Inidoneità a sostenere le prove orali per gli esami di avvocato (Cons. Stato n. 3474/2013)

Redazione 25/06/13
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SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 3870 del 2013, proposto da:
Ministero della Giustizia, Commissione per esami avvocato sessione 2011 presso la Corte d’appello di Lecce, Commissione per esami avvocato sessione 2011 presso la Corte d’appello di Salerno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

**************;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 00883/2013, resa tra le parti, concernente inidoneità a sostenere le prove orali per gli esami di avvocato – mcp

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2013 il Cons. ****************** e udita per l’Amministrazione l’Avvocato dello Stato Varrone;

Sentita la stessa parte ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Il dottor ************** ha impugnato gli atti con cui la Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte d’appello di Salerno ha giudicato insufficienti i suoi elaborati e non lo ha ammesso alle prove orali.

Con sentenza 18 aprile 2013, n. 883, il T.A.R. per la Puglia – Lecce, sez. I, ha accolto il ricorso, ritenendo immotivati i giudizi negativi espressi.

L’Amministrazione ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone la sospensione dell’efficacia esecutiva anche inaudita altera parte.

L’istanza cautelare è stata accolta con decreto monocratico 22 maggio 2013, che ha fissato, per la discussione, la camera di consiglio del successivo 11 giugno.

In tale data, la domanda cautelare è stata chiamata e trattenuta in decisione.

Nella sussistenza dei presupposti di legge e avendone informato l’Avvocatura dello Stato (la parte privata non si è costituita), il Collegio è dell’avviso di poter definire il giudizio in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 60 e 74 c.p.a.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale del tutto consolidato, sia del Consiglio di Stato sia della Corte di Cassazione, i giudizi delle commissioni esaminatrici – come nel caso di specie – hanno carattere tecnico e non discrezionale e sono soggetti a sindacato giurisdizionale solo per palese irragionevolezza o travisamento dei fatti.

Il Tribunale regionale richiama correttamente tale giurisprudenza, ma trascura di farne corretta applicazione.

Come appare dalla lettura della sentenza, il Tribunale ha sovrapposto il proprio giudizio a quello della commissione, scendendo nel dettaglio dei giudizi espressi:

l’elaborato di diritto civile risentirebbe dello “stile pragmatico e lineare del ricorrente” e non meriterebbe il giudizio di mediocrità che ha ricevuto;

nell’elaborato di diritto penale il ricorrente avrebbe “linearmente tratteggiato la fattispecie giuridica evincibile nel caso sottoposto all’esame”;

nell’atto giudiziario di diritto penale, le argomentazioni utilizzate risulterebbero “coerenti alla traccia assegnata”.

Si tratta, all’evidenza, di giudizi che potrebbero forse anche essere per avventura condivisibili, ma che esorbitano dall’ambito delle competenze del Giudice amministrativo.

Il giudizio amministrativo è il luogo in cui la valutazione della commissione di esame può essere apprezzata ab extrinseco, nei termini di cui prima si è detto, non la sede per contrapporre giudizi di merito (i quali, per definizione, possono sempre rivestire una certa misura di soggettività), salvo il caso in cui tali giudizi siano chiaramente irragionevoli ed arbitrari; il che non si verifica nella specie.

Non a caso, d’altronde, proprio per questa ragione è stata costantemente affermata l’irrilevanza dei pareri pro veritate, eventualmente addotti a contrastare i giudizi espressi dalle commissioni esaminatrici secondo la propria discrezionale valutazione.

Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello dell’Amministrazione è fondato e va pertanto accolto, con conseguente annullamento della sentenza di primo grado.

Considerata la natura della controversia, le spese di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata.

Compensa fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2013

Redazione