In mancanza di trascrizione i vincoli reali diventano inopponibili ai terzi (Cass. n. 17634/2013)

Redazione 18/07/13
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Svolgimento del processo

La presente vicenda processuale inizia nel 1982 quando con ricorso ex art. 1171 c.c. I..R. agiva giudizialmente contro F.G. chiedendo all’adito Pretore dell’Aquila, la sospensione immediata dei lavori da lui intrapresi per la costruzione di un’immobile su di un’area edificatoria che gli era stata da lui stesso venduta con atto a rogito notaio ****** del 6.9.1980. Secondo l’attore l’erigendo edificio non rispettava in termini di distanza dal confine e di volumetria, gli accordi che erano stati conclusi tra le stesse parti con scrittura privata redatta in pari data e sottoscritta ad integrazione dell’atto pubblico di compravendita. Si costituiva in giudizio il F. che contestava la domanda attrice. A seguito di sentenza declinatoria di competenza per valore dell’adito Pretore dell’Aquila, il R. riassumeva il giudizio innanzi al Tribunale anche nei confronti di A.F., nelle more divenuta litisconsorte necessaria in seguito alla donazione da parte del di lei padre G.F., con atto a rogito notaio del 6.9.1980, del 50% dello stesso terreno sul quale si stava realizzando la costruzione, il R. insisteva perché i convenuti fossero condannati ad arretrare la loro costruzione fino a mi 5 dal confine con la sua proprietà e comunque in generale a rendere conforme l’immobile alle previsioni della menzionata scrittura privata quanto a volumi e distanze. In via subordinata chiedeva la condanna in solido del F. al pagamento della penale prevista dall’art. 12 della scrittura privata, oltre al risarcimento dei danni.
Il Tribunale dell’Aquila con la sentenza parziale n. 66/96 rigettava la domanda diretta ad ottenere l’arretramento della costruzione e poi con la pronuncia definitiva del 434/02 disattendeva ogni altra domanda di parte attrice, nonché la riconvenzionale di parte convenuta, ritenendo insussistenti le eccepite irregolarità dell’immobile in parola.
Entrambe le decisioni erano appellate dal R. e l’adita Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza n. 501/06 depositata in data 18.06.2006 accoglieva l’impugnazione e, dichiarata la legittimazione passiva di ************ ed accertata l’inosservanza delle pattuizioni di cui alla ricordata scrittura privata del 6.9.1980, condannava gli appellati in solido al pagamento a titolo di penale della somma di Euro 2.582,29, con rivalutazione ed interessi, oltre alle spese processuali che compensava in misura di Vz. La corte riteneva che i vincoli edificatori previsti nell’indicata scrittura intervenuta tra il R. e G.F., fossero estensibili anche ad A.F., tenuto conto che l’atto di donazione alla medesima di metà del bene compravenduto era stato redatto lo stesso giorno e davanti allo stesso notaio e che nello stesso atto si faceva cenno all’atto di provenienza. Nel merito riteneva il giudice distrettuale che la nuova costruzione non aveva rispettato i patti previsti nella più volte richiamata scrittura privata quanto alle distanze e volumetria, per cui applicava la richiesta penale di L. 5.000.000 in danno degli appellati.
Per la cassazione la suddetta decisione ricorrono F.A. e gli eredi di G.F. (tra cui la stessa F.A.) sulla base di 4 mezzi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; I..R. resiste con controricorso.

Motivi delle decisione

I – Con il primo motivo i ricorrenti eccepiscono la violazione e falsa applicazione dogli artt. 1321, 1372, 2643, 2644 c.c.. Si contesta la decisione impugnata con riferimento alla ritenuta legittimazione passiva di A.F. nonostante dei vincoli di natura reale previsti nella più volte ricordata scrittura privata del 6-9-1980 (costitutiva dei vincoli stessi), non erano stati trascritti né erano stati richiamati nell’atto di donazione di F.G. in favore della figlia, la stessa F.A. . Il quesito di diritto è così formulato: “…se sono opponibili o meno all’avente causa dell’originario proprietario, con conseguente implicazione della sua legittimazione passiva…., i vincoli di natura reale afferenti il bene oggetto di contratto che non siano stati trascritti nei registri immobiliari e che comunque non siano stati richiamati nel relativo atto di trasferimento”.
Il motivo appare fondato.
Premesso che l’attore aveva fatto valere un vincolo di natura reale, che non era stato trascritto e che l’indicata scrittura privata del 6-9-1980, pur concepita ad integrazione dell’atto pubblico di vendita, era giuridicamente autonoma rispetto allo stesso, si osserva che la corte distrettuale ha affermato che “non era verosimile che la F. , ricevendo la donazione, nella quale erano richiamati tutti i patti e le condizioni di cui all’atto di provenienza, ignorasse i vincoli e le limitazioni imposte con la scrittura privata, e che, nello stesso giorno e davanti allo stesso notaio, integrava l’atto pubblico di compravendita”. La corte territoriale ha fatto dunque riferimento ad un’inammissibile conoscenza di fatto del vincolo in questione da parte della F. , che tuttavia nella fattispecie in esame non può avere rilievo alcuno.
Invero per costante giurisprudenza la servitù volontariamente costituita, per essere opponibile all’avente causa dell’originario proprietario del fondo servente, deve essere stata trascritta o espressamente menzionata nell’atto di trasferimento al terzo del fondo medesimo, rimanendo, altrimenti, vincolante solo tra le parti (Cass. n. 9457 del 28/04/2011).
Invero, secondo questa S.C. “in caso di mancata trascrizione del relativo atto costitutivo, la servitù è inopponibile agli aventi causa, a titolo particolare, del proprietario del fondo servente, che abbiano acquistato in base ad un titolo regolarmente trascritto e sempre che la servitù non sia stata portata a loro conoscenza ed implicitamente da essi accettata nei rispettivi atti di trasferimento della proprietà, senza peraltro che, in quest’ultimo caso, ai fini di detta opponibilità sia sufficiente che, in luogo della descrizione della servitù esistente, l’atto di trasferimento contenga frasi generiche o di mero stile, ricorrente negli atti notarili – (Cass. n. 5158 del 3.4.2003). Nella fattispecie tutto ciò non si è verificato per cui il vincolo reale di cui trattasi non era opponibile alla ricorrente in quanto terza rispetto all’atto che lo prevedeva. Occorre però precisare che la doglianza in esame va accolta soltanto e limitatamente ad A..F. quale ricorrente in proprio e non anche quale erede del defunto G..F. , avendo la medesima agito nella duplice veste.
2 – Con il 2 motivo gli esponenti denunciano il vizio di motivazione sulla collocazione del fabbricato a distanza dal confine inferiore a m.5. Il motivo è infondato. La sentenza invero ha stabilito che la distanza di fatto di m.4,55 era stata accertata dal CTU T. e che le c.t.u. successive avevano confermato la violazione delle distanze “anzi in termini più accentuati” e tale affermazione è contraddetta dal ricorrente con il mero richiamo agli argomenti ed alla conclusione contraria esposti nelle pronuncia di primo grado ed alla prospettazione, priva di autosufficienza, che l’ulteriore c.t.u. aveva espresso dubbi sui confini da essa individuati. La motivazione sul punto dunque deve ritenersi sufficiente ed adeguata, in assenza di prospettazione di fatti idonei a contestarne la legittimità.
3 – Con il 3 motivo si denunzia la violazione norme di legge (artt. 1322, 1362. 950 c.c.); si lamenta che la sentenza non abbia dato prevalenza nella individuazione dei confini dei fondi alla volontà delle parti e, in particolare, al tipo di frazionamento allegato al contratto, ma ad un tipo di frazionamento non richiamato dalle parti.
Il motivo è inammissibile in quanto non autosufficiente. Infatti non sono state riportate espressioni del contratto che recepissero i confini indicati nel piano di frazionamento allegato.
Al riguardo questa S.C. ha statuito che: “In tema di compravendita immobiliare, qualora le parti abbiano fatto riferimento,ad ulteriore e conclusiva precisazione rispetto alle altre indicazioni, al tipo di frazionamento allegato all’atto di vendita, detto frazionamento, quale elemento testuale della volontà negoziale, costituisce il dato primario per l’esatta identificazione del bene trasferito, in quanto la sua specificità non lascia margini di incertezza nella determinazione dei relativi confini” (Cass. Sentenza n. 501 del 13/01/2006; Cass. sentenza n. 2857 del 07/02/2008).
4 – Con il motivo n. 4 si deduce il vizio di motivazione circa la volumetria del fabbricato che non avrebbe superato quanto previsto nella nota scrittura privata. Prospetta la questione della non imponibilità della stessa scrittura alla donataria ed i criteri di computo nella volumetria dei vani sotto la linea del marcapiano e gli spazi destinati ad autorimesse, cantine, servizi tecnici ecc. Il motivo è inammissibile, concernendo questioni nuove che non risultano in precedenza formulate.
Conclusivamente va accolto il primo motivo del ricorso; cassata la sentenza impugnata in ragione del motivo accolto; potendosi decidere nel merito ex. art. 384 c.p.c. va dichiarato il difetto di legittimazione passiva di F.A. quale ricorrente in proprio; vanno rigettati gli altri motivi. Attesa la particolare fattispecie, si ritiene di compensare le spese processuali tra F.A. in proprio ed I..R. ; vanno condannati tutti i ricorrenti ivi compresa F.A. quale erede di G..F. , al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata in ragione del motivo accolto e decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c. dichiara il difetto di legittimazione passiva di F.A. quale ricorrente in proprio; rigetta gli altri motivi; compensa le spese processuali tra A..F. in proprio ed R.I. ; condanna i ricorrenti ivi compresa F.A. quale erede di G..F. , al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

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