Interrogatorio: prima che abbia inizio la persona deve essere informata che se accuserà altre persone potrà essere chiamato a confermare le accuse in veste di testimone (Cass. pen. n. 27650/2013)

Redazione 24/06/13
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RILEVAT0 IN FATTO

Con ordinanza in data 26.7.2012 il Tribunale del riesame di Catania confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale dl Catania in data 2.7.2012 con la quale era stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di M. A. in ordine al delitto di cui all’art, 12 d.l.vo 286/98 per avere, in concorso con altri, trasportato con un natante oltre cento cittadini extracomunitari al fine di procurare agli stessi l’ingresso illegale nel territorio dello Stato italiano.
In data 28.6.2012 militari della Guardia di Finanza avevano effettuato l’abbordaggio nelle acque territoriali di una imbarcazione a bordo della quale viaggiavano oltre cento cittadini extracomunitari.
Quattro di loro – i cittadini egiziani A. E., SA , M. M., A. M. – erano stati arrestati in flagranza di reato perché ritenuti addetti al governo dell’imbarcazione.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al GIP del Tribunale di Catania i quattro avevano respinto l’addebito e avevano fornito una comune versione dei fatti, indicando altri come gli effettivi scafisti.
Il GIP non aveva convalidato l’arresto dei suddetti cittadini egiziani e da successive indagini, interrogando alcuni del cittadini extracomunitari trasportati nella suddetta imbarcazione, venivano individuate cinque persone (tre maggiorenni e due minori) che, secondo quanto riferito dai primi quattro arrestati e da alcuni del cittadini extracomunitari trasportati, avevano governato la nave durante il viaggio, distribuito i viveri e mantenuto i contatti con altri tramite un telefono satellitare.
I tre maggiorenni come sopra individuati – identificati in M. A., D. A. e A. M. – erano stati sottoposti a fermo di P.G., convalidato dal GIP del Tribunale di Catania, il quale, all’esito dell’udienza di convalida, aveva emesso nei loro confronti l’ordinanza cautelare sopra indicata, impugnata da tutti e tre davanti al Tribunale del riesame.
Il Tribunale riteneva che gravi indizi a carico di M. A. in ordine al delitto ascrittogli si dovevano desumere dalla identificazione effettuata da S. A. (uno dei quattro primi arrestati) e confermata da tre dei cittadini extracomunitari trasportati: M. L., A. H. e A. R. quest’ultimo minore. Le suddette persone avevano indicato M. A. come colui che durante il viaggio si alternava al timone della nave con D. A.
Sulla eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai suddetti cittadini extracomunitari trasportati, avendo eccepito la difesa che dai verbali di interrogatorio degli stessi non risultava che fosse stato effettuato l’avvertimento di cui all’art. 64/3 lett. c del codice di rito, il Tribunale riteneva che quanto meno le dichiarazioni del suddetto minore fossero utilizzabili, in quanto tale avvertimento era compendiato negli avvisi preliminari rivolti anche con riferimento all’art. 197-bis c.p.p., articolo che richiama espressamente l’art. 64 c.p.p..
Peraltro, secondo il Tribunale, l’indagato aveva respinto l’addebito in modo generico, senza fornire elementi idonei a smentire l’accusa a suo carico.
Il Tribunale, infine, riteneva sussistenti le esigenze cautelari indicate nell’ordinanza cautelare, tenuto conto della presunzione di cui all’art. 12/4-bis d.l.vo 286/1998 e del fatto che non emergevano elementi in base ai quali potesse essere esclusa la sussistenza di esigenze cautelari.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone l’annullamento, con un primo motivo, per manifesta illogicità della motivazione e contraddittorietà in relazione agli atti posti a fondamento della misura.
Dopo aver riassunto le indagini, il ricorrente ha sostenuto che la costruzione accusatoria fosse intrinsecamente illogica, poiché non erano state indicate le ragioni per le quali i primi quattro arrestati, sorpresi in flagranza di reato intenti a governare la nave, fossero stati scagionati.
Inoltre, non era stato dato alcun peso alle dichiarazioni degli indagati M. A., D. A. e A. M., i quali avevano dichiarato che tutte le persone trasportate erano state trasbordate, nel pressi delle acque territoriali italiane, in un’imbarcazione più piccola e gli scafisti si erano allontanati con la nave più grande con la quale era stato effettuato il viaggio; le dichiarazioni degli indagati erano state confermate dal teste G. M., uno dei 114 trasportati sentito a verbale durante le indagini.
Con un secondo motivo è stata riproposta l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da M. L., A. H. e A. R. (che venivano allegate al ricorso), in quanto costoro, indagati per il reato di clandestinità, erano stati interrogati senza che fosse stato loro rivolto l’avvertimento previsto dall’art. 64/3 lett. c (se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone…). Quindi, per il disposto del successivo comma 3-bis del suddetto articolo, in mancanza del riportato avvertimento, le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilità di altri non erano utilizzabili nei confronti delle persone accusate.
Per quanto riguarda il minore A. R. il riferimento all’art. 197-bis c.p.p. non poteva significare che fosse stato dato l’avvertimento previsto dall’art. 64/3 lett. c, tanto più che risultava espressamente che il minore era stato avvertito che, ai sensi dell’art. 198 c.p.p., aveva l’obbligo di dire la verità.
Pertanto, le sole dichiarazioni accusatorie di S. A. non potevano costituire i gravi indizi di colpevolezza necessari per disporre una misura cautelare nei confronti dell’indagato.
2 Con un terzo motivo ha denunciato il difetto di motivazione con riguardo alle esigenze cautelari, in quanto la norma citata nell’ordinanza impugnata è stata dichiarata incostituzionale con la sentenza 331/2011 della corte costituzionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

È fondata l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni resa da M. L., A. H. e ***** nei confronti del ricorrente.
I predetti erano indagati per il reato di cui all’art. 10-bis D.L.vo 286/1998 e, dovendo essere sentiti sulla individuazione e sulla responsabilità di coloro che avevano procurato il loro ingresso illegale nel territorio dello Stato italiano, era d’obbligo interrogarli con le garanzie di legge, sussistendo tra i suddetti reati (art. 10-bis e art. 12 D.L.vo 286/1998) il collegamento indicato dall’art. 371/2 lett. b) del codice di rito.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di interrogatorio delle persone indagate in t reato connesso o collegato ai sensi dell’art. 371, comma secondo, lett. b) cod. proc. pen., l’atto deve sempre essere preceduto dagli avvisi previsti dall’art. 64 cod. proc. pen., anche quando è compiuto di iniziativa della polizia giudiziaria, non essendo coerente né ragionevole che detta garanzia sia riconosciuta solo quando all’interrogatorio proceda il pubblico ministero (V. Sez. 1 sentenza n. 22643 del 10.5.2012, Rv. 252741).
L’art. 64 c.p.p., nel dettare le regole generali per l’interrogatorio, prevede, fra l’altro, che – prima che abbia inizio – la persona deve essere avvertita che, se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone, con le garanzie previste dall’art. 197-bis c.p.p..
Il comma 3-bis dell’art. 64 c.p.p. prevede poi che, in mancanza del suddetto avvertimento, le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potrà assumere, in ordine a detti fatti, l’ufficio di testimone.
Il significato della norma è chiaro: l’indagato deve preventivamente sapere che, se accuserà altri, potrà essere chiamato a confermare le accuse in veste e con le responsabilità del testimone; il suddetto avvertimento è essenziale al fine di rendere la persona interrogata edotta della responsabilità che potrà assumersi accusando altre persona; in mancanza di questo avvertimento, il legislatore ha sanzionato con l’inutilizzabilità le dichiarazioni eventualmente rese contro altri, ritenendo che le stesse non fossero affidabili.
Nel caso in esame non risulta dal verbali degli interrogatori di M- L., A. H. e A. R. che gli stessi abbiano ricevuto il suddetto avvertimento.
Anche nel confronti di quest’ultimo non può affermarsi che l’avvertimento in questione fosse compendiato nell’avviso che veniva sentito con le garanzie previste dagli articoli 197-bis, 198 e 351/l-bis c.p.p., in quanto il predetto avviso non può sostituire in alcun modo lo specifico avvertimento di cui all’art. 64/3 lett. c); d’altra parte nello stesso interrogatorio di A. R. verbalizzanti hanno diligentemente elencato gli avvertimenti rivolti al predetto, e tra questi non è indicato quello di cui all’art. 64/3 lett. c).
Quindi, le dichiarazioni rese dalle persone suddette non possono essere utilizzate nei confronti dell’indagato.
A carico dello stesso, per quanto risulta dalla motivazione dell’ordinanza impugnata, resta soltanto l’accusa rivoltagli dal coindagato S. A., una chiamata in reità che, senza alcun riscontro, non integra, al sensi dell’art. 273/1-bis c.p.p., i gravi indizi di colpevolezza necessari per sottoporre qualcuno a misure cautelari.
Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale dl Catania.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94/1-ter disp. att. c.p.p..

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