Illecito acquisire informazioni dalla persona offesa in sede di convalida dell’arresto (Cass. pen. n. 45909/2012)

Redazione 26/11/12
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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 6/2/2012 il Tribunale di Salerno non convalidava l’arresto di T.A. effettuato dalla Polizia Giudiziaria nella flagranza del reato di cui all’art. 110 c.p., art. 628 c.p., commi 2 e 3, n. 1, ordinando l’immediata liberazione dello stesso, se non detenuto per altra causa.

2. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il P.M. presso il Tribunale di Salerno, sollevando i seguenti motivi di gravame:

2.1. violazione ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione agli artt. 391 e 449 c.p.p.; rileva al riguardo l’abnormità del provvedimento con il quale il tribunale ha effettuato l’esame della persona offesa prima della convalida ed ha deciso in ordine alla convalida sulla base di tali dichiarazioni.

2.2. violazione ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’art. 380 c.p.p., lett. f), artt. 391 e 449 c.p.p.; rileva, al riguardo, che il tribunale, ha effettuato una valutazione dell’esame della persona offesa, che gli era preclusa in sede di convalida, dovendo il relativo giudizio basarsi soltanto sugli atti esistenti nel fascicolo.

Motivi della decisione

3. Il ricorso risulta fondato e merita accoglimento con riferimento al secondo motivo proposto. Segnatamente dalla lettura del provvedimento impugnato emerge che il Tribunale ha deliberato sulla richiesta di convalida dell’arresto di T.A. dopo avere sentito la persona offesa e l’ufficiale di P.G. che aveva proceduto all’arresto; ed ha ritenuto, proprio sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, di non convalidare l’arresto, non considerando certa la compartecipazione del T. all’episodio delittuoso sotto il profilo del contributo causale arrecato dallo stesso all’azione posta in essere dal coindagato M.M..

Tale modo di procedere, come argomenta correttamente il P.M. ricorrente, si pone in evidente contrasto con le norme che disciplinano l’arresto in flagranza di reato e la relativa procedura di convalida. Difatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, in sede di convalida il giudice deve compiere una valutazione diretta a stabilire la sussistenza del fumus commissi delicti, allo scopo di stabilire se l’indagato sia stato privato della libertà in presenza della flagranza di uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p., dovendosi escludere che possa riguardare l’esistenza dei gravi indizi ovvero la responsabilità per il reato contestato, attraverso un’indagine ricostruttiva dell’episodio in tutti i suoi elementi costitutivi, in quanto un tale accertamento è riservato alle successive fasi processuali (sez. 6 n. 8029 del 11/12/2002, Rv. 223963; sez. 6 n. 21172 del 28/3/2007, Rv. 236672). In sostanza il vaglio a cui è tenuto il giudice in questa fase attiene soltanto alla verifica del ragionevole e legittimo uso dei poteri discrezionali della polizia giudiziaria e quindi alla sussistenza, con una valutazione ex ante di quelle condizioni che legittimavano la privazione della libertà personale.

Se queste sono le finalità del giudizio di convalida dell’arresto o del fermo, a ciò consegue che il giudice non possa acquisire, ai fini della decisione, ulteriori informazioni, oltre a quelle che risultano dal verbale di arresto, dalle dichiarazioni rese dalla persona arrestata, dai documenti prodotti dalle parti, essendogli sicuramente precluso di disporre l’audizione di testimoni. Difatti il procedimento di convalida dell’arresto o del fermo, pur presentando, come sopra visto, sue proprie peculiarità, non si sottrae ai principi generali che caratterizzano l’attuale ordinamento processuale penale, tra i quali quello sancito dall’art. 190 c.p.p., che vieta al giudice di assumere prove ex officio, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, (sez. 6 n. 4336 del 9/11/1994, Rv. 200657).

Il primo motivo di ricorso, fondato sulle medesime ragioni giuridiche poste alla base del motivo testè esaminato, ma volto a far dichiarare l’abnormità del provvedimento adottato dal tribunale, è, invece infondato; difatti l’ordinanza impugnata, pur essendo stata emessa in violazione di legge, per le ragioni sopra evidenziate, non può essere considerata abnorme, essendo possibile esperire avverso di essa, come è avvenuto nel caso di specie, ricorso per cassazione a norma dell’art. 391 c.p.p., comma 4.

4. Sulla base delle su esposte considerazioni l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio con riferimento al secondo motivo di ricorso con trasmissione degli atti al tribunale di Salerno.

 

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Salerno.

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