Illegittima esclusione da una gara d’appalto (Cons. di Stato N. 00115/2012)

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Nelle gare d’appalto la perdita di chance va rapportata, per il concorrente illegittimamente escluso, in termini percentuali all’utile in astratto conseguibile in ipotesi di aggiudicazione della gara ed esecuzione dell’appalto: utile che, secondo un consolidato criterio, va presuntivamente stimato nel 10% dell’importo posto a base d’asta, ribassato dall’offerta presentata

Tale quantificazione va poi congruamente ridotta non solo perché si tratta di risarcire una mera chance di aggiudicazione ma anche quando l’interessato non abbia dimostrato di essere stato nell’impossibilità di utilizzare, durante il tempo di esecuzione del servizio per cui è giudizio, mezzi e maestranze per l’espletamento di altri e diversi servizi.

Invero, ad evitare che a seguito del risarcimento il danneggiato possa locupletare un effetto finanziario addirittura migliore rispetto a quello in cui si sarebbe trovato in assenza dell’illecito, dal decimo dell’importo così stimato dovrà essere detratto quanto percepito dall’impresa grazie allo svolgimento di attività lucrative diverse, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l’appalto in contestazione.

Nondimeno, l’onere di provare (l’assenza del)l’aliunde perceptum vel percipiendum grava non sull’Amministrazione, ma sull’impresa: e ciò in ragione della presunzione, secondo l’id quod plerumque accidit, che l’imprenditore normalmente diligente (art. 1227 c.c.) non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma persegue occasioni contrattuali alternative, dalla cui esecuzione trae il relativo utile.

Sentenza collegata

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Mariangela Claudia Calciano

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