In mancanza di una domanda del contribuente il giudice tributario non può rilevare d’ufficio l’esistenza di un’esimente (Cass. n. 22524/2013)

Redazione 02/10/13
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Ritenuto in fatto

1. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con la quale, accogliendo l’appello principale dell’Ufficio e respingendo l’incidentale della M. s.r.l., è stata ritenuta la legittimità della cartella di pagamento emessa, ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, nei confronti della contribuente per IVA ed IRPEG dell’anno 1999, con esclusione, tuttavia, delle sanzioni, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997.
Il giudice d’appello ha ritenuto che la cartella impugnata fosse adeguatamente motivata, contenendo gli elementi indicati nell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, e che non era stata provata la spedizione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 1998 (secondo la contribuente, a causa di danneggiamento della documentazione a seguito di alluvione), con conseguente impossibilità di portare in detrazione il credito relativo a quell’anno nell’anno successivo, in quanto l’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 collega le operazioni di conguaglio alla presentazione della dichiarazione dei redditi.
2. La M. s.r.l. ha resistito con controricorso e proposto anche ricorso incidentale articolato in quattro motivi ed illustrato con memoria.

Considerato in diritto

1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
2. Con il primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere il giudice de quo disposto l’inappiicabilità delle sanzioni ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997 in assenza di domanda di parte.
Il motivo è fondato.
Quale che sia, infatti, la causa di non punibilità – non esplicitamente indicata in sentenza – che il giudice ha ritenuto nella specie sussistente, tra quelle previste nella norma citata, deve escludersi che il giudice tributario possa rilevare d’ufficio l`esistenza di una esimente in mancanza di una domanda del contribuente, il quale ha anche l’onere di dimostrare la ricorrenza, nella fattispecie concreta, dei relativi presupposti (cfr. Cass. nn. 22890 del 2006, 4031 del 2012).
Il secondo e il terzo motivo, concernenti il merito della questione, restano assorbiti.
3.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale, la società contribuente, denunciando violazione dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del l973 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, pone il quesito “se una cartella esattoriale in cui siano elencati, come nel caso di specie, soltanto i codici dei tributi, con l’ammontare delle relative imposte richieste e delle sanzioni, non preceduta dalla comunicazione prevista anche dali`art. 54 bis, comma 3, del DPR 633/72, costituisca violazione e falsa applicazione” delle norme citate, oltre che vizio di motivazione.
Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, si chiede “se la mancata indicazione nella cartella esattoriale notificata al contribuente senza l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione finanziaria o anche la mancata allegazione agli atti di accertamento e di irrogazione sanzioni cui nella cartella si fa riferimento, costituiscano violazioni” delle nonne indicate, oltre che vizio di omessa motivazione.
I motivi, da esaminare congiuntamente essendo strettamente connessi, sono inammissibili per difetto di autosufficienza, poiché, a fronte dell’accertamento compiuto dal giudice di merito, secondo cui gli elementi richiesti per la motivazione della cartella dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 “risultano esposti”, contiene doglianze generiche, senza riportare esattamente il testo dell’atto impugnato, cosi da consentire a questa Corte di valutare la fondatezza della censura; ciò vale anche per la doglianza di omessa allegazione di atti richiamati, ben potendo questi, in altemativa alla allegazione, essere riprodotti, nel loro contenuto essenziale, nell`atto notificato. Va, inline, osservato, che la violazione de1l’art. 54 bis, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 si rivela, nei termini suddetti, nuova, in quanto, come risulta dalla sentenza impugnata, la contribuente aveva lamentato esclusivamente la mancata allegazione della comunicazione ivi prevista, quale vizio di motivazione della cartella.
3.2. Con il terzo motivo, è denunciata la violazione dell’art. 2697 e dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600/73; si formula il quesito “se la mancata prova sul conseguimento di utili per la società contribuente per un esercizio diverso da quello per il quale è intervenuta la variazione contenuta nella cartella esattoriale impugnata costituisca violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e l’omessa indicazione del presupposto di detta variazione costituisca violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis del DPR 600/73”.
Infine, con la quarta censura la società deduce la violazione degli artt. 8 del d.P.R. n. 322 del 1998 e 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, chiedendo “se la negata compensazione tra crediti e debiti di imposta esercitata entro il secondo anno successivo costituisca violazione” delle norme anzidette.
Anche tali motivi sono inammissibili, in quanto non investono la ratio decidendi della sentenza impugnata e introducono questioni non esaminate in sede di merito.
4. In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, e rigettato il ricorso incidentale; la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.
5. Sussistono giusti motivi, in considerazione della peculiarità della fattispecie, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti, e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma il 27 giugno 2013.

Redazione