Impugnazione in ottemperanza e ricorso di legittimità (Cons. Stato n. 3940/2013)

Redazione 25/06/13
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FATTO

Con ricorso n. 9037 /2012 ritualmente depositato è stata chiesta dal signor *************, la piena ottemperanza al giudicato formatosi attraverso il decreto del Presidente della Repubblica in data 20 gennaio 2012, su conforme parere della Seconda Sezione del Consiglio di Stato (parere numero 2535/2011 reso all’adunanza in data 5 ottobre 2011 sul ricorso n. 4135/2011).

Il signor ************* aveva chiesto l’annullamento del provvedimento 19.9.2010 n. 8781, di comunicazione di archiviazione della pratica concernente la domanda n. 8634 del 15.7.2009 di permesso di costruire per la realizzazione di un edificio residenziale a servizio dell’attività agricola e degli atti presupposti, dei pareri negativi del Comune di Argelato e della Provincia di Bologna, nonché dell’art. 32 NTA del regolamento urbanistico.

Aveva fatto presente che la Vivai C. Bruno e C. società agricola semplice, esercente impresa agricola, il 15.7.2009 aveva presentato al Comune di Argelato un piano di riqualificazione aziendale (P.R.A.) e contestuale domanda – protocollata al n. 8634 – di rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un edificio residenziale a servizio dell’attività agricola: il suolo su cui sarebbe dovuta sorgere l’abitazione, che risultava in comodato della società, in particolare era destinato ad abitazione dello stesso C..

Con provvedimento del 19.9.2010 n. 8781 il comune di Argelato aveva dato comunicazione dell’archiviazione della pratica n. 8634, equivalente a diniego della domanda di permesso di costruire.

L’odierno ricorrente in ottemperanza era insorto, deducendo plurimi motivi di violazione di legge ed eccesso di potere: in particolare era stata dedotta la violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, poiché l’amministrazione avrebbe omesso di comunicare il preavviso di rigetto (non essendo al riguardo idonea la comunicazione effettuata nell’ottobre 2009) ed il vizio di carenza di motivazione.

La Seconda Sezione del Consiglio di Stato ha proceduto nell’esame del ricorso ed ha espresso il convincimento che il preavviso di rigetto inviato non rispettasse l’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990: esso, infatti, doveva essere l’ultimo atto del procedimento prima della sua conclusione. Nella specie, invece, l’istruttoria era proseguita, poiché la parte odierna ricorrente in ottemperanza aveva apportato varianti al P.R.A. ed al progetto di costruire, su cui l’amministrazione aveva dovuto pronunciarsi, ed erano stati acquisiti altri pareri. A dimostrazione dell’anomalia del procedimento militava l’elevato lasso di tempo trascorso tra il preavviso inviato e la decisione. Tale vizio procedimentale, vulnerando il contraddittorio e la stessa razionalità dell’agire amministrativo, faceva emergere ancor più l’insufficienza e illogicità della motivazione, che, ad onta dei vari pareri degli uffici comunali e provinciali richiamati, non enunciava con chiarezza la ragione del diniego.

La Sezione aveva pertanto espresso motivato parere favorevole all’accoglimento del ricorso, ritenendo fondato il dedotto difetto di motivazione con annullamento del provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

L’odierno ricorrente in ottemperanza, con il proprio ricorso, ha fatto presente che le intimate amministrazioni non avevano provveduto sulle proprie istanze volte ad ottenere la conformazione al decreto presidenziale surrichiamato.

Al contrario, con provvedimento 16189 del 3 ottobre 2012, il Suap dell’Unione dei Comuni Reno- Galliera aveva reso un provvedimento di diniego in ordine alla domanda n. 8634 presentata il 15.7.2009 dall’odierno ricorrente in ottemperanza, su parere (contrario) del Comune Argelato (nota prot. 12528 del 20 settembre 2012).

Detti provvedimenti si qualificavano qual violativi ed elusivi del giudicato formatosi, e dovevano pertanto essere dichiarati nulli.

Ha pertanto agito per ottenere l’adempimento al giudicato chiedendo che fossero dichiarati nulli gli atti elusivi medio-tempore emessi.

In via subordinata, ha chiesto che, qualora non si fosse ritenuta la nullità ed elusività, venisse disposta la conversione del rito e fissato il termine per la traslatio judicii innanzi al Tar territorialmente competente.

L’amministrazione del Comune di Argelato intimata ha chiesto la reiezione del ricorso in quanto inammissibile od infondato, e parte ricorrente ha depositato una memoria di replica insistendo nelle proprie deduzioni.

Alla camera di consiglio dell’11 giugno 2013 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. In via preliminare rispetto all’esame del merito della controversia si rileva che nessun dubbio può sussistere in ordine alla circostanza che parte ricorrente abbia esattamente individuato il giudice competente rivolgendosi a questo Consiglio di Stato.

Ciò come recentemente ribadito dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 9 del 2013 laddove – identificata e qualificata la natura giuridica del decreto del Presidente della Repubblica reso a seguito di ricorso straordinario al Capo dello Stato, su parere vincolante del Consiglio di Stato – si è affermato che il ricorso per ottemperanza si propone, ex art.113 co. 1, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica il “giudice che ha emesso il provvedimento della cui esecuzione si tratta” (si veda anche Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato decisione n. 18/2012; decisione della Suprema Corte di Cassazione SS.UU. n. 2065 del 28/1/2011; Consiglio di Stato VI Sez. n. 3513 del 10/6/2011).

2. Ciò premesso, il ricorso in ottemperanza è infondato, avuto riguardo alle censure di nullità/elusività proposte (le uniche scrutinabili da questo giudice, per quanto di seguito si chiarirà).

2.1. Rammenta in proposito il Collegio che non si pone un problema di ammissibilità del ricorso medesimo.

La questione prospettata in forma di eccezione dall’intimata Amministrazione è stata funditus presa in esame dalla recente decisione dell’Adunanza Plenaria n. 2/2013: ivi è stato chiarito che, nella ipotesi di congiunta devoluzione al medesimo giudice di una impugnazione in ottemperanza e di un ricorso di legittimità – circostanza pacificamente verificatasi nel caso di specie, laddove parte ricorrente ha prospettato numerosi vizi di legittimità attingenti i medesimi atti oggi censurati per nullità elusività – il Collegio è “chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa che non impinge nel giudicato, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori. Nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall’amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità, a tale dichiarazione non potrà che seguire la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda. Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità, il giudice disporrà la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione.”.

Nella richiamata decisione dell’Adunanza Plenaria, peraltro, si è precisato (sempre nell’ipotesi di proposizione di un unico ricorso contenente sia censure di nullità che di legittimità) “che la conversione dell’azione può essere disposta dal giudice dell’ottemperanza e non viceversa, perché solo questo giudice, per effetto degli articoli 21 septies l. 7 agosto 1990, n. 241 e 114, co. 4, lett. b), cpa, è competente, in relazione ai provvedimenti emanati dall’amministrazione per l’adeguamento dell’attività amministrativa a seguito di sentenza passata in giudicato, per l’accertamento della nullità di detti atti per violazione o elusione del giudicato, e dunque – come si è già evidenziato – della più grave delle patologie delle quali gli atti suddetti possono essere affetti.”.

Traslando detto condivisibile iter motivazionale al caso di specie, ne discende che nessuna ipotesi di inammissibilità dell’impugnazione può ravvisarsi nel caso di specie.

Questo giudice in quanto competente funzionalmente perché giudice dell’ottemperanza, dovrà pronunciarsi in ordine – soltanto – al petitum volto a dichiarare la nullità/elusività dell’azione amministrativa, mentre le censure di illegittimità ove eventualmente ricavabili dai motivi di ricorso non sarebbero scrutinabili in questa sede (se non nei termini “dimostrativi” della elusività prima esposti), comportando una contraria opzione ermeneutica la dequotazione del principio del doppio grado di giurisdizione limitatamente, appunto, ai vizi di legittimità dedotti.

E, posto che gli atti gravati non sono stati autonomamente impugnati in sede di legittimità, questo Collegio dovrebbe disporre – in ipotesi di reiezione della domanda diretta a fare dichiarare la nullità/elusività dei medesimi – la conversione/riassunzione dell’azione innanzi al giudice competente a pronunciarsi in sede di legittimità (come peraltro richiesto dalla stessa parte odierna ricorrente in seno al ricorso in ottemperanza).

2.1. Così fissato l’ambito della cognizione spettante a questo Collegio, è evidente la infondatezza del ricorso.

Si rammenta che il parere sotteso al decreto decisorio – procedendo nell’esame delle censure di merito contenute nel ricorso – ha espresso il convincimento che meritassero accoglimento quelle prospettanti i vizi di eccesso di potere per difetto ed illogicità della motivazione e quello incentrato sul malgoverno dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

Il decreto, come appare evidente, ha restituito pressoché integro il potere determinativo in capo all’amministrazione intimata, in quanto il ricorso è stato accolto soltanto per motivi procedimentali e formali.

Tutti i vizi denunciati nel ricorso in ottemperanza non attengono – già nella stessa prospettazione di parte ricorrente – a veri e propri elementi sintomatici o dimostrativi di nullità/elusività, ma ad asseriti vizi di illegittimità scrutinabili nell’ambito del ricorso al Tar in sede di legittimità, che l’impugnante ha anticipato di volere in futuro proporre.

2.2. Invero costituisce patrimonio acquisito dell’elaborazione giurisprudenziale quello per cui, affinché possa ravvisarsi il vizio di violazione o elusione del giudicato – che comporta la radicale nullità dei provvedimenti che ne sono affetti ed è deducibile direttamente, indipendentemente dalla loro impugnazione nel termine di decadenza – non è sufficiente che la nuova attività posta in essere dall’Amministrazione dopo la formazione del giudicato alteri l’assetto degli interessi definito dalla pronuncia passata in giudicato, essendo necessario che l’Amministrazione eserciti nuovamente la medesima potestà pubblica, già illegittimamente esercitata, in contrasto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo.

Oppure allorché essa realizzi oppure cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che lo giustificano; di conseguenza non è prospettabile tale vizio qualora l’amministrazione incida sull’assetto degli interessi definiti dal giudicato, esercitando, per un fine suo proprio, un potere diverso da quello già utilizzato, ovvero utilizzando un nuovo istituto giuridico al di fuori della figura del manifesto sviamento di potere. (ex multis si vedano T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, 09-02-2012, n. 44; T.A.R. Puglia Bari Sez. III, 27-10-2010, n. 3842).

E’ noto, infatti, che la conformazione dell’attività successiva dell’Ente pubblico al dictum del giudice dipende dalla tipologia dei vizi riscontrati nella sentenza: mentre l’annullamento fondato su profili formali non elimina, né riduce il potere dell’amministrazione di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato, la caducazione per vizi sostanziali vincola viceversa l’amministrazione ad attenersi nella successiva attività alle statuizioni del giudice (Consiglio di Stato, sez. IV 24/5/2005 n. 2630; sez. IV 3/5/2005 n. 2094).

Sebbene possano ravvisarsi in teoria dei casi-limite laddove anche se il giudicato annullatorio discenda dal riscontrato difetto di motivazione la puntualità dell’accertamento dei vizi denunciati in sede cognitoria può condurre ad un giudizio di nullità/elusività dell’attività amministrativa successiva, di regola, però, il predetto vizio può più frequentemente ravvisarsi in ipotesi di “giudicato puntuale” per vizi sostanziali: allorché ci si trovi al cospetto di un annullamento per difetto di motivazione, infatti, ampio è il potere emendativo in sede di rieffusione, e ben difficilmente sarà ravvisabile il vizio di nullità.

2.3.La situazione descritta è proprio quella verificatasi nel caso di specie: e di essa pare ben rendersi conto la stessa parte ricorrente in ottemperanza, che infatti ha proposto l’odierno ricorso, prospettando gli stessi vizi che già progetta di esporre in un futuro ricorso al Tar e non chiarendo affatto sotto quali profili, a proprio avviso, i denunciati vizi di illegittimità trasmodino nella ben più radicale patologia della nullità/elusività conoscibile da questo giudice.

4. Ricorre pertanto la fattispecie descritta nella seconda parte della già citata sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 2/2013 (“ in caso di rigetto della domanda di nullità il giudice disporrà la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione. Ciò appare consentito dall’art. 32, co. 2, primo periodo, cpa, in base al quale “il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali”, e la conversione dell’azione è ben possibile – ai sensi del secondo periodo del medesimo comma – “sussistendone i presupposti.”).

Nella detta decisione è stato altresì chiarito che “ciò peraltro presuppone che tale azione sia proposta non già entro il termine proprio dell’actio iudicati (dieci anni, ex art. 114, co. 1, cui rinvia l’art. 31, co. 4, cpa), bensì entro il termine di decadenza previsto dall’art. 41 cpa: il rispetto del termine decadenziale per la corretta instaurazione del contraddittorio è reso necessario, oltre che dalla disciplina del giudizio impugnatorio, anche dall’espresso richiamo alla necessità di sussistenza dei “presupposti” – tra i quali occorre certamente comprendere il rispetto del termine decadenziale -, effettuato dall’art. 32, co. 2, cpa.”.

4.1 Ma tale verifica esula dai compiti di questo Collegio, per le già chiarite ragioni, e dovrà essere svolta dal Tar, se e quando il preannunciato ricorso in riassunzione verrà incoato innanzi al Tribunale amministrativo medesimo.

5. Conclusivamente, il ricorso in ottemperanza è infondato e va respinto; qualificata l’azione quale ordinaria impugnazione di legittimità, il giudizio dovrà essere riassunto innanzi al Tar territorialmente competente nel termine di giorni trenta che può analogicamente ricavarsi ex art. 16 del cpa, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa, ovvero dalla notifica, se anteriore, della presente decisione.

6.Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali sostenute dalle parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza in epigrafe. lo respinge nei termini di cui alla motivazione che precede, fissando il termine indicato in motivazione per la riassunzione del giudizio.

Spese processuali compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. 

Redazione