Indennita’ di trasferta e diritto tributario

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Massima:

A differenza dell’indennità di trasferta, compenso per prestazioni occasionali rese fuori dalla propria sede ordinaria, e non per il lavoro prestato nella sede di svolgimento ordinario della propria attività, ancorché di recente destinazione, soggetta, come tale, ai sensi del citato art. 46, ad un particolare trattamento tributario di favore, l’indennità di trasferimento rientra nel reddito imponibile ai fini dell’I.R.P.E.F., in quanto, pur difettando un rapporto di sinallagmaticità con la prestazione di lavoro, essa è compresa tra gli emolumenti, comunque denominati, percepiti “in dipendenza” del lavoro prestato, come nella specie.

1. Questione

La società propone ricorso per cassazioneavverso la sentenza della commissione tributaria regionale, con la quale veniva accolto l’appello dell’agenzia delle entrate contro la decisione di quella provinciale, sicché l’opposizione avverso l’avviso di accertamento, relativo all’Irpef per l’anno d’imposta 2004 in ordine alla ripresa a tassazione della diaria corrisposta a tre dipendenti distaccati in Ungheria, e per i quali la ritenuta alla fonte su tale voce non era stata operata, veniva rigettata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che non si trattava di indennità di trasferta temporanea, per la quale andava calcolata una franchigia di €.77,47 giornalieri, bensì di un distacco per lavoro all’estero del tipo trasfertista, per il quale invece il relativo emolumento deve ritenersi parte integrante della retribuzione, e cioè un coacervo. L’agenzia delle entrate resiste con controricorso, mentre la ricorrente ha depositato memoria. Il ricorso in cassazione è stato rigettato, seguendo un precedente orientamento giurisprudenziale (v.: Cass. civ., Sez. V, 17/04/2003, n. 6152), che ha affermato che sono da considerarsi indennità di trasferimento e, come tali, redditi soggetti al trattamento tributario ordinano le diarie corrisposte dal datore di lavoro (nel caso di specie, un’azienda di credito) per le prestazioni svolte dal lavoratore dipendente nella sua sede stabile ed effettiva, data la loro natura esclusivamente ed integralmente retributiva e non risarcitoria. Tale regola non subisce eccezioni ove la sede di lavoro sia quella di recente, ma stabile, destinazione, non rilevando il fatto che il lavoratore continui a dipendere amministrativamente dalla vecchia sede. Le indennità di trasferta, infatti, sono qualificabili come compenso per prestazioni di tipo occasionale e rese al di fuori della propria sede ordinaria. Le indennità di trasferimento sono, invece, qualificabili come compenso per il lavoro prestato nella sede di svolgimento ordinaria e tale qualificazione permane anche se la destinazione è recente e, come tale, soggetta al trattamento tributario di favore previsto dall’art. 46 del D.P.R. 597/1073. Le indennità di trasferimento, quindi, rientrano a comporre il reddito imponibile ai fini Irpef poiché, pur difettando il requisito della sinallagmaticità stretta con l’attività lavorativa, anch’esse costituiscono quegli emolumenti che, comunque denominati, sono percepiti in dipendenza del lavoro prestato. Tale ultimo requisito può ritenersi escluso solo ove il rapporto di lavoro costituisce una mera occasione per la corresponsione di somme che però trovano il loro titolo fondante in una causa, non solo diversa, ma anche del tutto autonoma (come, ad esempio, nell’ipotesi del risarcimento danni per infortunio imputabile al datore di lavoro).

2. Indennità di trasferta, reddito imponibile ed orientamenti giurisprudenziali

Le diarie corrisposte dal datore di lavoro per prestazioni di lavoro svolte nella sua sede stabile di lavoro – compresa quella, di nuova destinazione, in cui sia stato trasferito recentemente – non hanno natura nemmeno parzialmente risarcitoria, ma esclusivamente retributiva. Soprattutto, non costituiscono indennità di trasferta (soggetta, come tale, ad un particolare trattamento tributario di favore, all’epoca dei fatti quello stabilito dal comma 3 dell’art. 48 del D.P.R. 587/1973), perché l’istituto della trasferta presuppone un compenso per prestazioni occasionali svolte fuori dalla propria sede ordinaria di lavoro, e non per un lavoro prestato nella sede di svolgimento ordinario della propria attività (Cass. civ., sez. lav., 16 novembre 1987, n. 364), anche se questa ultima è nuova, nel senso che è appena intervenuto un trasferimento. Perciò, ai fini fiscali, non solo costituiscono reddito tassabile, ma debbono essere assoggettate ad imposizione nella loro interezza, e non con il regime di favore previsto per le indennità di trasferta.

Si tratta, in realtà, di un’indennità di trasferimento, che costituisce a tutti gli effetti reddito soggetto al trattamento tributario ordinario. Come, infatti, già rilevata dalla giurisprudenza di legittimità, “l’indennità di trasferimento rientra nel reddito tassabile ai fini I.R.P.E.F., in quanto, pur difettando un rapporto di sinallagmaticità con la prestazione di lavoro, essa rientra tra gli emolumenti, comunque denominati, percepiti “in dipendenza” del lavoro prestato, potendosi escludere la sussistenza di quest’ultimo requisito solo ove il apporto di lavoro costituisca una mera occasione per la corresponsione di somme che trovano il loro titolo in una causa diversa e del tutto autonoma (quale ad esempio il risarcimento dei danni da infortunio imputabile al datore di lavoro).” (Cass. civ., sez. 1, 5 febbraio 1996, n. 948). Ovviamente, per sede stabile di lavoro deve intendersi quella effettiva, a nulla rilevando che il prestatore continui a dipendere amministrativamente dalla vecchia sede quando è ormai inserito in moda stabile nella nuova sede di destinazione.

Sentenza collegata

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Staiano Rocchina

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