Invalida la notifica al difensore d’ufficio se l’imputato non era a conoscenza del procedimento (Cass. pen., n. 42169/2013)

Redazione 14/10/13
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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 1 febbraio 2013 la Corte d’appello di Palermo ha rigettato la richiesta di D.G. di remissione in termini per impugnare la sentenza del Tribunale di Palermo del 3 dicembre 2010 che lo aveva condannato ad un anno di reclusione per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5.

2. Ha presentato ricorso l’imputato, adducendo violazione dell’articolo 175, comma secondo, c.p.p. e correlato vizio motivazionale. Egli non avrebbe avuto conoscenza del procedimento e non aveva mai nominato difensore di fiducia, come invece aveva ritenuto la corte territoriale, per cui le notifiche al difensore d’ufficio erano state inidonee a informarlo.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato.

L’art. 175 c.p.p., disciplina un principio generale nella struttura processuale (è corrispondente nel processo civile all’art. 153 c.p.c.) diretto a tutelare l’effettività del diritto di difesa qualora debba essere esercitato entro specifici segmenti temporali, pena incorrere in preclusive decadenze. Il fondamento della non coincidenza forma-sostanza che pervade l’istituto si conforma peraltro diversamente nella ipotesi in cui l’interessato è già in una posizione endoprocessuale tale da circoscriverne la necessità di tutela (comma 1, che – in totale corrispondenza con la modulazione civile dell’istituto – pone a carico di chi chiede la restituzione nel termine la prova dello iato formatosi tra la formale consumazione del termine stesso e la concreta realtà processuale che la restituzione giustifica, cioè caso fortuito o forza maggiore impedienti) rispetto all’ipotesi (comma 2), che è quella qui ricorrente, dell’imputato contumace (sentenza contumaciale) e della condanna a contraddittorio postergato (decreto di condanna), ipotesi nella quale – a seguito della sostituzione del comma operata dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modifiche nella L. 22 aprile 2005, n. 60, – il perfezionamento formale è inficiato, quanto alla corrispondenza con l’effettività della tutela, dalla mera allegazione negativa dell’interessato, che introduce così una presunzione juris tantum di non conoscenza obbligante il giudice a verificare che vi sia stata comunque “effettiva conoscenza” del procedimento o del provvedimento e l’interessato abbia volontariamente rinunciato ad avvalersi delle sua facoltà (Cass. sez. 4, 30 gennaio 2012 n. 3564; cfr. pure, da ultimo, Cass. sez. 6, 31 gennaio 2013 n. 7533). L’allegazione dell’istante deve peraltro indicare non solo il motivo che ha leso l’effettività informativa, ma altresì quando tale effettività si è ripristinata, nel senso che egli è venuto a conoscenza del provvedimento o del procedimento in questione (Cass. sez. 5, 28 febbraio 2011 n. 7604). Nel caso di specie, l’istante ha allegato di essere venuto a conoscenza della sentenza in data 29 dicembre 2012 a seguito di notifica dell’ordine di esecuzione della pena.

L’ordinanza con la quale la Corte d’appello ha respinto l’istanza, dopo aver rilevato che all’istante era stato notificato presso il suo domicilio l’avviso di conclusione delle indagini, osserva che i successivi atti, inclusi il decreto di citazione e la sentenza, gli sono stati notificati “presso il proprio difensore” ex art. 161 c.p.p., comma 4, non avendo l’attuale ricorrente mai comunicato all’autorità giudiziaria procedente il mutamento del proprio domicilio. Proprio perchè D. “non ha fornito…alcuna prova circa il caso fortuito o la forza maggiore che gli hanno impedito di comunicare tale mutamento”, ricorrerebbero “gli estremi della volontaria rinuncia a comparire”, preclusiva quindi della restituzione in termini per l’impugnazione della sentenza contumaciale notificata mediante consegna al difensore. Irrilevante sarebbe poi il fatto che l’imputato non avesse avuto conoscenza della sentenza di condanna perchè aveva comunque la conoscenza effettiva del procedimento avendo ricevuto l’avviso ex art. 415 bis c.p.p., e poi nominato difensore di fiducia.

Il ragionamento della corte sposta, in effetti, sull’istante l’onere delle verifiche che la corte avrebbe dovuto compiere ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, naturalmente nel senso opposto, cioè nella dimostrazione di non avere potuto avere conoscenza del procedimento, ovvero, nel caso di specie, di non avere potuto mantenere l’originario domicilio dove avrebbe ricevuto gli atti che gli apportavano la conoscenza. A ciò si aggiunge che la norma preclude la restituzione nel termine sulla base di due presupposti: da un lato la effettiva conoscenza, dall’altro la volontaria rinuncia a esercitare il diritto di difesa. La corte ha ravvisato quest’ultimo presupposto nella mancata comunicazione del cambiamento di domicilio, con un evidente salto logico-giuridico, poichè l’elezione del domicilio non equivale alla volontà di comparire e poi di impugnare.

A ciò si aggiunge che dagli atti non emerge, effettivamente, che il ricorrente avesse nominato un difensore di fiducia, per cui anche questa parte della motivazione della corte non risulta corretta, la notifica al difensore d’ufficio non vincendo la presunzione semplice di non conoscenza del processo e di involontarietà della rinuncia a comparire e ad impugnare che l’art. 175, collega alla condizione di contumace (da ultimo Cass. sez. 1, 14 dicembre 2011-4 gennaio 2012 n. 24). Sussistono quindi i presupposti dell’annullamento dell’ordinanza, in accoglimento del ricorso, con conseguente rinvio alla Corte d’Appello di Palermo.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Palermo.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2013.

Redazione