Illegittimo il licenziamento del lavoratore quando le ragioni giustificatrici non siano supportati da valori reali (Cass. n. 755/2012)

Redazione 19/01/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione 1. La *********** srl chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Torino, pubblicata il 30 ottobre 2008. 2. La Corte ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della lavoratrice D.S., dichiarato illegittimo il suo licenziamento e condannato la società a reintegrarla nel posto di lavoro e a risarcirle il danno.

3. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

4. La signora D. si è difesa con controricorso.

5. La lavoratrice fu licenziata con la seguente motivazione: “tale decisione deriva dalla impossibilità sopravvenuta da diversi mesi a sostenere i notevoli costi di gestione dell’appalto a cui deve far fronte la società con la sua presenza in servizio”. 6. La Corte ha confermato la decisione di primo grado che ritenne il licenziamento non conforme alla disposizione che legittima il licenziamento quando sia giustificato da “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”, ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3. 7. Nella sintesi della Corte, il giudice di primo grado aveva ritenuto che “alla luce delle testimonianze assunte (testi M. e P.) e della documentazione acquisita (fax consegnato dalla teste M., a lei inviato dalla ****** Post srl), risulti provata l’avvenuta immediata sostituzione della D. da parte della *********** con altro lavoratore legato da contratto di co.co.pro., come l’azienda non abbia provato la cessazione del servizio al quale la D. era addetta ed infine non abbia provato l’impossibilità di adempiere l’obbligo di repechage nei confronti della D.”. 8. La Corte esaminando il motivo di appello concernente il giustificato motivo oggettivo, ha affermato che lo stesso non sussiste in assenza di comprovate ragioni attinenti alla riorganizzazione dell’attività lavorativa perchè: “è pacificamente emerso all’esito della compiuta istruzione (testi M. e P.) e dalla documentazione prodotta (cfr. libro matricola relativo alla sede operativa di (omissis)), sia che le riduzioni di orario conseguenti alle variazioni effettuate da Poste furono modeste e tali da non comportare la sostanziale diminuzione del lavoro e la soppressione dell’utilizzo di uno dei sei furgoni impiegati dall’appaltatrice S., sia che la D. venne sostituita attraverso l’impiego del signor Ma. assunto come co.co.pro. dall’appellante una settimana prima del licenziamento intimato all’appellata”).

9. La Corte ha poi ritenuto assorbita la questione relativa all’obbligo di “repechage” ed ha infine confermato la decisione in ordine alla sussistenza dei requisiti dimensionali necessari per l’applicazione della tutela reale, condividendo la valutazione del primo giudice in ordine al mancato adempimento dell’onere della prova da parte della società. 10. Con il primo motivo la società denunzia violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, assumendo che la Corte avrebbe violato tali norme non limitandosi a verificare l’esistenza del riassetto organizzativo dedotto dal datore di lavoro, ma valutando la bontà e l’utilità di tale scelta imprenditoriale.

11. Il principio di diritto da affermare, per la ricorrente, secondo il quesito posto a conclusione del motivo è che “è legittimo il licenziamento quando la datrice di lavoro, a fronte di una seppur non ingente diminuzione dei servizi gestiti in appalto, affida il servizio prima svolto dalla lavoratrice licenziata ad un collaboratore a progetto già in forze presso la medesima impresa al fine di effettuare un evidente risparmio sui costi del servizio gestito in appalto. Dica poi se ha errato il giudice del merito nel valutare l’opportunità della scelta imprenditoriale dopo aver accertato la sussistenza e la veridicità dei presupposti di fatto indicati nella lettera di licenziamento”. 12. Con il secondo motivo la ricorrente ritorna sul medesimo tema denunziando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, circa l’accertamento della avvenuta diminuzione del lavoro e/o dell’accertamento dell’avvenuta soppressione del posto di lavoro occupato dalla lavoratrice licenziata. Nella sintesi offerta a conclusione del motivo la ricorrente precisa che il vizio di motivazione consisterebbe nell’aver confuso la permanenza della necessità di rendere il servizio mediante l’utilizzo contemporaneo di sei furgoni, con “una certa diminuzione oraria dei servizi” che “sebbene si trattasse di poche unità orarie, avesse comportato la necessità di ridurre i costi aziendali e di conseguenza di operare l’impugnato licenziamento”. “Completamente omessa” sarebbe stata poi la motivazione del “convincimento secondo il quale tali diminuzioni siano state troppo modeste per giustificare il licenziamento”. 13. I due motivi devono essere esaminati congiuntamente perchè insistono sul medesimo tema.

14. La Corte d’appello, e prima il Tribunale, avevano un compito preciso: quello di verificare se la motivazione fornita dalla società a spiegazione del “giustificato motivo oggettivo di licenziamento” nella lettera di licenziamento corrispondesse alla realtà dei fatti.

15. La motivazione del licenziamento contenuta nella missiva di recesso, come si è visto, era: “tale decisione deriva dalla impossibilità sopravvenuta da diversi mesi a sostenere i notevoli costi di gestione dell’appalto a cui deve far fronte la società con la sua presenza in servizio”. 16. Quindi “impossibilità” di sostenere i costi dell’appalto di Poste italiane, “sopravvenuta” da diversi mesi.

17.11 Tribunale ha svolto la relativa istruttoria e non ha ritenuto provatala sussistenza di tali presupposti. La Corte ha convenuto su tale giudizio. In positivo, i due giudici di merito hanno ritenuto provato che vi era stata solo una “modesta” riduzione di lavoro appaltato da Poste italiane spa, sicuramente non idonea a giustificare la soppressione del posto di lavoro della D..

18. Tale riduzione non aveva comportato il venir meno della necessità del contemporaneo utilizzo dei sei furgoni impiegati dalla società e quindi dell’attività della D., che del resto non era stata soppressa, perchè il suo posto era stato preso da un collaboratore assunto con contratto di lavoro a progetto.

19. La stessa società ricorrente non contesta tale assunto perchè in più punti del ricorso ed, in particolare nel quesito del primo motivo, parla di “non ingente” diminuzione dei servizi forniti in appalto, utilizzando un’espressione (non ingente), che è del tutto simile a quella utilizzata dalla Corte (modesta).

20. Pertanto, l’assunto di fondo posto a base dei due motivi e cioè che la Corte non abbia rispettato i limiti del suo compito di controllo, ma li abbia travalicati ingerendosi nelle scelte imprenditoriali, è privo di fondamento, perchè la Corte si è limitata a constatare che la motivazione della società ricorrente a giustificazione del licenziamento non corrispondeva alla realtà dei fatti.

21. Sempre nell’ambito del primo motivo, la ricorrente modifica in parte il tema della controversia, ponendo la questione della legittimità di un licenziamento giustificato dalla scelta di sostituire la lavoratrice licenziata con un collaboratore a progetto.

22,Invero, nel ricorso per cassazione si assume che il lavoratore a progetto era già in forza alla società. In questa prospettazione, la lavoratrice risultava eccedente rispetto ad un assetto occupazionale aziendale idoneo a sostenere l’attività. Al contrario, la Corte di merito ha accertato che l’assunzione del lavoratore a progetto è avvenuta una settimana prima del licenziamento e quindi, inequivocabilmente, “in funzione” della sostituzione. L’affermazione non è censurata nel ricorso. Questa diversità determina di per sè l’infondatezza di questa parte del motivo, che peraltro è, in radice, inammissibile, perchè l’oggetto della controversia non era quello di stabilire se costituisca giustificato motivo ridurre i costi aziendali mediante la sostituzione di un lavoratore subordinato con un lavoratore a progetto, bensì la conformità della motivazione del licenziamento alla realtà dei fatti e nella motivazione del licenziamento della D. non si faceva minimo cenno alla scelta di ridurre i costi mediante la sua sostituzione con un lavoratore a progetto.

23. Il terzo motivo, concernente il tema del “repechage” che è stato considerato assorbito dalla Corte d’appello e giustamente, poichè il licenziamento è comunque illegittimo per le ragioni oggetto dei primi due motivi del ricorso e della prima parte della sentenza.

24. Il quarto motivo concerne invece i requisiti occupazionali per la tutela reale.

25. La Corte d’appello, premesso che l’onere della prova gravava sulla società, ha ritenuto che tale prova non sia stata fornita, in quanto a fronte di un ordine di esibizione del libro paga e matricola per tutti i dipendenti e per l’intero territorio nazionale, la società ha prodotto, oltre ai libri della sede di (omissis) allegati al ricorso di primo grado, solo quelli della sede di Benevento, senza documentare di non avere nel territorio nazionale altre sedi operative (circostanza documentabile attraverso una certificazione di Poste italiane spa) e senza esibire quelli relativi alla sede legale di Napoli o documentare attraverso una certificazione idonea di non avere dipendenti in tale sede.

26. Il ragionamento è coerente, condivisibile e conforme alla disciplina della materia come interpretata dalle sezioni unite.

27. Nel motivo, del resto, non si denunzia una violazione di legge, ma un preteso vizio di motivazione: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo, che si identifica con l’assolvimento dell’onere probatorio inerente al requisito dimensionale.

28. La valutazione dell’assolvimento o meno di un onere probatorio non è un fatto ed quindi è inammissibile il ricorso per cassazione sul punto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che concerne solo i vizi di motivazione che concernono un fatto. Cass. ord., 5 febbraio 2010, n. 2805 ha precisato: “Il motivo di ricorso con cui – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo”. 29. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

30. Le spese del giudizio di legittimità, per legge, devono essere poste a carico della parte che perde il giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione alla controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 50,00 Euro, nonchè 3.000,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Redazione