Irretroattivi i parametri per la soglia del gratuito patrocinio (Cass. pen. n. 25651/2013)

Redazione 11/06/13
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza resa in data 4.7.2012, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha integralmente confermato la sentenza del Tribunale di Sassari del 7.4.2011 con la quale A.M. è stato condannato alla pena di otto mesi di reclusione ed Euro 220,00 di multa in relazione alla reato di false dichiarazioni relative alle condizioni di reddito riguardanti l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95. Fatto commesso il (omissis).

Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato sulla base di due motivi d’impugnazione.

2.1. – Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 95 e 77, avendo i giudici del merito omesso di considerare che i limiti di reddito previsti per l’anno 2004, rilevante ai fini della dichiarazione resa dall’imputato nell’aprile del 2004, erano stati adeguati in aumento da un successivo D.M. 29 dicembre 2005, da ritenersi necessariamente retroattivo, stante il ritardo con cui l’autorità amministrativa aveva provveduto all’adeguamento dei citati limiti di reddito (ogni due anni a partire dall’entrata in vigore del D.P.R. n. 115 del 2002), con la conseguente oggettìva inesistenza del superamento, da parte dell’ A., dei limiti di reddito previsti per l’anno 2004 ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

2.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza appellata per violazione dell’art. 25 Cost., poichè, là dove dovesse ritenersi effettivamente priva di retroattività l’emanazione del decreto ministeriale di adeguamento dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, gli elementi costitutivi del reato contestato all’ A. dipenderebbero, non già dalla norma di legge, bensì dall’omissione o dall’eventuale ritardo con cui la pubblica amministrazione adempirebbe al dovere di adeguamento biennale dei citati limiti di reddito.

2.3. – Da ultimo, il ricorrente rileva l’avvenuta estinzione del reato contestato all’ A. in forza dell’intervenuta prescrizione.

Motivi della decisione

3. – Entrambi i motivi di ricorso – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono manifestamente infondati.

Del tutto correttamente i giudici del merito hanno ribadito la natura irretroattiva della fonte normativa secondaria costituita dal decreto ministeriale di adeguamento dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, costituendo, la natura irretroattiva delle fonti di diritto, un principio generale del sistema in mancanza di diversa disposizione.

Nel caso di specie, peraltro, l’adeguamento periodico dei limiti di reddito in esame non può che avere efficacia per il futuro, costituendo, la precisa determinazione di tale dato, un parametro essenziale e determinante ai fini dell’ammissione al beneficio degli eventuali richiedenti, insuscettibile di possibili modificazioni nel tempo.

A tale riguardo, del tutto irrilevante, ai fini dell’accertamento dell’eventuale infedeltà delle dichiarazioni dei richiedenti, deve ritenersi l’eventuale ritardo con il quale la pubblica amministrazione ha provveduto all’adempimento dei doveri alla stessa imposti dalla legge, non avendo modificato, tale adempimento, la natura delittuosa delle ridette dichiarazioni nel momento in cui le stesse sono state espressamente rese all’autorità amministrativa ai fini dell’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio.

Tale interpretazione è tale da non determinare alcun contrasto con il principio di legalità di cui all’art. 25 Cost. atteso che, al momento dell’emissione delle dichiarazioni relative al proprio reddito, il dichiarante era posto senza alcuna incertezza nella condizione di verificare i limiti di reddito vigenti ai fini dell’ammissione al beneficio richiesto.

4. – Il riscontro della manifesta infondatezza del ricorso proposto dall’ A., nell’attestarne la radicale inammissibilità ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, impedisce il rilievo dell’eventuale ricorso di cause di estinzione del reato successive all’emissione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 129 c.p.p..

Sul punto, vale richiamare quanto dedotto dalle Sezioni Unite di questa Corte sin dalla pronuncia n. 32 del 22 novembre 2000 (Rv. 217266), secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p..

5. – Alla dichiarazioni d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 29 maggio 2013.

Redazione