Illegittimo il licenziamento del lavoratore che non emette lo scontrino per una cifra modesta (Cass. n. 4194/2013)

Redazione 20/02/13
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Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 6 settembre 2009 la Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento, con ordine di reintegra e di condanna al risarcimento nella misura di Euro 11.250,00, inflitto dalla società Mychef Ristorazione Commerciale al dipendente G.G., cassiere presso l’esercizio ubicato all’interno dell’aeroporto di (omissis).

La società ha contestato al lavoratore di non aver emesso lo scontrino di cassa, nè registrato la somma relativa pur ritirando dal cliente Euro 6,80, emissione avvenuta tardivamente solo a seguito dell’intervento del responsabile del punto vendita.

La Corte ha rilevato che il Tribunale aveva esaminato la condotta del lavoratore evidenziandone il fine di occultare l’incasso a scopo di lucro personale,elemento assolutamente estraneo alla contestazione e la cui deduzione da parte della società era arbitraria e illegittima in violazione del principio di immutabilità delle ragioni della recesso datoriale e comunque non provato. La Corte territoriale ha quindi affermato che la mancata osservanza delle procedure di cassa e di registrazione postuma benchè censurabili dovevano essere valutati in concreto nella loro idoneità a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario. Nella specie l’episodicità della condotta ed il valore economico modesto non giustificavano un provvedimento così grave e risultava verosimile che il lavoratore avesse voluto velocizzare le operazioni alla cassa dove si era formata la coda procedendo nelle operazioni di pagamento dei clienti successivi a quello il cui acquisto era oggetto della contestazione.

Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione la società Mychef Ristorazione Commerciale spa (già srl) formulando quattro motivi. Si costituisce il lavoratore con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Censura la sentenza dove afferma che l’episodicità della condotta e il valore economico in discussione non fossero idonei a costituire giusta causa di licenziamento. La Corte ha omesso di valutare il comportamento del lavoratore nel suo contenuto oggettivo tenuto conto della natura e qualità del rapporto ed il vincolo di fiducia che esso implicava, della posizione rivestita dal prestatore di lavoro, del grado di affidamento richiesto dalle mansioni esercitate nell’organizzazione dell’impresa. La ricorrente rileva che la mancata registrazione degli incassi, pur non essendo prova diretta di appropriazione, integrava un comportamento di pericolo oggettivo di possibili appropriazioni.

Con il secondo motivo denuncia omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) per non aver valutato i fatti contestati tenendo conto delle particolari caratteristiche delle mansioni svolte.

Secondo la ricorrente la Corte non ha valutato in alcun modo se il fatto contestato, per la sua natura, considerato in sè e non nei suoi riflessi patrimoniali, fosse idoneo ad incidere irrimediabilmente sul rapporto di fiducia che deve sussistere tra le parti ponendo in dubbio la futura correttezza dell’adempimento.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 3) sulla disponibilità delle prove. Ha rilevato infatti che la Corte con valutazione non supportata da alcuna prova ed in modo del tutto apodittico ha ritenuto verosimile che il lavoratore avesse voluto velocizzare le operazioni della cassa,dove si era formata la coda, procedendo nelle operazioni di pagamento dei clienti successivi a quello di cui alla contestazione disciplinare. Con il quarto motivo la My Chef denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per aver omesso di considerare le risultanze istruttorie di causa. La Corte non ha fornito alcuna spiegazione sulle ragioni per le quali non ha tenuto conto delle risultanze della prova testimoniale svolta dalla quale emergeva l’infondatezza della tesi sostenuta dal lavoratore;

quest’ultimo aveva riferito, senza provare che la viaggiatrice si era allontanata dalla cassa per chiedere al marito monete per integrare il dovuto; che, solo dopo aver ricevuto l’importo corretto ed aver nel frattempo emesso due scontrini per gli acquisti di altri avventori, avrebbe emesso lo scontrino di Euro 6,80 che, tuttavia, non poteva consegnare in quanto la cliente si era allontanata.

Le censure, esaminate congiuntamente stante la loro connessione, sono infondate. La sentenza impugnata appare adeguatamente motivata, priva di difetti logici o contraddizioni, oltre che immune da errori di diritto, circa raffermata illegittimità del licenziamento per giusta causa irrogato al G..

La ricorrente, pur denunciando vizi di violazione di norme, ha omesso di indicare in quale punto la decisione si pone in contrasto con la legge. In realtà la società My Chef, pur enunciando vizi riconducigli all’art. 360 c.p.c., n. 3, si limita a sottoporre all’esame di questa Corte le questioni di merito già valutate e motivate dalla Corte d’Appello senza formulare specifiche censure tese a dimostrare il denunciato contrasto con norme di legge.

Le censure mosse dalla ricorrente si limitano a proporre una diversa valutazione dei fatti risolvendosi in una richiesta di duplicazione del giudizio di merito,senza evidenziare contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata o lacune così gravi da risultare detta motivazione sostanzialmente incomprensibile o equivoca. Costituisce principio consolidato che “Il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione” (Cass. n. 2357 del 07/02/2004; n. 7846 del 4/4/2006; n. 20455 del 21/9/2006; n. 27197 del 16/12/2011).

Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha evidenziato da un lato che il comportamento censurato era quello della mancata registrazione ed emissione dello scontrino nonchè della successiva effettuazione di tali operazioni dopo l’intervento del responsabile, D.M.. Dall’altro lato ha sottolineato che era estraneo alla contestazione che il G. avesse agito al fine di occultare l’incasso dell’importo a scopo di lucro personale atteso che tale deduzione violava il principio dell’immutabilità delle ragioni del recesso. La Corte territoriale, quindi, ha valutato che la mancata osservanza della procedura di cassa e la registrazione postuma non giustificavano la sanzione del licenziamento e che non vi erano comunque prove del carattere fraudolento del modus operandi del lavoratore.

Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente la Corte d’Appello ha valutato, altresì, che era incontestato che lo scontrino di cassa di Euro 6,80 era stato emesso dopo due battute di cassa sebbene si trattasse del primo acquisto dopo il cambio turno, ma ha ritenuto con valutazione di merito incensurabile in Cassazione, che fosse verosimile la ricostruzione dei fatti quale esposta dal lavoratore.

La censura della ricorrente, concretantesi nella pretesa di sostituire la sua valutazione a quella dei giudici nell’apprezzamento dei risultati dell’istruzione probatoria e nell’interpretazione delle testimonianze, risulta inammissibile risolvendosi nella richiesta alla Corte di Cassazione di riesaminare il merito della causa e delle testimonianze, ciò esulando dai compiti istituzionali di essa.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va respinto.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 50,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.

Redazione