Indennità di funzione dirigenziale (Cons. Stato, n. 3698/2013)

Redazione 10/07/13
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FATTO

1. Il ***************, inquadrato nella 2° qualifica dirigenziale, deduce di avere retto “a scavalco”, oltre alla Ripartizione di propria destinazione organica, altra Ripartizione amministrativa del Comune di Bari (IV Circoscrizione dal 22.10.1992 al 9.3.1993; Ripartizione Edilizia Residenziale Pubblica dal 22.2.1993 all’1.10.1993 e dal 30.11.1993 al 16.5.1994; Ripartizione Contratti ed appalti dal 17.5.1994 al 9.3.1995 e dal 4.7.1995 al 30.6.1996), senza aver percepito alcun compenso aggiuntivo, in violazione dell’art. 38, punti 1 e 4, del DPR 333/1990.
Ha proposto ricorso al TAR Puglia, sostenendo che il conferimento di più incarichi di direzione a tempo determinato comporterebbe l’obbligo per l’amministrazione di attribuzione di un trattamento economico aggiuntivo, analogamente a quanto avviene per i Segretari comunali.
Con motivi aggiunti, notificati il 5.12.1997, ha impugnato anche la delibera di G.M. n. 2719/97, che ha regolamentato la retribuzionedegli incarichi a scavalco, nella parte in cui non ne ha riconosciuto l’applicazione retroattiva.
2. La sentenza del TAR impugnata ha rigettato il ricorso ritenendo che la controversia vada inquadrata nell’ambito dell’art. 38 del DPR 333/1990, rilevando che il Comune di Bari ha fissato criteri e parametri per l’attribuzione dell’indennità di funzione con delibera n. 268/1991, non impugnata, che non prevede nessuna maggiorazione per più incarichi contemporanei di pari qualifica e senza aggravio di orario, nonché con successiva delibera n. 2719 del 26.9.1997, senza determinare però i relativi parametri e criteri. Ha precisato, peraltro, che le funzioni espletate dal ricorrente “in aggiunta” sono equivalenti a quelle di pertinenza.
Inoltre, in vigenza della norma speciale di cui al citato art. 38 DPR 333/1990, non può trovare applicazione la normativa relativa ai segretari comunali.
3. L’appellante contesta la correttezza della pronuncia per l’erronea interpretazione e applicazione dell’art. 38 cit..
Denuncia anche la violazione dell’art. 51, comma 6°, della l. 142/1990 e l’omessa applicazione analogica delle norme riguardanti la retribuzione degli incarichi di reggenza a scavalco dei segretari comunali.
4. All’udienza del 29 gennaio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato.
2. Il Collegio ritiene che non sussiste la violazione dell’art. 36 della Costituzione e dell’art. 38 del DPR 333/1990, dedotta col primo motivo di appello.
Il richiamato art. 38 dispone, in accordo con i principi costituzionali, che ai dirigenti è corrisposta un’indennità di funzione connessa con l’effettivo esercizio delle funzioni e graduata in relazione: al coordinamento di attività; all’importanza della direzione delle strutture o dei singoli programmi; alla rilevanza dell’attività di studio, di consulenza propositiva e di ricerca, di vigilanza e di ispezione, di assistenza agli organi; alla disponibilità richiesta in relazione all’incarico conferito.
L’indennità è commisurata allo stipendio iniziale secondo appositi coefficienti varianti da 0,1 a 1, sulla base di parametri di riferimento e di criteri che le amministrazioni, con appositi provvedimenti, determinano in via preventiva.
La norma, peraltro, indica espressamente una serie di elementi di valutazione che le amministrazioni sono tenute a prendere in considerazione: coordinamento delle attività di direzione; direzione di struttura; direzione di progetto; attività di studio etc., carico di lavoro relativo all’incarico conferito.
L’indennità di funzione rappresenta, dunque, la specifica remunerazione della prestazione tipica del dirigente e la sua graduazione è diretta a compensare, sul piano del sinallagma delle obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro, la diversa qualità e quantità della prestazione, nonché la disponibilità richiesta in relazione all’incarico conferito, in attuazione del c.d. principio di omnicomprensività.
Il comma quinto dell’art. 38, difatti, significativamente, esclude il personale dirigenziale dalla fruizione degli istituti incentivanti previsti dall’art. 6 del DPR 333/90, ivi compreso il compenso per lavoro straordinario.
L’espressione “in via preventiva”, contenuta nel quarto comma dell’articolo, sta a significare che l’amministrazione debba determinare i parametri di valutazione delle varie posizioni dirigenziali in anticipo e in via generale ed astratta e non di volta in volta all’atto della sua concreta erogazione, garantendo così “obiettività e trasparenza” (Consiglio Stato, sez. V, 20 febbraio 2006, n. 694).
Il Comune di Bari, con delibera n. 228 del 12.7.1991, ha dato attuazione alla norma, fissando i criteri per l’attribuzione dell’indennità di funzione e senza prevedere alcuna maggiorazione per la reggenza “a scavalco” di una struttura dirigenziale.
La delibera non è stata impugnata, divenendo così definitiva.
Per inciso, riguardo alle scelte operate dal Comune, tra l’altro, può osservarsi che rientra nel potere discrezionale del singolo ente graduare l’indennità di funzione in rapporto alla specificità delle funzioni disimpegnate, nonché alle caratteristiche ed alla complessità della struttura operativa di riferimento, sicché l’individuazione, da parte degli organi deliberanti dell’ente, dei coefficienti di valutazione necessari per corrispondere al proprio personale dirigenziale detta indennità, costituisce il frutto di valutazioni di merito, insindacabili in sede di legittimità, salvo il caso di palese irragionevolezza o di difformità rispetto alla norma primaria (Consiglio Stato, sez. V, 01 ottobre 2010, n. 7248)
Successivamente, con delibera di G.M. n. 2719 del 26.9.1997, il Comune di Bari ha regolamentato espressamente ex novo la remunerazione degli incarichi “a scavalco”dei dirigenti, attribuiti in conformità all’art. 13 della l. 25.3.1993, n. 81, e all’art. 40 dello Statuto, in ragione della peculiare e contingente situazione del comune, che si è trovato a fronteggiare il “susseguirsi di cessazioni dal servizio di dirigenti, combinato con le ridotte disponibilità finanziarie per le assunzioni”, finanziando la relativa indennità con il fondo per “la retribuzione di posizione e la retribuzione di risultato” e determinandola in misura pari “all’indennità di posizione stabilita per la struttura aggiuntiva”.
Tale indennità, prevista dall’art. 39 del C.C.N.L. del personale con qualifica dirigenziale del comparto Regione – Enti Locali, stipulato il 10 aprile 1996, rappresenta il trattamento economico correlato alle funzioni e connesse responsabilità del dirigente, previa determinazione della graduazione delle funzioni dirigenziali secondo parametri connessi “alla collocazione nella struttura, alla complessità organizzativa, alle responsabilità gestionali interne ed esterne”.
Poiché la previsione della specifica indennità di posizione, che remunera l’incarico “a scavalco” è stata però introdotta dalla delibera di G.M. 2719 del 26.9.1997, con decorrenza da epoca successiva agli incarichi svolti dall’appellante (fino al 31.3.1996), la sua domanda non poteva trovare accoglimento.
Né è fondata la doglianza mossa dal ricorrente con i motivi aggiunti in primo grado, circa la discriminazione che si sarebbe perpetuata a suo sfavore, per effetto della decorrenza non retroattiva della delibera, atteso che normalmente gli atti amministrativi hanno efficacia per l’avvenire, salvo espressa disposizione che eccezionalmente e motivatamente prenda in considerazione situazioni già verificatesi, “in sanatoria”.
3. Quanto alla dedotta violazione dell’art. 51, comma 6, della l. 142 /1990, in relazione al richiamo contenuto nell’art. 30, comma 6, dello Statuto comunale, il Collegio ne rileva l’insussistenza.
La norma di cui all’art. 51 l. 142/1990 si limita a prevedere che i comuni disciplinano con appositi regolamenti, in conformità con lo statuto, l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi tenendo conto della contrattazione collettiva nazionale; con riguardo agli incarichi dirigenziali, dispone che sono conferiti a tempo determinato, con provvedimento motivato e con le modalità fissate dal regolamento, secondo criteri di competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco, senza recare alcuna disciplina specifica circa gli incarichi a scavalco.
4. Infine, quanto alla pretesa applicazione in via analogica delle disposizioni sulla retribuzione aggiuntiva degli incarichi di reggenza dei segretari comunali, quantomeno come criterio che il Comune avrebbe potuto far proprio per la quantificazione della indennità di cui il ricorrente si assume creditore, correttamente la sentenza appellata ha escluso l’applicabilità di una norma dettata specificamente per la categoria dei segretari comunali, in vigenza della norma contrattuale sulla dirigenza per il comparto enti locali, dettata dall’art. 38 DPR 333/1990.
5. In conclusione, l’appello va rigettato.
6. Le spese di giudizio si possono compensare tra le parti, in considerazione delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2013

Redazione