Iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita: il notaio è tenuto ad informare le parti (Cass. n. 20991/2012)

Redazione 27/11/12
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Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 26.11.1992 M.A. esponeva che con rogito per notar Ma.Co. dell’11.7.1985 aveva acquistato dai coniugi B.A. e T.A. un appartamento in (omissis) con l’espressa pattuizione che i venditori avrebbero dovuto provvedere a cancellare entro sei mesi un’iscrizione ipotecaria, gravante sul bene, a favore dell’istituto bancario (omissis) in dipendenza di un mutuo fondiario contratto il 10.2.1978 da G.G., costruttore del complesso edilizio. Aggiungeva che successivamente l’istituto (omissis) con avviso di esecuzione immobiliare le aveva comunicato la pendenza di un procedimento di espropriazione immobiliare, promosso con pignoramento del 31 marzo 1984 contro il costruttore, che coinvolgeva anche l’immobile acquistato. Ciò premesso, conveniva in giudizio i venditori ed il notaio Ma. per ottenere il risarcimento dei danni subiti. Nel corso del giudizio, in cui si costituivano i convenuti e venivano chiamati in causa la Sai Spa, assicuratrice del notaio, che si costituiva, ed il costruttore G., che restava contumace, in sede di conclusioni, l’attrice chiedeva la condanna del solo notaio in via principale e quella dei venditori solo in via subordinata. In esito, il Tribunale di Bari condannava il notaio al risarcimento nella misura di Euro 69.490,3, comprensivi di interessi e rivalutazione fino alla sentenza, oltre interessi ulteriori fino al soddisfo; rigettava la domanda di garanzia nei confronti della Sai per prescrizione; provvedeva. al governo delle spese. Avverso tale decisione proponeva appello il Ma. ed in esito al giudizio, in cui si costituivano soltanto la M. e la Fondiaria Sai mentre restavano contumaci, i venditori, la Corte di Appello di Bari con sentenza depositata in data 23 novembre 2005, in riforma della sentenza, rigettava la domanda attrice nei confronti dell’appellante; dichiarava assorbita la domanda di garanzia proposta dal Ma. nei confronti della compagnia assicuratrice; dichiarava rinunziata ex art. 346 c.p.c., la subordinata della M. nei confronti dei venditori ed assorbita quella di rivalsa spiegata da questi ultimi nei confronti del costruttore; compensava tra le parti le spese di lite.

Avverso la detta sentenza la M. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, illustrato da memoria. Resiste con controricorso il Ma., che a sua volta ha proposto ricorso incidentale condizionato. Resistono la M. e la Fondiaria – Sai Spa, la quale ha altresì depositato memoria illustrativa.

 

Motivi della decisione

In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso principale e quello incidentale sono stati riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Procedendo all’esame del ricorso principale, va osservato che, con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello avrebbe trascurato che il notaio Ma., se anche informò la M. circa i rischi dell’acquisto di un bene ipotecato per mutuo fondiario, lo fece però in maniera generica limitandosi ad informarla circa il rischio di dover essa soddisfare il creditore ipotecario nel caso di inadempienza del debitore mentre avrebbe dovuto prospettarle di procedere all’acquisto con accollo della porzione di mutuo gravante sull’immobile e pagamento della sola differenza rispetto al prezzo richiesto oppure con la estinzione anticipata della quota di mutuo previo scorporo dal prezzo della compravendita.

Inoltre – ed in tale rilievo si sostanzia la seconda doglianza articolata sempre sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, agli effetti dell’art. 2913 c.c. – la Corte territoriale avrebbe trascurato che la visura delle trascrizioni andava estesa a ritroso anche al nominativo del mutuatario, dante causa del venditore, per verificare l’aggiornata condizione giuridica dell’appartamento.

I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, meritano attenzione.

A riguardo, al fine di inquadrare più compiutamente i termini delle due doglianze, è opportuno far presente che la disciplina del credito fondiaria, dettata dal R.D.L. n. 646 del 1905, vigente all’epoca del contratto de quo dell’11.7.1985 ed abrogato dal D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 161, comma 1, all’art. 20, consentiva all’istituto mutuante di perseguire il bene gravato dalla relativa ipoteca nei confronti del mutuatario, indipendentemente dal fatto che il bene medesimo fosse stato ceduto a terzi.

Ed invero, il R.D. 16 luglio 1905, n. 646, art. 20, conteneva un principio di indifferenza, nell’ordinamento particolare del credito fondiario, ai fini esecutivi dell’avvenuto trasferimento dell’immobile gravato da ipoteca per mutuo fondiario. Tale principio operante solo sul piano processuale e avente carattere funzionale al compimento dell’esecuzione, senza riflessi sulla posizione di estraneità dell’acquirente dell’immobile al rapporto di debito da cui nascesse l’esecuzione, comportava che nel caso di avvenuta comunicazione dell’acquisto all’istituto mutuante l’esecuzione poteva essere compiuta congiuntamente contro il “debitore inscritto” e contro il successore mentre nel caso di mancanza o ritardo di detta comunicazione l’esecuzione poteva esser compiuta solo contro l’originario debitore, al quale, pertanto, come soggetto passivo dell’esecuzione andavano effettuate le relativa notifiche (cfr ex multis Cass. n. 2638/98).

La premessa torna utile nella misura in cui chiarisce con tutta evidenza come e perchè il notaio, incaricato della stesura dell’atto di compravendita, avrebbe dovuto estendere la visura delle trascrizioni pregiudizievoli a ritroso anche al nominativo del mutuatario G.G..

Ed invero, l’avvenuto accertamento dell’esistenza dell’ipoteca, iscritta a garanzia del mutuo fondiario, contratto dall’originario costruttore del complesso immobiliare, dante causa dei venditori dell’appartamento oggetto della compravendita, alla luce della disciplina del credito fondiario all’epoca vigente – la cui conoscenza non poteva non appartenere al patrimonio di un notaio costituiva un elemento per lo meno di sospetto di eventuali pignoramenti gravanti sull’immobile stesso.

Ed è appena il caso di sottolineare come la pendenza di un pignoramento iscritto nel 1984, con la sua oggettiva valenza di pericolo imminente di un pregiudizio, che era attuale e non già meramente eventuale, avrebbe potuto avere per l’acquirente una efficacia dissuasiva di gran lunga maggiore dell’iscrizione ipotecaria. Con la conseguenza che: il Ma. avrebbe dovuto certamente estendere le sue ricerche al fine di poter quanto meno informare la cliente della situazione, secondo i canoni di una doverosa diligenza professionale.

Al riguardo, come ha recentemente statuito questa Corte, il notaio che abbia la conoscenza o anche il solo sospetto di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita deve informarne le parti, quando anche egli sia stato esonerato dalle visure, essendo tenuto comunque all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, e della buona fede. (Cass. n. 15726/2010).

Del resto, è giurisprudenza pacifica di questa Corte che; tra gli obblighi accessori del notaio rogante, per effetto del contratto d’opera professionale, in assenza di una diversa volontà delle parti, vi è anche quello della preventiva visura dei registri immobiliari (Cass. 6.5.1998, n. 4556, n. 25270/09, n. 21612/09, n. 24733/07).

Ed invero, la responsabilità del notaio per colpa nell’adempimento delle sue funzioni ha, nei confronti delle parti, natura contrattuale in quanto pur essendo tale professionista tenuto ad una prestazione di mezzi e di comportamenti e non di risultato, pur tuttavìa è tenuto a predisporre i mezzi di cui dispone, in vista del conseguimento del risultato perseguito dalle parti, impegnando la diligenza ordinaria media rapportata alla natura della prestazione;

sicchè, la sua opera non può ridursi al mero compito di accertamento della volontà, delle parti e di direzione della compilazione dell’atto, ma deve estendersi a quelle attività, preparatorie e successive, necessarie in quanto tese ad assicurare la serietà e certezza dell’atto giuridico posto in essere, e ciò, in conformità, allo spirito della legge professionale (L. n. 89 del 1913, art. 1). Ne consegue che per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà, e disponibilità del bene e, più in generale delle risultanze dei registri immobiliari, costituisce, salva l’espressa dispensa degli interessati, un obbligo derivante dall’incarico conferito dal cliente e quindi ricompreso nel rapporto di prestazione di opera professionale (artt. 1176, 2230 c.c. e segg.) specialmente tesa ad assicurare la serietà, e la certezza degli atti giuridici Infatti il principio secondo cui l’incarico conferito dalle parti al notaio comprende lo svolgimento, ad opera del professionista, delle attività accessorie e successive necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti stesse, riguarda le attività che concernono le condizioni di validità e perfezione dell’atto, ossia quelle necessarie perchè l’atto possa realizzare il suo scopo tipico e quindi sia idoneo a produrre il risultato pratico perseguito. Tra esse è compresa la stessa attività di consulenza in relazione allo scopo tipico dell’atto. Ciò costituisce l’applicazione della regola dell’integrazione del contratto a norma dell’art. 1374 c.c., che conforma il contenuto delle obbligazioni contrattuali all’intento voluto dalle parti (Cass. 14.10. 1972, n. 3065).

Trattandosi di una responsabilità che si fonda sul contratto di prestazione d’opera professionale, di nessun rilievo è il fatto che la legge professionale non faccia espresso riferimento alla stessa, allorchè essa trovi causa in inadempimento di dette attività accessorie alla funzione documentale. (Cass. n. 5946/99, conf. circa l’attività di consulenza del notaio Cass. n. 14450/2006).

Ne deriva l’accoglimento delle censure in esame.

Passando all’esame del ricorso incidentale, proposto dal Ma., “per il caso di accoglimento del ricorso principale”, deve premettersi che le ragioni di doglianza sono rivolte avverso la sentenza di primo grado, non già avverso la sentenza di appello, deducendo in primo luogo che la quantificazione del danno operata nella sentenza di primo grado sarebbe iniqua avendo il giudicante riconosciuto anche il danno da svalutazione monetaria in difetto di prova, del maggior danno ex art. 1224 c.c.. Inoltre, la quantificazione del danno da svalutazione e degli interessi legali sarebbe priva di riscontro oggettivo. Infine, la sentenza sarebbe priva di motivazione con riferimento alla domanda di garanzia avanzata nei confronti della SAI Spa.

Le doglianze sono inammissibili per uno svariato ordine di considerazioni.

In primo luogo, per difetto di interesse ad impugnare, posto che esso va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone, collegandosi alla soccombenza sostanziale, anche parziale, nel precedente giudizio mentre, nel caso di specie, la sentenza di secondo grado ha visto l’accoglimento dell’appello proposto dall’odierno ricorrente incidentale.

In secondo luogo, per difetto di correlazione con la sentenza impugnata. Ed invero,le ragioni di un’impugnazione, per definizione, devono essere dirette avverso la medesima decisione impugnata nel senso che le ragioni, sulle quali si fonda il gravame, devono contrapporsi alle ragioni addotte nella sentenza a giustificazione della decisione con indicazione degli errori di fatto e di diritto attribuiti a quella sentenza mentre nel caso di specie, al contrario, i rilievi del ricorrente incidente sono rivolti esclusivamente contro la decisione di primo grado, senza il minimo accenno al contenuto della decisione impugnata.

In terzo luogo, per difetto di autosufficienza. Ed invero, pur volendo ritenere che, qualora la parte vittoriosa abbia proposto ricorso incidentale benchè fosse sufficiente la riproposizione delle domande ritenute assorbite dal giudice di secondo grado, trova applicazione il principio generale di conversione degli atti nulli, resta comunque da sottolineare che il ********** ha completamente omesso di riportare, nel ricorso per cassazione, il brano dell’atto di appello in cui avrebbe formulato le censure in questione, venendo meno in tal modo all’osservanza dell’onere di autosufficienza dei ricorsi per cassazione.

E ciò, benchè il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non comporti che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte di trascriverne, all’occorrenza, il contenuto utile al fine di consentire a questa Corte di verificare la ritualità della censura, oltre che valutarne la rilevanza ai fini della decisione.

Alla stregua di tutte le superiori considerazioni, se il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile, va invece accolto il ricorso principale, siccome fondato, e la sentenza impugnata, deve essere cassata in relazione.

Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte decidendo sui ricorsi riuniti accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione con rinvio della causa alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

Redazione