Il perito di parte non può chiedere la liquidazione del proprio onorario come spesa di giustizia in quanto non è un ausiliario del giudice (Cass. n. 340/2013)

Redazione 09/01/13
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Svolgimento del processo

Con provvedimento del 23 marzo 1991, il Giudice delegato del Fallimento Nuovo Centro Diffusione Moda S.r.l. nominava il geometra F.A. perito di parte, al fine di rappresentare la Curatela nella procedura instaurata nei confronti della Compagnia Card Assicurazioni, diretta a liquidare il danno conseguente all’incendio che si era verificato il 29 gennaio 1991 nella sede della società fallita, per il quale sussisteva la copertura assicurativa; tale mandato faceva seguito ad analogo incarico precedentemente conferito dalla società e che si era risolto in conseguenza della sentenza di fallimento; all’esito dell’attività, il geometra addiveniva alla sottoscrizione di un verbale di accordo conservativo con il perito della compagnia assicuratrice, con il quale il danno veniva liquidato in ragione di lire 3.484.000.000. Il geometra inviava al curatore la propria parcella corredata del visto di conformità del collegio professionale per l’importo di complessive lire 255.046.730, ma il G.D. prima ed il Tribunale poi negavano il compenso, sul presupposto che l’onorario doveva essere liquidato secondo la normativa dei consulenti tecnici d’ufficio e non già secondo la tariffa professionale. In esito al ricorso proposto dal geom. F., la Suprema Corte, con sentenza n. 11604 del 1997, in parziale accoglimento del ricorso, cassava con rinvio il provvedimento di diniego pronunciato dal Tribunale di Brindisi, rilevando che l’incarico conferito al geometra dal curatore su autorizzazione del giudice delegato doveva considerarsi rientrare nello schema del mandato, nuovo ed autonomo rispetto a quello a suo tempo conferito dalla società in bonis, il cui compenso doveva essere determinato ai sensi dell’art. 1709 c.c., e quindi liquidato sulla base della tariffa professionale o secondo gli usi, e in mancanza secondo la determinazione del giudice, e tale principio non soffriva deroga nel caso dell’incarico conferito dal giudice delegato, perchè il geom. F., “agendo in base ad un negozio di tipo privatistico, deve essere considerato a tutti gli effetti come un perito di parte e non come un ausiliario del giudice”.

In sede di rinvio, il Tribunale di Brindisi liquidava al geom. F. la somma di lire 255.046.730, oltre interessi e spese; il geometra provvedeva a richiedere tale importo oltre interessi e spese al curatore, che rispondeva che l’importo sarebbe stato pagato in prededuzione non appena vi fosse stato attivo sufficiente; non avendo ricevuto alcun pagamento, il F. reiterava la richiesta e, avendo appreso che nell’attivo non vi era alcuna somma disponibile, chiedeva che la liquidazione di quanto dovutogli fosse corrisposta dall’Erario.

Con provvedimento del 20 febbraio 2006, il Giudice delegato del Tribunale di Brindisi negava il compenso di pertinenza del geometra, per non rientrare detto compenso nella previsione dell’art. 146 del T.U. spese di giustizia, in quanto l’incarico rientrava dalla figura del mandato, per cui il professionista non poteva considerarsi un ausiliare del giudice.

Il geom. F. proponeva reclamo al Tribunale, che con provvedimento del 19 aprile 2006, depositato in cancelleria il 9 maggio 2006, ha respinto l’impugnativa, rilevando che, sulla base della pronuncia della Corte di cassazione, l’attività resa dal geom. F. va inquadrata nella fattispecie del mandato e per tale ragione il compenso non può in alcun modo rientrare nell’ambito delle spese di giustizia D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 146, trattandosi di attività svolta per esigenze di gestione della procedura fallimentare, ma deve essere collocato in prededuzione e soddisfatto secondo l’ordine di graduazione di cui alla *******., art. 111, nei limiti delle disponibilità di cassa del Fallimento.

Propone ricorso per cassazione il geom. F.A. sulla base di tre motivi. La Procedura non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 146, comma 3, per doversi ritenere che sono ausiliari del Giudice tutti coloro che hanno ricevuto dall’Ufficio fallimentare un mandato professionale per lo svolgimento di un incarico di interesse della massa, e non solo i Consulenti d’ufficio ex art. 61 c.p.c., e tale interpretazione trova conforto nella pronuncia della Corte Cost. 174/2006, che ha dichiarato l’incostituzionalità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 146, comma 3, nella parte in cui non prevede che siano anticipate dall’Erario le spese e gli onorari del Curatore.

1.2.- Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di contraddittorietà, illogicità della motivazione sul fatto controverso, della pretesa applicabilità dell’art. 146 cit. all’attività svolta in esecuzione di mandato.

Il fatto che il Consulente di parte svolga l’attività in forza di un mandato non è in contrasto con la figura dell’ausiliare ex art. 146 cit..

1.3.- Col terzo motivo, il ricorrente, in subordine, prospetta la questione di costituzionalità dell’art. 146 del T.U. spese di giustizia ove interpretato come ha fatto il Tribunale, per contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost..

2.1- I primi due motivi, da valutarsi congiuntamente in quanto strettamente collegati, sono infondati.

Nella pronuncia 11604/1997, resa da questa Corte sul ricorso del geom. F.A. nei confronti del Fallimento della s.r.l. Nuovo Centro Diffusione, è stato affermato che l’incarico conferito al F. dal giudice delegato nell’ambito della procedura fallimentare (e di cui si discute anche nel presente giudizio) rientra nello schema del mandato, da compensarsi secondo le regole stabilite per il mandato, e quindi secondo la tariffa professionale, o secondo gli usi, o in mancanza, secondo la determinazione del giudice ex art. 1709 c.c., e che “tale principio non subisce deroga nel caso in cui l’incarico sia stato conferito dal giudice delegato nell’ambito della procedura fallimentare, perchè, in tal caso, il soggetto incaricato di svolgere una perizia contrattuale nell’interesse della curatela, agendo in base ad un negozio di tipo privatistico, deve essere considerato a tutti gli effetti come un perito di parte e non come un ausiliario del giudice”.

Orbene, deve ritenersi coperta da giudicato la statuizione sulla natura del contratto che è intercorso tra il Fallimento ed il F., quale contratto di mandato, come correttamente inteso dal Giudice del merito; da ciò consegue pianamente che il perito non può rientrare nella categoria degli “ausiliari del magistrato” ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 146, categoria che è caratterizzata proprio dalla mancanza di un rapporto contrattuale (sul principio, vedi tra le ultime, la pronuncia 19399/2011). Nè la tesi del ricorrente trova conforto nel richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 174 del 2006, atteso che detta pronuncia è pervenuta alla declaratoria di incostituzionalità per l’esclusione dell’anticipazione da parte dell’Erario delle spese e degli onorari del curatore, in quanto la Corte si è esplicitamente basata sull’incarico del curatore,quale ausiliare della Giustizia, posizione che differenzia in radice detta fattispecie da quella oggetto della presente controversia.

2.2.- La questione di costituzionalità sollevata dal ricorrente in subordine con il terzo motivo è manifestamente infondata.

Ed invero, è palesemente infondata la censura di violazione dell’art. 3 Cost., non potendosi paragonare situazioni e categorie non assimilabili, la cui differenziazione sostanziale è l’esistenza o meno del vincolo privatistico, e quindi intrinsecamente diverse e diversamente regolate. Anche la questione di costituzionalità sollevata in riferimento all’art. 36 Cost. è manifestamente infondata, atteso che, nell’interpretazione data, non si nega in alcun modo la debenza delle competenze, da cui evidentemente si distingue il profilo della realizzazione del credito.

2.3.- Il ricorso va quindi respinto. Nulla sulle spese, non essendosi la Procedura costituita.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

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