Il personale delle U.S.L. che svolge compiti ispettivi oltre il raggio di dieci chilometri dalla ordinaria sede di servizio non ha diritto a percepire l’indennità di missione (Cons. Stato n. 5526/2012)

Redazione 30/10/12
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FATTO e DIRITTO

1.- Con sentenza n. 602 del 29 dicembre 2000 il T.A.R. per il Molise ha accolto il ricorso proposto dal sig. N. C. – all’epoca in servizio presso l’U.S.L. n. 5 di Campobasso con la qualifica di assistente tecnico (ispettore di igiene) – avverso il provvedimento, n. 1425 del 29 settembre 1994, con il quale l’Amministratore straordinario della citata U.S.L., a seguito di parere della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, aveva disposto il recupero delle somme erogate a titolo di indennità di missione dal 1989 al 1992.

In particolare, il T.A.R. ha ritenuto che le funzioni ispettive rese dal ricorrente oltre il raggio di dieci chilometri dalla sede di servizio non potevano farsi rientrare, ai sensi dell’art. 43 del D.P.R. n. 761 del 1979 e dell’art. 3 della legge n. 863 del 1973, negli ordinari compiti della qualifica, con la conseguenza che l’interessato aveva diritto al pagamento dell’indennità di missione per le funzioni svolte.

2.- Avverso l’indicata sentenza ha proposto appello l’A.S.L. n. 3 Centro Molise che, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione della presupposta nota n. 4439 del 17.6.1993 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sui criteri per il riconoscimento del compenso indennitario, della nota della Ragioneria dello Stato n. 110881 del 21.4.1993, richiamata nella citata nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché dei precedenti atti deliberativi della U.S.L. n. 1683/93 e n. 1931/93 di recepimento di detto parere. Nel merito l’A.S.L. n. 3 ha poi negato la sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’indennità di missione.

3.- Si può prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado (per l’omessa impugnazione di atti presupposti) perché l’appello risulta fondato nel merito.

3.1.- Si deve al riguardo ricordare che l’art. 3 della legge n. 836 del 18.12.1973, contenente norme per il trattamento di missione e di trasferimento dei dipendenti statali, così come sostituito dall’art. 5 della legge n. 417 del 26.7.1978, stabilisce, al terzo comma, che l’indennità di trasferta, di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 761 del 1979, non è dovuta per le missioni compiute:

« a) nelle ore diurne, quando siano inferiori alle quattro ore. Agli effetti del computo si sommano i periodi di effettiva durata interessanti la stessa giornata;

b) nella località di abituale dimora, anche se distante più di 10 chilometri dall’ordinaria sede di servizio;

c) nell’ambito della circoscrizione o zona quando la missione sia svolta come normale servizio d’istituto dal personale di vigilanza o di custodia, quali, in particolare, ufficiali e guardiani idraulici, ufficiali e guardiani di bonifica, cantonieri stradali;

d) nelle località distanti meno di 10 chilometri dalla residenza comunale, ovvero dall’ufficio o impianto dove il dipendente presta servizio se questi ultimi sono ubicati in località isolate».

3.2.- Facendo applicazione della citata disposizione, si deve ritenere che all’appellato, come sostenuto dall’amministrazione, non poteva spettare, per la qualifica rivestita e per le funzioni ad essa riconducibili, l’indennità di missione.

Infatti il citato art. 3, terzo comma, lett. c) della legge n. 836 del 1973, espressamente prevede, con una elencazione di attività meramente esemplificativa, che, per alcune categorie di personale, l’indennità di trasferta, per la peculiare natura delle funzioni espletate e per i compiti ad esse riconducibili, non deve essere corrisposta.

Fra i soggetti che devono ritenersi compresi nella disposizione di cui all’art. 3, terzo comma, lett. c) della legge n. 836 del 1973 vi sono gli ispettori di igiene, chiamati a svolgere in via ordinaria compiti ispettivi e di vigilanza (dell’igiene e della sicurezza di luoghi produttivi e di lavoro) sul territorio, anche in località distanti oltre 10 chilometri dalla sede dell’ufficio di appartenenza, ma comunque nell’ambito della sede di servizio non necessariamente coincidente con la circoscrizione di una singola Unità Sanitaria Locale.

3.3.- Si deve, in particolare, escludere sia il carattere di temporaneità ed eccezionalità della missione in luogo diverso da quello di servizio – che ai sensi dell’art. 43 del D.P.R. n. 761 del 1979 costituiva il presupposto per l’erogazione del trattamento indennitario – sia la sussistenza di un aggravio rispetto agli ordinari compiti della qualifica che, come detto, per definizione richiedevano l’esercizio di funzioni ispettive di vigilanza nell’intero ambito territoriale del presidio multizonale.

3.4.- D’altra parte, la finalità della normativa in esame, come si evince in particolare dalla lettera c) dell’art. 3 della legge n. 836 del 1973, è quella di non riconoscere il trattamento di missione qualora, come è stato affermato nella citata nota ministeriale, «gli spostamenti compiuti dal dipendente, per l’espletamento dei compiti cui è preposto, rientrano nel quadro organizzativo e funzionale dei servizi e, pertanto diventano contenuto normale della prestazione».

3.5.- Si deve aggiungere che anche questo Consiglio di Stato aveva già affermato che il personale delle U.S.L. chiamato ad esplicare compiti ispettivi oltre il raggio di dieci chilometri dalla ordinaria sede di servizio non ha diritto a percepire l’indennità di missione (Sez. V^, n. 6740 del 31 dicembre 2008, n. 1156 del 21 ottobre 1997). E lo stesso T.A.R. per il Molise, mutando l’orientamento espresso nella sentenza appellata, ha ritenuto, nella più recente sentenza n. 191 dell’8 maggio 2009, in analoga fattispecie, non dovuto il trattamento di missione ai dipendenti U.S.L. addetti ad attività di controllo e vigilanza per il cui espletamento dovevano necessariamente, con carattere di continuità, allontanarsi dall’Ufficio, Presidio o Distretto sanitario dove risultavano organicamente assegnati.

4.- In conclusione, per gli esposti motivi, all’appellato non potevano spettare le indennità in questione, rientrando l’attività da lui svolta nel quadro organizzativo e funzionale dei servizi ai quali era stato assegnato e risultando tale attività dovuta per il compimento di doveri inerenti all’ordinaria attività lavorativa.

L’appello risulta quindi fondato e deve essere accolto, con l’integrale riforma della appellata sentenza del T.A.R. per il Molise.

Tenuto conto della natura della controversia e del tempo trascorso si ritiene di disporre la compensazione integrale fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Per l’effetto, in riforma della appellata sentenza del T.A.R. per il Molise, respinge il ricorso proposto in primo grado dal sig. N. C..

Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2012

Redazione