Indici rilevatori del rapporto di lavoro subordinato (Cons. Stato n. 2087/2013)

Redazione 16/04/13
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FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Catanzaro, Sez. II, con la sentenza n. 30 del 17 gennaio 2002, ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante per il riconoscimento del servizio prestato, in regime di part-time, dal 1° marzo 1984 al marzo 1987 in qualità di responsabile della biblioteca del Comune di Plataci, nonché per la condanna al pagamento delle differenze retributive rispetto a quanto percepito, nella misura del 50% del trattamento previsto per il personale a tempo pieno dal d.p.r. 347-83, e, dunque, al pagamento della somma di lire 27.651.175, oltre interessi e rivalutazione (a far data dalla maturazione delle spettanze), competenze fisse e periodiche, comprese l’indennità integrativa speciale, il rateo di 13° mensilità, aggiunta di famiglia, ferie non godute e liquidazione calcolata in dodicesimi.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che la ricorrente era stata nominata dal Comune di Plataci, con delibera di G.M. del 26 gennaio 1984, responsabile dell’istituito centro di lettura e aveva preso possesso dell’ufficio di assegnazione a decorrere dal 1° marzo 1984, lavorando tutti i giorni feriali e per oltre tre ore pomeridiane, svolgendo tale attività, riconducibile alla VI qualifica funzionale – bibliotecaria – ex d.P.R. 347-83, fino al marzo 1987, quando le era stato interdetto l’accesso agli uffici della biblioteca, percependo complessivamente, al netto delle trattenute, la somma di lire 2.104.440, non comprensiva di tutte le competenze spettanti ai sensi del d.P.R. 347-83.

Il TAR osservava che, dall’esame della documentazione amministrativa versata in atti dalle parti costituite, emergeva che, con deliberazione n. 36 del 28 febbraio 1984, la Giunta Municipale del Comune di Plataci aveva deliberato di riaprire il centro di lettura, affidando il relativo incarico, in via provvisoria, alla ricorrente, a decorrere dal 1° marzo 1984, per la durata di sei mesi e limitatamente a due ore pomeridiane dei giorni feriali; alla ricorrente veniva riservato un trattamento economico identico a quello previsto dal CCNL degli Enti Locali, sempre però in rapporto alle ore lavorative svolte.

Il TAR osservava ancora che, con successiva delibera del 31 maggio 1985 la Giunta Municipale di Plataci rinnovava l’incarico de quo, con decorrenza 15.6.1985 e fino al 15.12.1985, sempre per due ore giornaliere.

Il TAR concludeva, quindi, che, alla stregua delle richiamate risultanze istruttorie non è dato cogliere in maniera sufficientemente chiara la pretesa natura subordinata della collaborazione prestata dalla ricorrente presso il Comune di Plataci, in difetto di un formale atto di nomina ed in relazione ad elementi esibiti che apparivano privi di valenza dimostrativa circa l’esistenza di univoci indici rivelatori, tali da comprovare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il Comune di Plataci, attraverso propri organi, dotati della necessaria competenza abbia, comunque, manifestato la volontà di inserire la ricorrente, a fini istituzionali, nella sua organizzazione.

L’appellante contestava la sentenza del TAR, riproponendo nella sostanza le tesi del ricorso proposto in primo grado.

Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica dell’11 gennaio 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che l’appello sia infondato, a prescindere dall’eccezione di prescrizione formulata dal Comune appellato.

Il Collegio, richiamati e fatti propri i principi giurisprudenziali consolidatissimi, in relazione alla fondamentale decisione dell’Adunanza Plenaria n. 5, in tema di giurisdizione amministrativa esclusiva (ante riforma del 1998) sul rapporto di impiego di fatto, di interpretazione e applicazione dell’art. 2126 cod. civ. e dell’art. 2 della l. n. 230-62 e di irrilevanza del nomen juris degli atti, dovendosi dare risalto al contenuto concreto degli stessi, deve recisamente escludere che il rapporto intervenuto tra la ricorrente ed il Comune di Plataci possa essere considerato di pubblico impiego in regime di part-time, difettandone i presupposti e le condizioni di fatto e di diritto, tra cui la forma ed il modo di assunzione.

Rileva il Collegio, infatti, che emerge inequivocabilmente dagli atti, all’opposto, la sussistenza di un rapporto meramente precario, limitato all’espletamento di un servizio per due sole ore giornaliere per sei mesi all’anno.

E’ escluso, infatti, che il Comune abbia inserito l’appellante nella sua organizzazione e nella sua struttura organica, non avendo peraltro la ricorrente né dimostrato, né segnalato alcun indice presuntivo da cui possa dedursi tale stabile inserimento nell’organizzazione istituzionale, inserimento peraltro, smentito proprio dall’atto di “assunzione”, costituito dalla citata deliberazione n. 36 del 28 febbraio 1984, con cui la Giunta Municipale del Comune di Plataci aveva deliberato di riaprire il centro di lettura, affidando il relativo incarico, in via provvisoria, alla ricorrente, a decorrere dal 1° marzo 1984, per la durata di sei mesi e limitatamente a due ore pomeridiane dei giorni feriali.

Tale atto risulta formalmente confermato dalla successiva delibera del 31 maggio 1985 citata, con cui la Giunta Municipale di Plataci aveva rinnovato l’incarico de quo, con decorrenza 15 giugno 1985 e termine al 15 dicembre 1985, sempre per due ore giornaliere.

Pertanto, tale rapporto di lavoro a termine o a tempo indeterminato, instaurato con la P.A., pur essendo in contrasto con le disposizioni che lo disciplinano, con conseguente nullità del medesimo, nasce e vive come rapporto di fatto, rispetto al quale gli indici rivelatori del rapporto di pubblico impiego assumono soltanto funzione di astratta qualificazione al fine della determinazione della giurisdizione e della disciplina economica e previdenziale cui devono essere sottoposte le prestazioni lavorative: a tali prestazioni di fatto, rese nell’ambito del rapporto nullo, si applica l’art. 2126 c.c., con tutte le conseguenze retributive e previdenziali connesse, limitatamente al periodo in cui il rapporto di fatto ha avuto esecuzione (cfr., da ultimo, ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 18 aprile 2012, n. 2249).

Senza voler qui ripetere le ampie e convincenti argomentazioni addotte dal Giudice di primo grado sul punto, infruttuosamente censurate dall’appellante, va precisato che dal complesso degli atti e dei documenti di causa emerge, come detto, che l’appellante era stata “assunta” solo in via provvisoria dal Comune per due sole ore lavorative giornaliere; alla luce degli elementi documentali acquisiti agli atti del giudizio, correttamente il TAR ha ritenuto insussistenti gli indici rivelatori dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato di fatto e ha sancito che gli emolumenti ricevuti, parametrati al trattamento economico identico a quello previsto dal CCNL degli Enti Locali, sempre però in rapporto alle ore lavorative svolte, fossero adeguatamente remunerativi della prestazione di fatto svolta a favore dell’Ente locale appellato.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio, spese che liquida in euro 3000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013

Redazione