In mancanza di contabilità legittimi gli accertamenti sul c/c del professionista (Cass. n. 2894/2013)

Redazione 07/02/13
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Svolgimento del processo

V.A. proponeva impugnazione avverso due avvisi di accertamento e un atto di contestazione relativi alle imposte dirette e all’Iva per l’anno 1997.

Gli avvisi erano scaturiti da una verifica fiscale eseguita dalla guardia di finanza di Benevento, che aveva riscontrato l’esercizio abusivo della professione sanitaria.

Sulla base di accertamenti bancari, l’amministrazione finanziaria aveva quindi provveduto a contabilizzare – a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, – tutte le movimentazioni operate dal V., ritenendole alla stregua di operazioni imponibili.

Di fatti il contribuente non aveva istituito le scritture contabili e non aveva ottemperato all’invito della guardia di finanza di fornire dati e notizie sugli elementi desunti dagli accertamenti bancari.

L’adita commissione tributaria provinciale di Benevento, in parziale accoglimento del gravame, rideterminava il reddito accertato escludendo, perche non di competenza dell’anno, i saldi attivi iniziali (ivi comprese le somme risultate investite in titoli) e, per difetto di concrete motivazioni, alcuni prelevamenti.

La decisione era confermata dalla commissione tributaria regionale della Campania con sentenza depositata il 21.11.2005.

Ha proposto ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate, con tre motivi.

L’intimato ha resistito con controricorso o ha proposto un motivo di ricorso incidentale.

L’agenzia delle entrate ha depositato una memoria.

Motivi della decisione

1. I ricorsi, principale e incidentale, vanno riuniti in quanto proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

2. – La parte intimata ha formulato, nel controricorso, un’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per cassazione in quanto asseritamente tardivo. L’eccezione è infondata perche dagli atti risulta che il ricorso è stato consegnato all’ufficiale giudiziario, per la successiva notifica, l’8.1.2007, e dunque giustappunto l’ultimo giorno utile ai fini della tempestività (essendo stata la sentenza pubblicata il 21.11.2005, ed essendo festivi sia il 6 che il 7 gennaio 2007).

Il procedimento notificatorio, in base al noto principio discendente dalla declaratoria di parziale incostituzionalità dell’art. 149 c.p.c. e della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, può invero considerarsi utilmente avviato nel momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (v. C. cost. n. 477/2002), e non in quello successivo, paventato dall’eccipiente nel caso di specie, in cui l’ufficiale giudiziario effettua la successiva spedizione a mezzo posta.

3. – L’amministrazione, nei tre motivi del ricorso principale, deduce (1) l’insufficiente motivazione della sentenza di secondo grado; (2) la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, nonchè degli artt. 2727, 2723 e 2697 c.c.;

(3) la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 57. La tesi complessivamente sostenuta è la seguente. Il giudice d’appello (primo motivo) non avrebbe indicato le ragioni di asserita infondatezza delle doglianze a suo tempo avanzate dall’amministrazione con l’appello incidentale, in ordine al punto decisivo dei recuperi a tassazione dei saldi attivi bancari, degli investimenti in titoli e dei prelevamenti. Invero non sarebbe comprensibile la ragione per la quale siffatte risultanze siano state attribuite “presumibilmente” ad anni diversi. In tal senso la pronuncia (secondo motivo) si sarebbe posta in contrasto con le disposizioni summentovate, stante che queste disciplinano l’accertamento, in caso di effettuazione di indagini bancarie, delineando sotto il profilo probatorio una presunzione legale, suscettibile di esser vinta solo dalla prova specifica e circostanziata che le movimentazioni in conto corrispondano a operazioni già contabilizzate o estranee.

A ogni modo (terzo motivo) nel ricorso in sede giurisdizionale la controparte non aveva espresso specifici motivi di doglianza sul quantum degli imponibili (id est, sull’entità dei ricavi).

4. – A sua volta il contribuente, nel ricorso incidentale, denunzia (art. 360 c.p.c., n. 5) l’insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza su punto decisivo, essendosi la sentenza limitata ad avallare quanto deciso dal giudice di primo grado a fronte della eccepita nullità dei provvedimenti impositivi per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per essere stati emessi prima del decorso del termine di 60 giorni ivi stabilito.

5. – Il ricorso principale e infondato quanto al terzo motivo, perchè dal controricorso si evince che il contribuente aveva impugnato gli avvisi affermando che questi erano stati notificati prima della scadenza del termine sopra detto, oltre che basati su elementi illegittimamente acquisiti.

Il che equivale a dire che la contestazione aveva attinto l’an della pretesa.

In generale va affermato che nella contestazione dell’an è da intendersi compresa, per implicito, anche quella in ordine al quantum.

Cosicchè non può condividersi l’affermazione della ricorrente in forza della quale il quantum della pretesa fiscale doveva esser ritenuto, dalla commissiono regionale, incontroverso.

6. – Sono invece fondati, seppur nei limiti che seguono, il primo e il secondo morivo, tra loro connessi e suscettibili di unitario esame.

7. – L’effettuazione, nel caso ai specie, di accertamenti bancari a carico del contribuente rientrava nell’alveo dei poteri attribuiti agli uffici finanziari dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, nn. 2 e 7, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nn. 2 e 7.

Il sistema così delineato si incentra, difatti, su una presunzione legale a carico del contribuente, che comporta una inversione dell’onere della prova.

Questa corte ha già affermato che, in forza della detta presunzione, il contribuente e tenuto a giustificare i vari movimenti bancari e a dimostrare che gli stessi sono estranei al suo reddito, vuoi perchè a lui non riferibili di fatto, vuoi perchè ricollegabili ad atti non soggetti a tassazione (cfr. per tutte Cass. n. 2843/2008; n. 21975/2009).

E’ quindi in tal senso legittima l’utilizzazione dei dati e degli elementi, che risultarlo dall’esame dei conti bancari in questione, per fondare la presunzione di consequenzialità da operazioni imponibili (v. d’altronde Cass. n. 14 675/2006).

Va aggiunto che questa corte ha altresì rilevato, in tema di ***, che al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal. citato D.P.R. n. 633 del 1972 non è sufficiente una prova generica. Non serve cioè dimostrare genericamente di avere fatto affluire somme su un proprio cento corrente bancario, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità ad attività estranea (e non imponibile) di ogni singola movimentazione del conto (Cass. n. 13818/2007). Giacchè altrimenti devesi presumere l’inerenza dei movimenti del conto a operazioni imponibili (v. ancora Cass. n. 21132/2011; Cass. n. 21125/2010). Ora la commissione regionale ha ritenuto di poter superare l’incidenza delle previsioni di Legge in materia sulla considerazione che “gli importi non compresi nell’accertamento sono presumibilmente attribuibili ad annualità non di competenza dell’anno 1997 in contestazione”.

Tanto ha fatto condividendo “tutto quanto dettagliatamente contenute nella sentenza impugnata”, avendo – a suo dire – i primi giudici “ben tenuto conto degli importi contestati ritenibili non di competenza dell’anno in contestazione”. In tal modo peraltro la ratio decidendi, da un lato risulta insufficientemente espressa, siccome associata all’impiego di un avverbio “presumibilmente”) inesplicato quanto ai dati di fatto posti a base della relativa inferenza; e dall’altro si rivela in contrasto con la presunzione di legge, ove si tenga conto di quanto indicato nello stesso controricorso a proposito della motivazione resa dal giudice di primo grado, per relationem alla quale risulta sviluppata l’argomentazione della commissione regionale.

La sentenza di primo grado aveva ritenuto non di competenza dell’anno 1997: (a) alcune somme, finanche investite in titoli, perchè classificate in conto come saldi iniziali; nonchè (b) alcuni prelevamenti perchè non sorretti da concrete motivazioni dell’avviso di accertamento.

Il riferimento al principio di competenza, dal giudice d’appello esplicitamente condiviso, non avrebbe potuto legittimare che la prima delle due asserzioni.

Non anche la seconda, poichè la mancanza di concreta motivazione non poteva rilevare, essendo operante, in base a quanto appena esposto a corredo degli insegnamenti giurisprudenziali in materia, il principio che tutti i versamenti e i prelevamenti risultanti dal conto, ove non assistiti dalla contabilità (quando, come nella specie, sia accertato l’esercizio abusivo di un’attività professionale), costituiscono presunzioni di reddito in rapporto all’anno nel quale sono effettuati.

Cosicchè nessuna concreta e ulteriore motivazione andava posta alla base della imputazione a ricavi di prelevamenti eseguiti in corso di esercizio. E, il pretenderla come fatto dalla commissione regionale – si è risolto in violazione delle disposizioni D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51.

8. – Pertanto i citati due motivi del ricorso principale vanno accolti e la sentenza d’appello cassata in relazione a essi, con rinvio alla medesima commissione regionale, diversa sezione, per nuovo esame.

9. – Va invece rigettato 1 ricorso incidentale.

Codesto lamenta un’insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sulla formulata eccezione di nullità degli atti impositivi per il mancato rispetto del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

In proposito l’impugnata sentenza ha respinto l’appello (principale) del contribuente ritenendo in tutto condivisibile quanto sostenuto dal giudice di primo grado. E dalla trascrizione contenuta nel ricorso incidentale si evince che quel giudice, a sua volta, aveva respinto l’eccezione (in merito al mancato rispetto del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12) rilevandone la pretestuosità, stante la prova di versamenti eseguiti sul conto corrente bancario del V. e stante “la mancanza assoluta di qualsiasi chiarimento (..) sulla natura di dette operazioni”.

Questa ratio decidendi e censurata adducendo esclusivamente il vizio di motivazione.

Ma la questione che rileva è in verità una questione di diritto, mentre il vizio di motivazione della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 5) è deducibile con riguardo alla sola motivazione sulla questione di fatto, vale a dire al vizio (logico) della sentenza che rileva con specifico riferimento alla ricostruzione operata in vista della definizione di quell’accertamento (del fatto) denunciabile in cassazione ai soli fini dei sindacato indiretto. Ne consegue l’inammissibilità del motivo, – e ciò assorbe la questione sottesa – essendosi dedotto il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 per avere il giudice di merito insufficientemente motivato in ordine alle ragioni giuridiche asseritamente ostative alla applicazione di una norma.

10. – Conclusivamente, quindi, accolto il ricorso principale nei limiti sopra esposti, e rigettato l’incidentale, la causa, previa cassazione dell’impugnata sentenza, è rinviata alla commissione regionale della Campania, la quale, in diversa sezione, provvedere anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale; rigetta il terzo; rigetta il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza in relazionè ai motivi accolti e rinvia alla commissione tributaria regionale della Campania anche per le spese del giudizio di cassazione.

Redazione