Immobile pericolante: ammenda per il proprietario che non provvede alla messa in sicurezza entro 15 giorni dalla notifica (Cass. pen. n. 28463/2013)

Redazione 02/07/13
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Svolgimento del processo

1. – Con sentenza deliberata in data 7 novembre 2011, depositata in cancelleria il 4 gennaio 2012, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Carinola, dichiarava S. P. colpevole del reato a lui ascritto (art. 650 cod. pen.), condannandolo alla pena € 100,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali del giudizio.
1.1. – Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata S. P., quale proprietario di un immobile sito in Mondragone, via (…) non ottemperava all’ordine sindacale n. 7 del 17 febbraio 2009 che gli imponeva di mettere in sicurezza l’immobile in questione ad horas o comunque entro quindici giorni dalla notifica, essendo stato accertato non solo lo stato di abbandono della struttura, con pericolo di crollo, ma anche che lo stesso era divenuto ricettacolo di rifiuti.
1.2. – Il giudice di merito richiamava, onde pervenire alla formulazione del giudizio di responsabilità, il dato probatorio consistito dalle dichiarazioni del verbalizzante escusso (m.llo V. D.) che ha riferito di aver verificato, successivamente alla scadenza del termine stabilito nell’ordinanza sindacale, che la medesima non era stata dal S. P. ottemperata. Non ricorrendo i presupposti per la disapplicazione del provvedimento amministrativo, il giudice perveniva al giudizio di condanna.
2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. ****************, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione S. P. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.
a) con il primo motivo dl doglianza veniva rilevata l’erroneità dell’ordinanza di rigetto del giudice dell’istanza dl rinvio per legittimo impedimento del difensore impegnato professionalmente altrove. Il giudice inoltre non ha consentito all’imputato di difendersi convenientemente provvedendo a respingere anche la richiesta di rinvio formulata dal difensore di ufficio per l’esame dell’imputato o al fine di sentire l’altro agente verbalizzante, giuste le imprecisioni dichiarative del V. D. che aveva affermato di aver verificato la relazione di notifica dell’ordinanza sindacale quando invece risultava che la stessa era stata notificata alla moglie del S. P. senza alcuna indicazione circa la capacità della stessa e l’effettivo stato di convivenza;
b) con il secondo motivo dl impugnazione veniva osservato che il termine di quindici giorni imposto nell’ordinanza sindacale non sarebbe stato sufficiente al S. P. per ottemperare all’ordine impostogli, dal momento che, non abitando nel luogo ove insiste l’immobile in questione, avrebbe avuto bisogno dl maggior tempo per reperire un’impresa edile certificata e avviare i relativi e necessari adempimenti amministrativi.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
3.1 – Preliminarmente il Collegio osserva che, quando viene dedotto come nella fattispecie, mediante ricorso per cassazione, un en·or in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c) cod. proc. pen., come nella fattispecie, la Corte di cassazione è “giudice anche del fatto” per risolvere la cui questione può – e talora deve necessariamente – accedere all’esame dei relativi atti processuali, esame che è, invece, precluso soltanto se risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen. (Cass., Sez. 6, 16 marzo 1990, *******, rv. 183864; Sez. 3, 29 ottobre 1993, rv. 195875; Sez. 6, 4 febbraio 1998, rv. 210378; Sez. 6, 21 ottobre 1998, rv. 213332).
Ciò posto, deve per vero osservarsi che, all’udienza del 7 novembre 2011, come emerge dalla lettura del relativo processo verbale, il giudice ha motivato in modo sufficiente ed esaustivo la richiesta di rinvio avanzata dal difensore (peraltro ominativamente diverso da quello ricorrente) facendo esplicito riferimento sia alla ancata indicazione da parte del richiedente dell’esistenza di (validi) motivi di impedimento per eventuali collaboratori, sia della circostanza che il reato contestato al prevenuto era una contravvenzione (e dunque un reato con prescrizione breve) sia, infine, che analoga richiesta dl impedimento professionale era già stata presentata alla prima udienza dal difensore dell’imputato e appositamente rinviata per tale ragione.
Sulla questione il Collegio richiama la consolidata giurisprudenza secondo cui, nel caso di istanza di rinvio per concomitante impegno professionale del difensore, spetta al giudice effettuare una valutazione comparativa dei diversi impegni al fine di contemperare le esigenze della difesa e quelle della giurisdizione, accertando se sia effettivamente prevalente l’impegno privilegiato dal difensore per le ragioni rappresentate nell’istanza e da riferire alla particolare natura dell’attività cui occorre presenziare, alla mancanza o assenza di un codifensore nonché all’impossibilità di avvalersi di un sostituto a norma dell’art. 102 cod. proc. pen. (Sez. U, 25 giugno 2009, n. 29529, rv. 244109; n. 13351 del 2004 rv. 228160, n. 43062 del 2007 rv. 238499, n. 25754 del 2008 n. 241457, n. 44299 del 2008 rv. 241571).
Per quanto sopra riportato ben può allora ritenersi che il giudice abbia effettuato una congrua disamina della istanza in parola alla luce del principi di diritto dianzi riportati, svolgendo, in modo motivato, il proprio apprezzamento discrezionale sul bilanciamento degli interessi coinvolti (esercizio della difesa del prefato da una parte, sollecita definizione del giudizio dall’altra), traendo una conclusione che, essendo argomentata dal punto di vista logico e al riparo da violazioni dl legge, è immune da censure in questa sede; inoltre, non emerge peraltro neppure la circostanza riferita in ricorso secondo cui l’imputato, rimasto contumace, avrebbe fatto richiesta di rinvio per poter essere sentito.
Di nessun rilievo è la censura che attiene alla richiesta di rinvio (ma anch’essa non risulta dagli atti messi a disposizione) in relazione all’esame del secondo verbalizzante vuol perché non è stato chiarito quali sarebbero state le imprecisioni in cui è incorso il V. D. durante la sua deposizione dibattimentale, vuoi perché è irrilevante che la notificazione dell’ordinanza sia stata fatta alla moglie senza l’indicazione della convivenza o della capacità, posto che tali precisazioni vengono inserite dall’organo notificatore quando vi sia un qualche dubbio sulla qualità dl chi riceve l’atto; che la moglie, in quanto tale, non fosse nello specifico convivente del S. P. e non fosse capace (circostanza peraltro neppure adombrata dal ricorrente, così come non rilevata è altresì la circostanza della mancata conoscenza del contenuto dell’ordinanza sindacale, tanto è vero che è stata ottemperata, ancorché fuori termine), sono evidenti aspetti irrilevanti quanto pleonastici.
Sul punto è appena il caso di rammentare che, nell’ipotesi in cui, ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen., la notifica del decreto di citazione sia avvenuta mediante consegna alla moglie dell’imputato, convivente, la capacità di intendere e di volere del consegnatario, richiesta dal comma quarto dello stesso art. 157, si presume, salvo prova contraria, poiché la norma vieta la consegna dell’atto da notificare solo se la persona convivente con l’imputato sia in stato di “manifesta” incapacità di intendere e di volere (Cass., Sez. 3, 11 luglio 1997, n. 8714, rv. 209189, *******) mentre nella fattispecie, lo si ribadisce, non è stato provato né allegato che la consegnataria fosse in stato dl manifesta incapacità al momento in cui ricevette dall’ufficiale giudiziario la copia dell’ordinanza sindacale.
3.2 – Anche il secondo motivo di gravame è infondato e deve essere rigettato.
3.2.1 – Il ricorrente non tiene conto che i termini ristretti fissati dall’ordinanza sono giustificati dalla necessità di eliminazione del pericolo incombente rilevato dall’autorità, condizione di emergenza e dl frattura dell’ordinario, che, rendendo più che probabile il rischio di un avveramento dell’evento dannoso paventato, necessitava dl una pronta reazione riparativa da parte del responsabile che ha dato causa alla medesima situazione dl pericolo. Il fatto che tale breve scadenza sarebbe potuta essere non sufficiente per gli incombenti necessari a ottemperare all’ordine, in altri termini, è imputet sibi, posto che è stato il S. P. a creare la situazione di minaccia per la sicurezza e la salute pubblica, che ben avrebbe potuto evitare mantenendo l’immobile in buone condizioni d’uso. Oltretutto, nel temine detto, il S. P. avrebbe dovuto non eseguire tutti i lavori complessivi di ripristino dell’immobile, ma solo, come si legge nell’ordinanza sindacale, metterlo in sicurezza eliminando anche i rifiuti di cui era ingombro, comportamento (minimo) che non è stato parimenti tenuto nei termini prescritti.
4. – Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali

per questi motivi

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in camera dl consiglio, il 23 aprile 2013

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