Incidente stradale si ribalta un mezzo adibito a autotrasporti – La dinamica dei fatti ricostruita in sede di appello non può essere esaminata di nuovo in sede di giudizio di legitttimità (Cass. n. 3239/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 02/03/12
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In fatto e in diritto

1. La società ricorrente impugna per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati con memoria, la sentenza della Corte d’appello di Venezia, depositata il 30 dicembre 2009, con la quale, riformando parzialmente quella di primo grado e in accoglimento dell’appello della R. , rigettava le domande proposte nei confronti di questa dal trasportatore H. T. e della sua compagnia assicuratrice dichiarava assorbita la domanda riconvenzionale subordinata proposta dallo spedizioniere S. Servizi. In particolare, la Corte territoriale rilevava che la prova della responsabilità della R. non poteva desumersi dalla relazione del commissario di avaria perché questi “è notoriamente un incaricato di fiducia dell’assicuratore. Il documento dallo stesso redatto di dubbia opponibilità anche alle parti – diverse dal vettore – nel cui contraddittorio l’accertamento viene svolto, allorquando afferisce all’oggetto ad esso proprio, di constatazione dello stato della merce e dei danni, certamente nel caso di specie non è opponibile alla società R. sotto i distinti profili della dinamica del sinistro e dell’accertamento delle relative responsabilità. La negazione di valenza probatoria al certificato di avaria redatto dall’ing. S.A. esclude l’assolvimento da parte del vettore T. H. della prova, sullo stesso incombente ex art. 1693 c.c. nonché, più specificamente, in forza della disciplina di cui agli artt. 17 e 18 C.M.R., la cui applicabilità al trasporto in oggetto si desume inequivocamente dalla lettera di vettura (…) (doc. 3 appellante), della causa dell’avaria o comunque dei fatti che ne escludono la responsabilità. È evidente che la sola istruzione testimoniale, atteso il radicale contrasto tra le deposizioni dei testi G. e L. , dipendenti di R. spa e l’autista del camion sig. H. , è inidonea a provare persino la circostanza della caricazione dello scambiatore ad opera della società appellante, in quanto l’esigenza di strutture tecniche in loco (sollevatore) e di operatori non elide la riferibilità dell’operazione di carico al vettore attraverso la direzione delle stesse operazioni. Né alla soddisfazione dell’onere della prova incombente sul trasportatore possono essere idonee le prove non ammesse dal primo giudice e riproposte dall’appellata T. H. in quanto le stesse afferiscono all’evento storico del ribaltamento dell’automezzo, non contestato e ai danni, concretamente subiti dalla società vettrice, ininfluenti nel contesto di mancanza di responsabilità della società appellante. In definitiva le domande proposte dal trasportatore e dalla società assicuratrice, in surroga del primo, per i danni allo stesso indennizzati, andavano rigettate, restando assorbite le ulteriori doglianze dall’appellante relative alla prescrizione della domanda proposta da T. H. per danni eccedenti quelli richiesti con lettera in data 08.11.1991, alla parziale carenza di legittimazione dell’assicuratore A. P.G. e alla liquidazione equitativa in favore di T. H. dell’ulteriore danno nella misura di Euro 20.000,00. Con ulteriore motivo l’appellante si doleva del rigetto della domanda proposta nei confronti di S. Servizi srl. L’esame specifico del motivo era reso superfluo dalla riproposizione, ex art. 346 CPC. da parte della S. Servizi srl della eccezione di carenza di legittimazione passiva, che era fondata, considerato da un lato che la pretesa risarcitoria di R. spa era correlata agli obblighi precisamente assunti da S. Servizi srl, anche quale vettore, ex art. 1741 c.c., ed evidenziato, dall’altro, che la lettera di vettura prodotta dalla stessa appellante (doc. 31) nei riquadri 1 e 23 indicava espressamente un vettore, diverso da S. 2. La compagnia assicuratrice deduce nel ricorso i seguenti motivi: 2.1. Violazione art. 18.2 CMR, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ed alla documentazione depositata in causa dalle parti. Sostiene che la Corte territoriale ha, nonostante il tenore di detta disposizione convenzionale, accolto il primo motivo di appello di R. s.p.a. ritenendo che il Tribunale di Padova aveva accolto la domanda delle società belga, e rinvenuto la prova della responsabilità di essa appellante, basandosi esclusivamente sulla relazione del commissario di avaria Ing. A..S. , ritenuto un tecnico neutrale. La decisione sarebbe del tutto errata, ed avrebbe preso in considerazione solo uno degli aspetti della vicenda. Inoltre la Corte si sarebbe contraddetta omettendo di prendere in considerazione il fatto che la stessa R. aveva iniziato una causa nei confronti della Salma Servizi per il medesimo fatto storico posto dalle società belghe a fondamento delle proprie domande. La responsabilità della R. nella causazione del sinistro era invece evidente se solo si consideravano le circostanze oggettive del sinistro, e l’impossibilità evidente per un autotrasportatore di farsi carico del fissaggio al proprio autoarticolato di un cilindro del peso di diverse tonnellate e delle dimensioni di quello che, in quelle circostanze, ha determinato il ribaltamento dell’autotreno senza che l’autista potesse minimamente evitare il sinistro. La perizia dell’Ing. S. non era stata quindi l’unico elemento probatorio addotto dalle società belghe, ma lo erano state ovviamente anche le perizie dalle quali risultavano i danni subiti dall’autotreno e la deposizione del teste H. il quale aveva dichiarato di non essere in alcun modo intervenuto alle operazioni di carico dello scambiatore di calore sull’automezzo della Ditta H. . Non si vedeva peraltro come l’autista dell’autotreno avrebbe potuto intervenire, dal momento che l’operazione di carico richiedeva necessariamente l’utilizzazione di una gru di pertinenza dello stabilimento della R. SpA, sin dal primo grado del giudizio l’odierna ricorrente aveva fatto rilevare che la linea difensiva della R. non reggeva ad un esame logico-giuridico della fattispecie quando si considera che in presenza di un carico di 20 tonnellate il fattore umano non conta quanto possano invece contare le leggi della fisica. La sentenza appariva ancor più contraddittoria in quanto sarebbero stati utilizzati due pesi e due misure per valutare la domanda delle società belghe (suffragata come si è detto, da vari riscontri probatori non partitamente esaminati), e le domande svolte invece nella medesima fattispecie dalla SA IMA Servizi, domande, che sono state invece accolte nei riguardi della R. SpA. Infine, la relazione del commissario di avaria, a fronte dei dubbi in ordine alla sua opponibilità alla R. , ben avrebbe potuto essere a sua volta oggetto di CTU nel corso del primo o del secondo grado del giudizio. Pertanto, la ricorrente chiede alla Corte di verificare se il giudice di appello abbia tenuto conto dell’art. 18 CMR nell’escludere totalmente la responsabilità della R. nella causazione del sinistro, posto che non risulta fornita da parte della stessa la prova che il vettore non abbia partecipato alle operazioni di carico, effettuate invece con mezzi propri e presso la propria sede.
2.2. Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione n relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5 anche in relazione alla mancata ammissione dei capitoli di prova per testi e interpello dedotti in giudizio sempre in relazione alla documentazione depositata in causa La decisione della Corte territoriale appariva semplicistica e contraddittoria: la responsabilità per il posizionamento del carico ed il suo fissaggio sull’autotreno della Ditta H. ricadeva unicamente sulla R. : era circostanza pacifica in causa, confermata da tutti i testi, che per il posizionamento sull’autotreno veniva utilizzato un carro ponte o una gru, presente nello stabilimento della R. e adatta a questo tipo di operazioni; del resto l’insieme del serbatoio, dei sostegni in legno, e delle staffe di fissaggio costituiva un complesso predisposto in anticipo dalla R. che, al momento opportuno, veniva alzato con il carro ponte e semplicemente poggiato sul pianale dell’autotreno: è evidente quindi che l’autista non poteva intervenire in alcun momento a questo tipo di operazione. Per quanto concerne la presunta inopponibilità della perizia, questa venne svolta proprio presso lo stabilimento della R. , ove lo scambiatore fu riparato. Pertanto, la società ricorrente chiede alla Corte di verificare se il giudice di appello abbia omesso di rilevare che la stessa R. , con il suo comportamento, non abbia esplicitamente riconosciuto la validità delle risultanze della perizia del commissario di avaria, da un lato nell’ammettere presso il proprio stabilimento il commissario per espletare il proprio incarico, nell’inviargli della documentazione e dei reclami inerenti il presunto danno da essa R. subito, nel corso dello svolgimento delle operazioni peritali, nell’applicare successivamente i suggerimenti e i rimedi dallo stesso Ing. A.S. proposti ai successivi trasporti di identico materiale, con ciò riconoscendo in radice che lo stesso elaborato peritale non potesse poi essere dichiarato inopponibile nei suoi riguardi.
3. La R. resiste con controricorso, illustrato con memoria, e deduce l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso.
L’altra società intimata non ha svolto attività difensiva.
4. Entrambi i motivi si rivelano privi di pregio.
4.1. La Corte territoriale non ha violato le regole in ordine all’onere probatorio contenute nella Convenzione CMR; il radicale contrasto tra le deposizioni dei testi era inidoneo a provare anche la circostanza del caricamento dello scambiatore ad opera della società R. ; la prova articolata dal trasportatore non è stata ritenuta rilevante perché vertente esclusivamente sulla fase successiva del ribaltamento dell’automezzo, non contestato, e sull’entità dei danni; di qui la decisività della questione del valore probatorio da assegnare alla relazione del commissario di avaria e la valutazione di non opponibilità in sede giudiziaria della stessa alla R. , stante la qualità del commissario di tecnico di fiducia dell’assicuratore. Ne deriva che la relazione del commissario non è stato l’unico elemento valutato dal giudice di appello e che vi è stata congrua e corretta valutazione del materiale probatorio acquisito agli atti.
4.2. Senza contare che sussiste, in rapporto al primo motivo, un altro profilo d’inammissibilità della censura, dato che si deve ribadire che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 16698 e 7394 del 2010; 4178/07; 10316/06; 15499/04). Nel motivo in esame, infatti, l’assunta violazione di legge si basa e presuppone una diversa valutazione e ricostruzione delle risultanze di causa (valutazione del testimoniale e di altri elementi probatori, il cui contenuto, peraltro non è puntualmente riportato in ricorso), censurabile – e solo entro certi limiti – sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detto motivo.
4.3. Tenuto conto del riferito decisum della sentenza impugnata, in ordine alla valutazione del materiale probatorio in tema di determinazione del sinistro, neanche il secondo motivo coglie nel segno. Ove venga dedotto vizio di motivazione – come nel secondo motivo del presente ricorso – per incongruità o insufficienza della motivazione della sentenza impugnata per mancata o insufficiente od erronea valutazione di risultanze processuali (nella specie, prove per testi dedotte in giudizio, valutazione del comportamento della R. contestuale e successivo allo svolgimento della perizia assicurativa) è imprescindibile, al fine di consentire alla Corte di effettuare il richiesto controllo, anche in ordine alla relativa decisività, che il ricorrente precisi – pure mediante integrale trascrizione delle medesime nel ricorso (non solo con la generica indicazione di risultanza che sarebbero contrarie a quelle rilevate e riferite nell’impugnata sentenza) – le risultanze che asserisce decisive o insufficientemente o erroneamente valutate, in quanto per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione il controllo deve essere consentito sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la S.C. accesso agli atti del giudizio di merito (Cass. 31 maggio 2006 n. 12984; Cass. 18 aprile 2007 n. 9245; Cass. 17 luglio 2007 n. 15952, secondo cui il ricorrente che denuncia, sotto il profilo di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, l’omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l’onere di indicarne specificamente il contenuto; in ordine all’omesso esame di documenti, tra le molte, v. anche Cass. 25 agosto 2006 n. 18506).
4.4. Senza contare che le censure di cui al secondo motivo implicano accertamenti di fatto e valutazioni di merito. Ripropongono, in particolare, un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie, senza tenere conto del consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui, quanto alla valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n. 12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04). Del resto, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. n. 6064/08; nonché Cass. n. 26886 /08 e 21062/09, in motivazione). L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 5328/07, in motivazione; 12362/06). La sentenza impugnata, invece, ha congruamente spiegato le ragioni della propria decisione.
5. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra le parti costituite e si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, in favore della società *****, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 3.000 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Redazione