Il ragioniere non è dottore commercialista neppure dopo l’istituzione dell’Albo unico (Cass. n. 4796/2013)

Redazione 26/02/13
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Svolgimento del processo

M.V., abilitato fin dal 1986 all’esercizio della professione di ragioniere commercialista e iscritto nella sezione A Commercialisti dell’Albo unificato dei dottori commercialisti e degli Esperti Contabili, a seguito del conseguimento, nell’aprile del 2006, della laurea specialistica in Economia e Organizzazione Aziendale, chiese al competente Ordine il riconoscimento del titolo di dottore commercialista. L’istanza fu rigettata e la decisione venne confermata dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti.

Il Tribunale di Melfi respinse l’impugnativa del M..

Proposto dal soccombente gravame avverso tale provvedimento, la Corte d’appello di Potenza lo ha rigettato con sentenza del 28 gennaio 2011.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte M. V., formulando un solo motivo, illustrato anche da memoria, e notificando l’atto al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e al Procuratore ******** presso la Corte d’appello di Potenza.

Gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva.

Il ricorso è stato in un primo momento avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., con relazione che ne assumeva l’infondatezza.

Nell’adunanza del 17 aprile 2012 la Corte ha tuttavia disposto che la trattazione avvenisse all’udienza pubblica.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1 Con l’unico motivo l’impugnante denuncia vizi motivazionali in ordine all’interpretazione del disposto del D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 61, accolta dal giudice di merito. Sostiene che un’esegesi della norma costituzionalmente orientata imporrebbe di ritenere che il riferimento operato dal sesto comma della stessa alla precedente iscrizione dei ragionieri e periti commerciali nell’apposito albo, non escluda il riconoscimento del diverso titolo di dottore commercialista a quanti abbiano conseguito la laurea in Scienze Economiche – Aziendali. Aggiunge che, ove dovesse ritenersi insuperabile il dato letterale, andrebbe sollevata questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 61, comma 6, art. 63, commi 1 e 4, art. 64, comma 4, in riferimento all’art. 3 Cost..

2 Le critiche svolte non hanno pregio per le seguenti ragioni.

Occorre muovere dalla considerazione che la soppressione, a far data dal 1 gennaio 2008, degli Ordini dei dottori commercialisti e dei Collegi dei ragionieri e periti commerciali, già istituiti nei circondari di tribunale a norma del D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067, art. 6, e la creazione, al loro posto, di un unico Ordine territoriale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, ad opera del D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 58, non ha affatto eliminato la distinzione tra le due categorie nè, coerentemente, quella dei requisiti di accesso all’una e all’altra.

E’ sufficiente al riguardo considerare:

a) che l’Albo, ancorchè unico, è tuttavia diviso in due Sezioni, denominate rispettivamente, Sezione A Commercialisti, Sezione B – Esperti contabili (art. 34);

b) che, per l’iscrizione dei dottori commercialisti nella Sezione A – Commercialisti è necessario non solo il possesso di una laurea magistrale in scienza dell’economia o in scienze economico-aziendali, ovvero altra equipollente, ma il superamento dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di dottore commercialista; laddove, per l’iscrizione nella Sezione B – Esperti contabili è necessario, oltre al possesso del titolo di studio previsto, il superamento dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione, secondo le norme ad esso relative (art. 36);

c) che l’art. 39 del decreto, fatte salve le previsioni delle disposizioni transitorie (sulle quali subito si tornerà), attribuisce agli iscritti nella Sezione A Commercialisti il titolo professionale di “dottore commercialista”, e agli iscritti nella Sezione B Esperti contabili quello di “esperto contabile”, segnatamente rimarcando, al comma 2, che il termine “commercialista” può essere utilizzato solo dagli iscritti nella Sezione A Commercialisti dell’Albo;

d) che l’art. 40, dopo avere stabilito che l’abilitazione all’esercizio della professione esige il superamento dell’esame di Stato, all’esito del compimento di un tirocinio di durata triennale, prevede l’istituzione, presso ciascun Ordine territoriale, di un registro dei tirocinanti, diviso in due Sezioni, denominate, rispettivamente, tirocinanti commercialisti e tirocinanti esperti contabili, finalizzate alla successiva iscrizione nelle corrispondenti sezioni;

e) che l’art. 45, disciplinando l’esame di abilitazione all’esercizio della professione, prevede l’indizione, ogni anno, di due distinte sessioni, per l’accesso alle sezioni A e B dell’Albo, precisando all’uopo che coloro che hanno compiuto il tirocinio prescritto per accedere alla Sezione A, possono partecipare anche agli esami per l’iscrizione alla Sezione B, laddove la stessa facoltà non hanno coloro che hanno compiuto il tirocinio prescritto per accedere alla Sezione B. 3 Questi essendo i punti salienti del contesto normativo di riferimento, per quanto concerne la disciplina a regime dell’Ordine e dei suoi iscritti, l’interpretazione delle disposizioni transitorie deve pervenire a risultati con essa coerenti.

Ora, è ben vero che l’art. 61, comma 4, nel regolamentare il passaggio dal vecchio al nuovo sistema, ha previsto l’iscrizione di coloro che alla data del 31 dicembre 2007 fossero inseriti nell’Albo dei dottori commercialisti o in quello dei ragionieri e periti commerciali, nella Sezione A Commercialisti dell’Albo, ma gli effetti che il ricorrente pretende trarre da tale iscrizione – e cioè la possibilità di avvalersi del titolo di dottore commercialista in ragione del conseguimento di un titolo di laurea astrattamente abilitante, senza avere sostenuto e superato il relativo esame di Stato – sono smentiti dalle disposizioni contenute negli altri commi dell’art. 61 e sono, in ogni caso, distonici rispetto al sistema.

4 Sotto il primo profilo, è sufficiente considerare che i due capoversi successivi della norma transitoria, precisano: a) che l’iscrizione avviene con l’indicazione, relativamente a ciascun professionista, di tutti i contenuti previsti dall’art. 34, comma 6, tra i quali, è bene rimarcarlo, vi è il titolo professionale e di studio posto a base dell’iscrizione (comma 5); b) che agli iscritti nella Sezione A, già iscritti nell’Albo dei dottori commercialisti spetta il titolo di “dottore commercialista”, mentre agli iscritti nella Sezione A, già iscritti nell’albo dei ragionieri e periti commerciali spetta il titolo di “ragioniere commercialista” (comma 6).

5 Sul piano sistematico, la pretesa del ricorrente rappresenta un approdo esegetico profondamente incoerente rispetto alla disciplina a regime delle iscrizioni nell’albo unico, disciplina che, per quanto testè detto, tiene ferma la distinzione tra dottori commercialisti ed esperti contabili e la loro iscrizione in due sezioni separate del medesimo albo.

6 In tale contesto non solo l’interpretazione della normativa di riferimento accolta dal giudice di merito è esente da sospetti di incompatibilità con i principi costituzionali, ma è semmai l’esegesi proposta dal ricorrente difficilmente con essi compatibile, nella misura in cui viene a creare, per i professionisti già iscritti nell’albo dei ragionieri e periti commerciali al 31 dicembre 2007 e poi passati, in forza della norma transitoria di cui all’art. 61, nella Sezione A Commercialisti, un percorso preferenziale per l’acquisizione della qualifica di dottore commercialista.

7 L’assunto secondo cui, posto che il superamento dell’esame di abilitazione darebbe diritto esclusivamente alla iscrizione nella sezione A dell’Albo, già riconosciuta all’esponente in forza della disciplina transitoria, chi, alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, fosse stato iscritto nel soppresso Albo dei ragionieri commercialisti, neppure avrebbe la possibilità di effettuare il tirocinio triennale, per potere sostenere l’esame di abilitazione (confr. pag. 3 della memoria), è errato e specioso.

Come già innanzi evidenziato (al punto 3), anche nel regime transitorio, che ha previsto l’iscrizione nella sezione A dell’Albo sia dei dottori commercialisti, sia dei ragionieri e periti commerciali, resta ferma la distinzione tra le due categorie professionali e nulla autorizza a ritenere che per avvalersi del titolo di dottore commercialista sia necessario e sufficiente il solo conseguimento di una laurea magistrale.

Il ricorso è respinto.

La mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa preclude ogni pronuncia in ordine alle spese di causa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Redazione