Illegittimo il licenziamento del dipendente del vagone ristorante che abbandona il posto di lavoro prima del termine del turno lavorativo previsto a causa del ritardo del treno (Cass. n. 13819/2013)

Redazione 31/05/13
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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del lavoro, con sentenza del 5 aprile 2007, accoglieva la domanda proposta da M.F. – dipendente della Breakfast Service s.r.l. inquadrato nel VI livello del CCNL per i lavoratori delle imprese fornitrici di servizi ad aziende operanti nel settore dell’indotto ferroviario e dei trasporti, in servizio sui treni Euro Star delle tratte (omissis) e (omissis) con mansioni di addetto al servizio di ristorazione a bordo – e dichiarava la illegittimità del licenziamento in tronco irrogato al predetto in data 15 dicembre 2003 dalla Breakfast Service ordinandone la reintegrazione nel posto di lavoro e con condanna al pagamento delle retribuzioni dal giorno del recesso sino alla reintegra, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.
L’addebito a fondamento del provvedimento espulsivo era l’aver abbandonato, il giorno (omissis), mentre era in servizio sul treno (omissis), il posto di lavoro prima del termine del turno lavorativo previsto nella stazione di (omissis) senza dare nessuna comunicazione all’Amministratore e il non aver provveduto alla consegna della merce in rimanenza agli operatori della ditta incaricata del ritiro così come alla necessaria custodia e vigilanza a bordo del treno sino alla stazione di fine viaggio, tutto ciò in concorso con i colleghi Mo.Gi. e D.B.F. .
Il Tribunale aveva evidenziato che, avuto riguardo a quanto accaduto il (omissis), il M. non poteva essere considerato responsabile di abbandono del posto di lavoro prima del termine del turno lavorativo essendo rimasto sul treno (omissis) fino all’arrivo dello stesso nella stazione di (omissis), destinazione finale del convoglio e che nemmeno si era verificato il fatto storico pure addebitato della mancata custodia a bordo e della mancata consegna della merce in rimanenza agli operatori della ditta incaricata del ritiro. Ed infatti era avvenuto che, a causa del ritardo di circa un quarto d’ora dell’arrivo del treno a (omissis) il dipendente, avendo pochi minuti per poter salire sul treno in partenza per (omissis), sua città di residenza, aveva chiesto ai dipendenti della “Vagoni letto”, ottenendone la collaborazione, la cortesia di scaricare a consegnare la merce invenduta agli addetti al magazzino di (omissis) della Breakfast, peraltro, dopo averla predisposta ed imballata in modo adeguato. Il Tribunale precisava, inoltre: che di altre questioni non si poteva tenere conto in quanto non integranti aspetti aggiuntivi rispetto ai fatti oggetto della contestazione; che la società non aveva subito alcun danno essendo la mercé giunta al magazzino; che, sia sotto l’aspetto oggettivo che soggettivo, l’addebito non era di gravità tale da comportare la rottura irreversibile del vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro subordinato sicché il licenziamento era sanzione del tutto sproporzionata rispetto alla effettiva entità dell’episodio.
Tale decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte di appello di Bari, con sentenza del 5 giugno 2009, che, decidendo sul gravame interposto dalla Breakfast Service, confermava la illegittimità del recesso e condannava detta società al pagamento delle retribuzioni maturate dal recesso sino al 24.7.2004, data di cessazione dell’attività aziendale.
Ad avviso della Corte territoriale il fatto addebitato al dipendente non poteva essere considerato abbandono del posto di lavoro bensì una inesatta esecuzione della prestazione lavorativa consistita nella mancata attuazione di una modalità complementare della medesima, così come già correttamente ritenuto dal primo giudice, e cioè nella esecuzione dell’ultima componente della prestazione lavorativa in modo non conforme alle regole di condotta fissate dal mansionario, senza interruzione del servizio di ristorazione, già cessato legittimamente prima dell’arrivo del treno in stazione, e senza che la mercé invenduta fosse rimasta incustodita. Così individuata l’infrazione commessa dal lavoratore, la sanzione del licenziamento era valutata dalla Corte sproporzionata alla gravità dell’inadempimento, meritevole, piuttosto, di una sanzione conservativa. Infine, risultando documentalmente che la Breakfast Service s.r.l. era stata posta in liquidazione ed aveva cessato l’attività, la Corte riteneva non più attuabile la reintegra nel posto di lavoro e limitava la condanna della detta società nei termini indicati in dispositivo.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Breakfast Service s.r.l. in liquidazione affidato da un unico motivo.
Il M. è rimasto intimato.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Si assume che la Corte di merito aveva travisato il ricorso in appello operando una riduzione dei motivi in cui era stata censurata la decisione di primo grado per non aver considerato tutte le motivazioni poste a base del provvedimento espulsivo, in particolare il fatto che il dipendente aveva violato con il comportamento tenuto il Manuale Operativo di Servizio al quale doveva scrupolosamente attenersi esponendo la società anche alla risoluzione del contratto di “franchising” con la Cremonini s.p.a. nel quale si era impegnata a garantire un servizio efficiente con un elevato “standard” qualitativo. Inoltre, il giudice del gravame aveva omesso di motivare in ordine alla “recidiva” che era stata denunciata dalla società quale circostanza confermativa della gravità dell’inadempimento sotto il profilo dell’elemento psicologico e non aveva affatto valutato che era stato contestato l’abbandono del posto di lavoro in concorso e con la complicità di altri due colleghi il che rendeva l’infrazione ancor più grave non essendo rimasto alcun dipendente della Breakfast Service nella stazione di (omissis) che avrebbe potuto espletare le mansioni affidate al M. . Infine, neppure era stata valutata la circostanza che i tre lavoratori ben avrebbero potuto chiedere, una volta giunti alla stazione di (omissis) e prima che il treno ripartisse per (omissis), di essere sostituiti da altro personale e la futilità del motivo che li aveva indotti ad abbandonare il posto di lavoro. Si evidenzia che se la Corte di merito avesse tenuto conto di tutti questi aspetti della vicenda non avrebbe potuto non ritenere l’addebito di gravità tale da giustificare il licenziamento in tronco. Osserva il Collegio che il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.
Vale ricordare che questa Corte ha avuto modo di chiarire che il rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del giudice, agli effetti dell’art. 112, cod. proc. civ., può dare luogo a due diversi tipi di vizi: se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per “error in procedendo”, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.; se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. L’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l’inammissibilità del ricorso (Cass. n. 7268 del 11/05/2012; Cass. n. 6858 del 07/04/2004).
Orbene, nel caso de quo non ricorre la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la Corte di appello di Bari non ha omesso di pronunciarsi su una domanda od una eccezione, bensì, come emerge dalle argomentazioni del motivo, non avrebbe preso in considerazione una serie di circostanze pure sottoposte al suo esame, censura questa che integra quella diversa di vizio di motivazione.
Con riferimento a tale vizio lo stesso non ricorre in quanto tutti i profili asseritamente non valutati dalla Corte di merito, invece, lo sono stati, peraltro con una motivazione esaustiva, logica e priva di contraddizioni. Le denunciate omissioni tali non sono ma finiscono con il proporre una diversa valutazione dei fatti rispetto a quella operata dal giudice del gravame non ammessa in questa sede. Il motivo in esame, in realtà integra un dissenso dalle conclusioni del giudice di merito e sollecita una richiesta di controllo sulla motivazione che si risolverebbe in una inammissibile duplicazione del giudizio di merito (cfr. Cass. 6288 del 18/03/2011; Cass. 10657/2010, Cass. 9908/2010, Cass. 27162/2009, Cass. 13157/2009, Cass. 6694/2009, Cass. 18885/2008, Cass. 6064/2008).
Ed infatti, la Corte di appello ha valutato il contenuto del Manuale Operativo di Servizio e le operazioni cui il dipendente era tenuto in relazione alle mansioni da lui espletate giungendo alla conclusione che non si era trattato di abbandono di posto di lavoro ma di una esecuzione dell’ultima componente della prestazione lavorativa in modo non conforme alle regole di condotta fissate dal mansionario, senza interruzione del servizio di ristorazione, già cessato legittimamente prima dell’arrivo del treno in stazione, e senza che la mercé invenduta fosse rimasta incustodita. Peraltro, correttamente il giudice del gravame non ha tenuto conto di fatti non oggetto della contestazione sul cui effettivo contenuto ha, invece, calibrato la motivazione.
Risulta, altresì, dalla lettura della sentenza impugnata,che nel valutare la proporzionalità della sanzione irrogata alla gravità dell’addebito sono stati tenuti in considerazione, tanto il riferimento alla recidiva che la circostanza che l’infrazione era stata posta in essere dal “team” in servizio sul treno (quindi, in concorso con altri due dipendenti) sottolineandosi che, comunque, la stessa non era avvenuta al di fuori della possibilità di controllo della Breakfast Service la quale era stata informata da un addetto al magazzino di (omissis) della irregolare modalità di consegna delle mercé invenduta.
La decisione impugnata, dunque, espone in maniera chiara l’iter logico seguito dalla Corte di merito e si presenta immune da omissioni o contraddizioni. Peraltro, è anche il caso si ricordare che per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi – come sicuramente ha fatto la Corte di appello di Lecce – le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass.8461/2007).
Infine, va anche ricordato che il giudizio sulla proporzionalità della sanzione del licenziamento disciplinare rispetto agli addebiti contestati è una valutazione devoluta al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità ove – come nella specie – sia sorretta da sufficiente e non contraddittoria motivazione (tra le molte, Cass. n. 2013 del 13/02/2012; Cass. n. 25144 del 13/12/2010; Cass. n. 17514 del 26/07/2010).
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio essendo il M. rimasto intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.

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