Il rapporto di filiazione può essere provato con…

Redazione 21/02/14
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Ritenuto in fatto

1. – M.L. propose domanda diretta ad ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità, assumendo di essere figlia di A.S., deceduto il 14 febbraio 1992. La domanda fu accolta con sentenza del Tribunale di Lecce del 24 settembre 1997, annullata nel 2001 dalla Corte d’appello di Lecce, che rimise la causa al primo giudice per l’integrazione del contraddittorio.
2. – La L. propose una nuova domanda allo stesso Tribunale, che, con sentenza depositata il 19 novembre 2007, dichiarò che M.L. era figlia naturale di A.S.
Avverso tale sentenza proposero appello V.S., M. e R.F., R.S. e A..M., sostenendo che i residui motivi fossero stati ritenuti assorbiti dalla sentenza, e che, quindi, non essendosi formato il giudicato sul punto, la sentenza impugnata avrebbe dovuto estromettere i fratelli F. e la M., e che, nel merito, la domanda della L. avrebbe dovuto essere ritenuta infondata per difetto di prova. Successivamente, R.S. e A..M. rinunciarono al gravame.
3. – La Corte d’appello di Lecce, con sentenza depositata il 13 luglio 2010, rigettò il gravame, ritenendo che gli elementi probatori acquisiti avessero dimostrato inequivocabilmente che la L. era figlia del S. In tal senso deponevano le dichiarazioni scritte, non contestate dai convenuti, rilasciate dal fratello del S. e da sua moglie, oltre che da un cugino dello stesso, in cui si affermava espressamente tale rapporto, che sarebbe stato riconosciuto dal S. e confermato dalla presenza presso la sua abitazione della L. all’epoca della frequenza della scuola e per qualche tempo anche della madre. A tali dichiarazioni si aggiungeva la documentazione fotografica prodotta dall’attrice, che confermava la presenza della L. presso l’abitazione del S. in diversi periodi della sua vita. Ulteriori elementi di prova si desumevano, secondo la Corte di merito, da numerose deposizioni e dalla mancata comparizione senza giustificato motivo delle parti contumaci e di M. e R.F. all’udienza fissata per il loro interrogatorio formale.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono V.S., M. e R.F. sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso la L., che ha anche depositato memoria illustrativa.

Considerato in diritto

1. – Con l’unico motivo di ricorso si denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo. Premesso che non esisteva agli atti alcuna dichiarazione della madre della L. e che non era provata la esistenza di rapporti sessuali fra costei ed il presunto padre della L., i ricorrenti contestano, in quanto inidonei a sorreggere la decisione impugnata, tutti gli elementi indiziari valorizzati a tal fine dalla Corte di merito, quali le dichiarazioni provenienti da terzi, non confermate nelle forme della prova testimoniale; le fotografie, ritenute irrilevanti, essendo incontestato che la L. fosse vissuta per un certo periodo presso il S.; le ammissioni di alcuni convenuti, noh disinteressate, tant’è che chi le aveva rese era stato poi estromesso dal giudizio; la mancata comparizione a rendere l’interrogatorio, elemento a sua volta irrilevante, in quanto gli odierni ricorrenti, in quanto meri legatari del de cuius, non potevano essere a conoscenza di fatti riguardanti la vita di quest’ultimo e risalenti a decenni or sono. Per converso, la Corte di merito avrebbe obliterato altri elementi che militavano in senso opposto alle ragioni della L., come l’assenza di rapporti tra lei e il S. da molti anni prima della morte di lui, la mancata menzione della stessa nel testamento dell’uomo, il decorso di oltre cinquanta anni prima che la L. proponesse l’azione per il riconoscimento della paternità naturale. Aggiungono i ricorrenti che gli indizi ritenuti sufficienti dalla Corte di merito a dimostrare il rapporto di filiazione di cui si tratta erano già stati giudicati inidonei a tale scopo dalla stessa Corte con la precedente sentenza del 2001.
2. – La censura è priva di fondamento.
Il tessuto argomentativo della sentenza impugnata dà esaustivamente conto del percorso logico-giuridico seguito dalla Corte salentina per raggiungere il convincimento della sussistenza del rapporto di filiazione tra il S. e la L., del quale costei aveva chiesto il riconoscimento. Esso si fonda su di una serie di elementi indiziari risultanti dalla istruttoria espletata, articolatamente e dettagliatamente descritti nella sentenza, dalla cui concordanza il giudice di secondo grado ha motivatamente e non illogicamente – e perciò incensurabilmente – desunto la fondatezza della domanda della L.
3. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione del principio della soccombenza, le spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo, devono essere poste a carico dei ricorrenti in solido.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi euro 2700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

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