Infiltrazioni d’acqua negli appartamenti: condannato il costruttore ad eliminare, a sue spese, i vizi di costruzione (Cass. n. 14650/2013)

Redazione 11/06/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il condominio “IV”, posto in Caserta, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, il Consorzio “N. E.” soc. coop. a r.l., costruttore
dell’edificio condominiale, per sentirlo condannare all’eliminazione di difetti dell’opera, consistenti in effetti di condensa e in infiltrazioni di umidità, ovvero al pagamento della somma necessaria allo scopo, oltre al risarcimento dei danni.
Il Consorzio “N. E.” nel resistere in giudizio eccepiva la decadenza del condominio dall’azione, essendo decorso il termine entro cui denunciare i vizi dell’opera ai sensi dell’art. 1667 c.c.
Il Tribunale accoglieva la domanda, riqualificandola ai sensi dell’art. 1669 c.c., e condannava il Consorzio al pagamento della somma di € 71.287,90.
Tale decisione era ribaltata dalla Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 225 del 26.1.2006. Riteneva la Corte territoriale che l’azione proposta ai sensi dell’art. 1667 c.c. poteva essere riqualificata sub art. 1669 c.c. solo ove fondata su difetti costruttivi così gravi da incidere sulle componenti essenziali dell’opera, tali, cioè, da influire su tutti quegli elementi che devono essere presenti affinché l’opera stessa possa fornire la normale sua utilità in rapporto alla sua funzione pratico-economica.
Nello specifico, osservava la Corte partenopea, erano emerse infiltrazioni in corrispondenza degli infissi, a causa di una non perfetta loro sigillatura, con distacco dell’intonaco circostante, nonché, ma solo in taluni appartamenti, fenomeni di condensazione dovuti a ponti termici e generati dalla composizione non omogenea della parete esterna, che lasciava passare più o meno calore a seconda che vi fosse del cemento o del semplice laterizio, con la conseguente formazione di vistose macchie di umidità lungo le pareti degli appartamenti e in corrispondenza degli elementi strutturali verticali (pilastri) e orizzontali (travi) in cemento armato. Riteneva, quindi, che tali fenomeni di condensa non fossero, però, riconducibili solo ed esclusivamente ad inadeguato isolamento termico, dovendosi ricollegare anche all’uso improprio degli alloggi, visto che il problema in questione non si era verificato con pari intensità in tutte le unità abitative aventi la medesima esposizione e verticalità. Tale circostanza escludeva la configurabilità di un grave difetto dell’edificio ai sensi dell’art. 1669 c.c., configurabile solo nel caso di difetti decisivi, o almeno molto rilevanti, nel determinare l’inidoneità del bene all’uso suo proprio, in modo da escludere con assoluta certezza l’ipotesi che tale inidoneità non si sa1·ebbe verificata in mancanza di cause concorrenti, quali l’uso non corretto del bene.
La Corte territoriale manifestava analoghe perplessità in merito alle infiltrazioni in corrispondenza degli infissi, poiché una banalissima applicazione di silicone sui controtelai ben avrebbe potuto impedire il distacco dell’intonaco circostante.
Esclusa, dunque, la riconducibilità della fattispecie alla previsione dell’art. 1669 c.c., rilevava la tardiva denuncia dei vizi, oltre il termine di 60 gg. previsto dall’art. 1667, comma 2 c.c., e con essa la fondatezza dell’eccezione di decadenza dall’azione, sollevata dal Consorzio.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre il condominio “IV”, formulando tre mezzi d’annullamento.
Il Consorzio “N. E.” soc. coop. a r.l. è rimasto intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con i tre motivi d’impugnazione (corredati da quesiti di diritto sovrabbondanti, non applicandosi ratione temporis l’art. 366-bis c.p.c.) è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.
Sostiene parte ricorrente che il difetto di costruzione che a norma dell’art. 1669 c.c. legittima l’esercizio dell’azione extracontrattuale nei confronti dell’appaltatore, può consistere in qualsiasi alterazione conseguente ad un’insufficiente realizzazione dell’opera che, pur non riguardando parti essenziali di essa, ma elementi accessori o secondari, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell’immobile. Fra tali alterazioni devono ritenersi incluse quelle che riguardano le infiltrazioni di acqua e di umidità, i fenomeni di condensa e il difetto di coibentazione termica delle strutture perimetrali dell’edificio e la non sigillatura degli infissi.
2. – I tre motivi, da esaminare congiuntamente, appaiono fondati.
2.1. – Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte che i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell’edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione incidente sulla struttura e sulla funzionalità dell’edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile (cfr. tra le più recenti, Cass. nn. 84/13, 2238/12 e 3752/07).
L’incidenza negativa dei difetti costruttivi inclusi nell’art. 1669 c.c. può consistere, in particolare, in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la “rovina” od il “pericolo di rovina”), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (così, Cass. n. 11740/03, pronunciata in un caso di difettosa impermeabilizzazione del manto di copertura dell’edificio con relativi problemi di infiltrazione).
Infine, l’interpretazione di detta norma si è spinta fino a considerare rientranti nella nozione di gravi difetti anche le infiltrazioni d’acqua determinate da carenze d’impermeabilizzazione (Cass. nn. 11740/03, 117/00 e 2260/98) e da inidonea realizzazione degli infissi (Cass. nn. 8140/04 e 1164/95), difetti che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di manutenzione ordinaria indicati dalla lettera a dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457 e cioè con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti” (così, Cass. n. 1164/95).
2.2. – Nell’escludere la rilevanza ex art. 1669 c.c. dei difetti in questione, la sentenza impugnata non ha correttamente applicato la norma. E ciò per almeno tre ragioni.
La Corte territoriale, infatti, a) ha ritenuto che la fattispecie ipotetica dell’art. 1669 c.c. fosse integrata solo in presenza di difetti decisivi, o almeno molto rilevanti, tali da rendere l’immobile inidoneo all’uso suo proprio, mentre, in base all’elaborazione giurisprudenziale sopra premessa è sufficiente un apprezzabile pregiudizio al normale godimento del bene; b) accertati dei fenomeni di condensazione dovuti a ponti termici e generati dalla composizione non omogenea della parete esterna, non ha tratto da ciò la dovuta conseguenza, ossia che le alterazioni del giusto tasso di umidità interna incidono in maniera immediata e diretta sulla salubrità degli ambienti, la quale, a sua volta, costituisce un parametro primario per valutare l’idoneità del bene alla destinazione abitativa; e c) ha banalizzato le infiltrazioni d’acqua dovute alla carente realizzazione degli infissi, imponendo all’utilizzatore del bene l’onere di porvi rimedio sigillando le fessure con del silicone, senza considerare che la riscontrata carenza e l’ipotizzata soluzione posticcia confermano, e non già escludono, il vizio costruttivo.
2.2.1. – Né ha rilievo il fatto che i giudici d’appello abbiano depotenziato l’incidenza dei fenomeni di condensazione ascrivendoli ad un concorrente difetto di aerazione dei locali. In disparte il fatto che dalla sentenza impugnata non risulta quale dato istruttorio autorizzi siffatta conclusione, che pertanto appare frutto di una congettura arbitraria, deve rimarcarsi che nel vigente sistema di equivalenza causale ciascuna condizione adeguata alla produzione di un evento ne è causa. Di riflesso, l’ipotizzata causa concorrente non esclude il nesso eziologico fra il grave difetto e l’attività del costruttore, il quale è chiamato a risponderne.
3. – In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, che nel decidere il merito si atterrà ai principi di diritto sopra esposti e provvederà, ai sensi dell’art. 385, 3° comma c.p.c., anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7.2.2013.

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