R. Campania ha rigettato il ricorso

La Farmacia ricorrente propone ora appello davanti a questo Consiglio

Si sono costituiti per resistere il Comune e la Farmacia Lauro, che in primo grado era intervenuta ad opponendum.

In occasione della trattazione della domanda cautelare in camera di consiglio, il Collegio, sentite le parti, ravvisa gli estremi per procedere alla definizione immediata della controversia.

3. Il contenzioso trae origine dalla modifica della pianta organica delle farmacie del Comune di Castellammare di Stabia, decisa dalla Giunta comunale con delibera n. 70 del 19 aprile 2012, in applicazione dell’art. 11 del decreto legge n. 1/2012, convertito in legge n. 27/2012.

4. Com’è noto, le nuove disposizioni hanno introdotto modeste innovazioni alla disciplina delle farmacie e delle rispettive piante organiche. Per quanto qui interessa, tali innovazioni consistono: (a) nella riduzione da 4000 a 3300 del coefficiente demografico per la determinazione del numero delle farmacie; (b) nella semplificazione del procedimento di formazione della pianta organica, in quanto il relativo provvedimento è ora di competenza esclusiva dell’amministrazione comunale, mentre in precedenza la proposta deliberata dal Comune veniva formalmente emanata con atto di un’autorità sovracomunale (individuata con legge regionale; in genere la stessa Regione). Secondo il decreto legge, ciascun Comune doveva individuare le nuove sedi entro termini molto ristretti, e subito dopo ciascuna Regione doveva bandire un concorso, da svolgere altrettanto celermente, per la loro assegnazione.

Nel Comune di Castellammare di Stabia, l’applicazione delle nuove norme ha portato all’aumento delle sedi farmaceutiche da 17 a 20, e ciò è stato disposto con la citata delibera. Del pari sono state individuate le zone da assegnare alle farmacie di nuova istituzione, inevitabilmente ridimensionando talune delle preesistenti. Donde il ricorso dell’attuale appellante.

5. Le censure dedotte in primo grado e riproposte in appello sono in gran parte pretestuose, e per il resto infondate o non pertinenti,

Il Comune non aveva alcun margine di discrezionalità che gli consentisse di scegliere se procedere o meno all’aggiornamento della pianta organica delle farmacie. Quanto al numero, occorreva una semplice operazione matematica: dividere il numero complessivo dei residenti nel Comune (sul quale non vi è contestazione) per il coefficiente 3300, calcolando una farmacia per ogni quoziente intero più eventualmente una ove il resto fosse superiore alla metà. Si può ammettere che in tal caso l’utilizzazione del resto sia facoltativa e non vincolata, ma pur se si tratti di una facoltà e non di un obbligo la formulazione della norma fa intendere che non vi è alcuna restrizione al riguardo; non si richiede cioè l’accertamento di particolari condizioni o esigenze, anzi visti il contesto e la ratio della riforma è chiaro che il favore del legislatore è verso la massima espansione degli esercizi farmaceutici e quindi non si può ritenere necessaria alcuna specifica motivazione del Comune per giustificare tale scelta.

A maggior ragione in questo caso, visto che al censimento dell’anno 2010 il numero nei residenti nel Comune è risultato 65.944, e dunque mancavano solo 56 unità per raggiungere il quoziente intero.

Sotto questo profilo, dunque, non si ravvisa alcun vizio.

6. Altra questione è quella della individuazione delle zone dove ubicare le nuove farmacie.

Per questa parte, il provvedimento è discrezionale, ma proprio perché tale è sindacabile solo per gravi ed evidenti errori di valutazione. Errori di questo tipo non vengono, in realtà, evidenziati.

In proposito, va precisato che se la norma dispone che in un Comune debba esservi una farmacia ogni 3300 abitanti, ciò non significa che la popolazione delle singole zone debba corrispondere precisamente a questo numero. E’ vero che la distribuzione delle farmacie rispetto al territorio ed alla popolazione dev’essere per quanto possibile equilibrata, ma non vi sono vincoli precisi come quello ipotizzato, anche per la ovvia considerazione che nessuno degli utenti è obbligato a servirsi della farmacia alla cui zona appartiene nominalmente la sua residenza; la delimitazione delle zone non ha questa funzione, ma solo quella di vincolare l’esercente a mantenere il suo esercizio all’interno di quel perimetro. D’altra parte nella pianificazione delle zone si deve tener conto anche di fattori diversi dal numero dei residenti: ad esempio le distanze. Questi princìpi erano comunemente condivisi vigente la normativa anteriore al decreto legge n. 1/2012, e le nuove disposizioni non modificano questi aspetti.

Ciò posto, conviene ricordare che il Comune di Castellammare di Stabia, contando 65.944 residenti, ha una superficie pari a 17,7 km quadrati, con una densità media di 3725 abitanti per kmq; in questa situazione è intuitivo che fosse obiettivamente difficile assegnare alle tre nuove farmacie una collocazione che non avesse una certa prossimità a taluna delle diciassette farmacie preesistenti e dunque incidesse sugli interessi del suo titolare. Pertanto, il fatto che taluno sia, o si consideri, “danneggiato” non prova di per sé che il provvedimento sia viziato.

Il ricorrente lamenta che tale scelta sia stata fatta senza una previa indagine statistica; ma si deve presumere che gli amministratori comunali ed i funzionari abbiano una certa conoscenza del loro territorio e di come sia distribuita la popolazione, anche senza commissionare un’apposita ricerca. Tale presunzione può ammettere prova contraria, ma bisognerebbe che la prova contraria fosse data in concreto, attraverso una rigorosa analisi che dimostri come la scelta fatta sia manifestamente errata siccome basata su dati inveritieri. Nella fattispecie questo non è avvenuto.

Per il resto, le censure concernenti la perimetrazione sono in realtà critiche di puro merito, non rilevanti ai fini della legittimità.

7. Sotto il profilo procedurale, la ricorrente deduce che il provvedimento è viziato da incompetenza, in quanto è stato deliberato dalla Giunta comunale, mentre era di competenza del Consiglio.

A questo proposito si osserva che il decreto legge n. 1/2012 si riferisce all’amministrazione comunale senza precisare l’organo. In questa situazione appare ragionevole richiamare la giurisprudenza formatasi sotto la disciplina previgente, e in particolare sotto la legge n. 475/1968. Quest’ultima prevedeva che nel procedimento di formazione della pianta organica delle farmacie intervenisse il Consiglio comunale. Con l’entrata in vigore della legge n. 142/1990 e del testo unico n. 267/2000, la giurisprudenza, dopo qualche incertezza, si è attestata sul principio che nel nuovo assetto degli enti locali quella competenza fosse passata alla Giunta (cfr. Cons. Stato, IV, n. 6850/2000 e giurisprudenza successiva, anche di questa Sezione). Le innovazioni del decreto legge n. 1/2012 non toccano questo aspetto. E’ noto che anche con la disciplina anteriore era quello comunale il livello decisionale effettivo nel quale si formava la pianta organica delle farmacie; il decreto legge ha eliminato un passaggio burocratico ma non ha alterato la sostanza del processo decisionale.

Pertanto, se con la normativa anteriore si riteneva che la competenza fosse della Giunta e non del Consiglio comunale, non vi è ora ragione di ritenere diversamente.

8. Una ulteriore questione procedurale riguarda la mancata (o tardiva) acquisizione del parere obbligatorio della A.S.L. e dell’Ordine provinciale dei farmacisti.

Per vero, i pareri sono stati chiesti, peraltro non prima ma dopo la delibera n. 70. E’ verosimile che l’amministrazione comunale si sia attenuta (erroneamente) alla prassi seguita con la normativa anteriore, quando la delibera comunale non era l’atto conclusivo del procedimento: in sostanza, il Comune ha chiesto ai due organismi consultati di esprimere un parere sulla delibera, quasi sottintendendo che si riservava di deliberare nuovamente, ove i pareri lo avessero reso necessario.

Si deve riconoscere che la procedura seguìta è stata irrituale. Ma non ci si può nascondere il fatto che tanto l’A.S.L., quanto l’Ordine provinciale dei farmacisti, non hanno fatto osservazioni critiche, né proposte concrete. I rispettivi pareri sono stati formulati in termini assolutamente generici. Quello dell’A.S.L. è una mera formula di stile, che di fatto lasciava il Comune libero di decidere come volesse. Quello dell’Ordine professionale, apparentemente più dettagliato, è un anonimo riepilogo di criteri generali ben noti e pacifici, privo di ogni riferimento a situazioni concrete, e come tale parimenti utile (o inutile) in qualsivoglia Comune. Né l’uno né l’altro contenevano alcunché che desse al Comune di Castellammare il motivo di modificare le proprie decisioni o quanto meno di rimeditarle.

Dopo l’acquisizione di quei pareri, in realtà, la Giunta comunale ha nuovamente deliberato sulla pianta organica (delibera n. 81) al solo scopo di introdurre una rettifica marginale, implicitamente confermando il resto. Questa delibera non è stata impugnata, ed è plausibile che non ve ne fosse l’onere. Ma è significativo che il Comune abbia avuto l’occasione per tornare sulle sue decisioni, qualora i due pareri ne avessero dato motivo.

Concludendo sul punto, il provvedimento impugnato non si può ritenere viziato per questa ragione.

9. Ancora con riferimento alla procedura, la ricorrente lamenta che non sia stato fatto nei suoi confronti l’avviso di procedimento di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990.

In proposito si ricorda che per l’art. 7 la consultazione dei privati interessati non è dovuta quando sussistano particolari ragioni di celerità del procedimento. In questo caso, per l’art. 11, comma 2, del decreto legge, come modificato dalla legge di conversione, tutti i Comuni dovevano provvedere all’adeguamento delle rispettive piante organiche entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, o più precisamente comunicarne il risultato alla Regione, affinché questa, nei successivi sessanta giorni, indicesse il concorso straordinario per la copertura delle sedi nuove e di quelle comunque vacanti; era inoltre prescritto che il concorso si concludesse entro un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione. Conviene sottolineare che il testo originario del decreto legge, sul punto, era alquanto diverso e prevedeva scadenze meno ravvicinate; sicché il procedimento in questione non ha potuto svolgersi se non a partire dalla pubblicazione della legge di conversione per concludersi, per quanto di competenza del Comune, entro trenta giorni. Queste scadenze erano incompatibili con un sub-procedimento di partecipazione dei titolari di farmacia nel Comune; basti considerare che perché tale consultazione avesse un senso sarebbe stato necessario sottoporre agli interessati una proposta già delineata e quindi promuovere un contraddittorio fra loro (invero l’accoglimento delle obiezioni degli uni avrebbe danneggiato gli altri e viceversa).

A parte ciò, sembra prevalente la considerazione che i farmacisti già titolari di farmacia non potevano considerarsi destinatari “diretti” del provvedimento da emanare, giacché l’oggetto proprio di questo era la istituzione di nuove sedi farmaceutiche (peraltro quasi interamente vincolata) e solo di riflesso, ossia indirettamente, ciò si risolveva in una diminuzione della potenziale clientela di quelli.

Anche il vizio in esame risulta dunque insussistente.

10. Ci si deve ora occupare delle questioni di costituzionalità.

10.1. L’ipotesi che il legislatore statale, con l’intervento del decreto legge n. 1/2012, abbia invaso la sfera riservata alla competenza legislativa delle Regioni è manifestamente infondata.

Basti dire che quando la Regione Puglia, con legge regionale n. 19/2008, modificò il rapporto numerico fra popolazione e farmacie, abbassando a 3500 il coefficiente stabilito dalla legge n. 475/1968, la norma fu impugnata dal Governo per invasione della competenza legislativa statale e il ricorso fu accolto con sentenza della Corte costituzionale n. 295/2009.

10.2. Viene poi richiamata una recente ordinanza del T.A.R. Veneto (n. 713 del 17 maggio 2013 che ha sollevato davanti alla Corte costituzionale una questione di costituzionalità contro le disposizioni in esame, nella parte in cui affidano la formazione della pianta organica alla competenza esclusiva del Comune, mentre la normativa anteriore prevedeva che il procedimento si concludesse con un atto della Regione (secondo il testo originario della legge n. 475/1968, art. 2, del medico provinciale). Vi sarebbe una violazione dell’art. 118, cost. (testo riformato nel 2001) e del “principio di sussidiarietà” ivi affermato.

Tuttavia, com’è noto, l’art. 118, cost., dispone che in linea di principio tutte le funzioni amministrative sono esercitate dai Comuni e possono essere affidate dalla legge ai livelli superiori (province, regioni, stato) solo in quanto occorra per assicurarne l’esercizio unitario “sulla base del principio di sussisidiarietà”. In questo contesto per “sussidiarietà” s’intende il principio per cui l’intervento dell’ente di livello superiore ha luogo solo in quanto la funzione da svolgere o il servizio da esercitare siano di tal natura da esigere una gestione più accentrata.

Ora, per quanto riguarda la pianta organica delle farmacie, conviene ricordare che già il testo originario dell’art. 2, legge n. 475/1968 disponeva: «Ogni comune deve avere una pianta organica delle farmacie (….). – La pianta organica dei singoli comuni è stabilita con provvedimento definitivo del medico provinciale, sentiti il consiglio comunale interessato e il consiglio provinciale di sanità (…)». Appare evidente che sin da allora la dimensione propria e tipica della pianta organica era quella comunale, ancorché nella sua formazione intervenisse un’autorità sovracomunale; e nella prassi dei decenni successivi si è affermato come momento saliente dell’iter decisionale quello comunale.

In questa luce, la riforma del 2012, per quanto qui interessa, sembra essere stata un’attuazione dell’art. 118, piuttosto che una sua violazione.

10.3. Sotto altro profilo, secondo la citata ordinanza del T.A.R. Veneto l’attribuzione della competenza al Comune si porrebbe in contrasto con l’art. 41 della Costituzione, in quanto l’amministrazione comunale verserebbe in conflitto d’interessi, quale titolare delle farmacie municipalizzate. La questione non sembra tuttavia pertinente in questa sede, giacché il decreto legge n. 1/2012 tassativamente esclude la prelazione comunale sulle sedi farmaceutiche nuove o comunque vacanti (cfr. decisione n. 3249/2013 di questa Sezione sull’ampia portata di questo divieto). Sicché sembra esclusa la possibilità che, almeno in sede di prima applicazione del decreto legge, il Comune sia guidato dai propri interessi patrimoniali.

10.4. In conclusione, le questioni di costituzionalità risultano manifestamente infondate o comunque non rilevanti e non pertinenti.

11. Di conseguenza, l’appello va respinto. Le spese del giudizio debbono seguire la soccombenza, non essendovi ragione per disporre diversamente, dal momento che tutte le censure avevano già trovato adeguata risposta in primo grado.

P.Q.M 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado in favore del Comune e della Farmacia Lauro s.n.c., liquidandole in euro 2.000 per ciascuno, oltre agli accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione