In tema di “falso innocuo”

Redazione 11/07/11
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N. 00608/2011 REG.PROV.COLL.

N. 02434/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2434 del 2005, proposto da***

contro***

nei confronti di***

per l’annullamento

del verbale di gara del 22/06/2005 con cui è stata disposta l’esclusione della ******à ricorrente dalla gara d’appalto per l’aggiudicazione dei lavori di riordino dei marciapiedi in località varie, nonché del provvedimento di aggiudicazione del suddetto appalto alla ******à controinteressata.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2011 il dott. ***************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Nella seduta del 22 giugno 2005 la Commissione di gara nominata per la valutazione delle offerte relative al bando di gara per l’aggiudicazione dei lavori di cui in epigrafe escludeva dalla gara la ******à ricorrente in quanto, a seguito dei controlli effettuati dalla stazione appaltante, era emerso che il Sig. ******** era stato suo direttore tecnico dal 19 agosto 2003 al 2 gennaio 2004 ed aveva riportato una condanna passata in giudicato per appropriazione indebita aggravata e continuata per essersi appropriato delle trattenute da effettuarsi mensilmente sulle retribuzioni di alcuni suoi dipendenti.

Tale fatto, secondo la Commissione, era suscettibile di determinare l’esclusione dell’impresa sia perché questa aveva falsamente dichiarato l’insussistenza di direttori tecnici cessati dalla carica nel triennio precedente, sia perché il reato commesso dal Direttore tecnico cessato era tale da incidere sulla moralità professionale della ******à che, peraltro, nulla aveva fatto per dissociarsene.

Avverso tale atto ha proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti

MOTIVI

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 75 del D.P.R. 554/99; violazione della Determinazione n. 23/01 della Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici in relazione all’art. 3 della L. 241/90; violazione del bando di gara; violazione del principio dell’affidamento nell’interpretazione delle clausole del bando

Il Sig. ******** non avrebbe mai ricoperto la carica di Direttore tecnico della ******à esclusa. La sua presunta nomina sarebbe il frutto di un mero errore di trascrizione di una seduta del Consiglio di Amministrazione della società, tant’è che nessun atto sarebbe stato compiuto dal ******* durante il breve periodo in cui egli figurava come direttore Tecnico della ******à.

La dichiarazione rilasciata dagli amministratori della ******à in ordine alla insussistenza di direttori tecnici cessati nel triennio precedente non potrebbe, quindi, considerarsi falsa nella sua sostanza.

2) Violazione dell’art. 75 comma 1 lett. c) del D.P.R. 554/99; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto; eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza dei presupposti; violazione dell’art. 3 della L. 241/90.

L’esclusione dalla gara è stata fatta discendere in modo automatico dalla condanna penale riportata dal ******* senza fornire alcuna motivazione in ordine alla incidenza della stessa sulla moralità professionale dell’Impresa.

Tale incidenza deve essere, comunque, esclusa per il fatto che al momento della presentazione della offerta il ******* non era nemmeno più socio della Ricorrente costruzioni, avendo egli ceduto le proprie partecipazioni nella predetta ******à con atto notarile in data 7 luglio 2004.

Si è costituito il Comune di Milano per resistere al ricorso.

All’udienza del 16 febbraio 2011, sentiti gli avvocati delle parti come da separato verbale, relatore *********************, il ricorso è stato trattenuto in decisione

DIRITTO

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Invero, non vi sono elementi che possano comprovare che il Sig. ******** non abbia ricoperto la carica di Direttore tecnico della ******à ricorrente nel triennio precedente a quello della pubblicazione del bando. In particolare, il fatto che egli non abbia compiuto atti afferenti il predetto incarico non riveste in proposito alcuna rilevanza, trattandosi di circostanza che, di per sé, non è idonea a dimostrare che la sua nomina, risultante da atti pubblici, sia frutto di un mero errore materiale.

La dichiarazione con la quale la Ricorrente Costruzioni ha attestato l’insussistenza di direttori tecnici cessati nel triennio precedente deve, quindi, considerarsi falsa.

Non si tratta, peraltro, di un cd. “falso innocuo”.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha recepito tale nozione di origine penalistica anche ai fine di escludere la rilevanza della falsità delle dichiarazioni non veritiere rese dai soggetti partecipanti alle gare pubbliche ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs 163 del 2006 (e prima ancora dell’art. 75 del D.P.R. 554/99) tutte le volte che essa non abbia prodotto alcun pregiudizio agli interessi presidiati dalla norma che impone di attestare una determinata circostanza (sia essa contenuta nella legge o nel bando) e non abbia procurato all’impresa dichiarante alcun vantaggio competitivo (Cons. Stato, V, 09 novembre 2010 n. 7967).

In particolare, è stato ritenuto un falso innocuo l’omessa menzione degli amministratori o direttori cessati dalla carica qualora tali soggetti risultino penalmente incensurati e, pertanto, la loro indicazione nella dichiarazione resa alla stazione appaltante non avrebbe in alcun modo potuto incidere sull’esito del giudizio sulla ammissibilità dell’offerta.

E’ stata altresì ritenuta irrilevante anche la mancata menzione di condanne riportate da soci amministratori o direttori della società offerente qualora il bando di gara richieda genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione rimettendo, così, alla impresa offerente la valutazione circa la gravità o non gravità delle condotte dei propri rappresentanti (Cons. Stato, VI, 4/08/2009 n. 4907).

Il medesimo Consiglio di Stato ha, tuttavia, precisato che nell’ambito dei rapporti amministrativi la valutazione del carattere innocuo del falso deve essere compiuta “ex ante”, con la conseguenza che non può essere considerato innocuo il falso potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni dell’Amministrazione (Cons. Stato, VI, 8 luglio 2010 n. 4436).

Il Supremo consesso ha altresì stabilito che qualora la lex specialis di gara richieda all’impresa informazioni puntuali che non lascino spazio a valutazioni in ordine alla rilevanza o meno di determinate informazioni, la loro omissione costituisce una legittima causa di esclusione (Cons. Stato, VI, 4907/09 cit.).

Tale è, appunto, la situazione che ricorre nel caso di specie.

Il bando di gara richiedeva, infatti, alle imprese offerenti di rilasciare una doppia dichiarazione con riguardo: a) al fatto che nel triennio precedente la data di pubblicazione del bando non fosse cessato né fosse stato sostituito il titolare, il socio, l’amministratore munito di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico; b) al fatto che i soggetti eventualmente cessati non avessero riportato condanne penali tali da incidere sulla affidabilità morale e professionale.

La prima parte della prescrizione della lex specialis non chiedeva, quindi, alle imprese offerenti di indicare solo i soggetti cessati che avessero riportato condanne incidenti sulla moralità professionale, ma imponeva l’indicazione dei nominativi di “tutti i soci, amministratori o direttori tecnici cessati o sostituiti per consentire alla stazione appaltante di effettuare, se del caso, i relativi controlli.

L’omissione della menzione del Direttore tecnico cessato non può, quindi considerarsi un falso innocuo sia perché contrasta con una specifica prescrizione disposta dalla lex specialis a pena della esclusione, sia perché l’indicazione del soggetto cessato non poteva ritenersi ex ante potenzialmente inidonea ad incidere sulle determinazioni dell’Amministrazione.

Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso.

E’ vero, infatti, che, eccettuati i reati indicati testualmente dalla legge, per i restanti, in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica della loro incidenza sulla moralità professionale attiene all’esercizio del potere discrezionale della p.a. e deve essere operata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato (cfr., Cons. St., sez. V, 12 aprile 2007 n. 1723).

Tuttavia, nella specie, l’Amministrazione ha valutato tutti gli elementi inerenti in concreto il reato commesso dal signor A_, considerando che la sentenza penale, divenuta definitiva, riguarda il reato di appropriazione indebita continuata ed aggravata da egli dolosamente commesso nell’esercizio della propria attività di imprenditore edile a danno dei propri dipendenti.

Trattandosi di un reato connesso al tipo di attività che il soggetto sarebbe chiamato a svolgere, non risalente nel tempo, la cui gravità è correlata alla circostanza che l’accertata condotta consiste nella violazione di doveri inderogabili che proteggono non solo il patrimonio astrattamente considerato ma anche i lavoratori dell’impresa, appare esente da censure la valutazione della Stazione appaltante che la ha ritenuta contraria alla moralità professionale, anche alla luce degli altri precedenti penali di cui l’A_ risultava gravato.

Peraltro, la cessazione dalla carica di direttore tecnico da parte del Sig. A_ e la cessione delle sue partecipazioni della Ricorrente Costruzioni S.r.L. non possono considerarsi idonee misure di dissociazione della ******à dalle condotte penalmente sanzionate, non essendovi la prova che tali eventi siano stati determinati dalla volontà di allontanare dalla compagine sociale il predetto soggetto a causa del reato da esso commesso.

La domanda di annullamento deve, quindi, essere respinta.

E la stessa sorte merita anche la domanda risarcitoria che, in difetto della illegittimità dell’atto impugnato, risulta essere del tutto priva di fondamento.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 3.000,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2011 con l’intervento dei magistrati:

*****************, Presidente

*********************, Referendario

*****************, Referendario, Estensore

 

L’ESTENSORE               IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/03/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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