Il periodo di congedo straordinario è equiparato a quello in cui viene svolta attività lavorativa per l’amministrazione di appartenenza per tutti gli effetti giuridici ed economici (Cons. Stato n. 3161/2013)

Redazione 10/06/13
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FATTO

Nel 2002, il tenente colonnello in s.p.e. G., allora maggiore, vinceva il concorso per l’ammissione al Corso di dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi di Milano in Scienza dello sviluppo prenatale, diagnosi e terapia fetale, e chiedeva, con nota 6 marzo 2002, di essere collocato in congedo straordinario per motivi di studio ai sensi dell’art. 2 L 13.8.1984, n. 476.

Con nota del 5.4.2002, comunicava altresì all’Università la propria rinuncia alla borsa di studio, optando successivamente per il mantenimento del trattamento economico spettantegli come ufficiale in servizio permanente effettivo.

Successivamente, essendogli stato rappresentato dal Ministero della Difesa che il collocamento in aspettativa avrebbe comportato la perdita del beneficio dell’avanzamento in carriera, il maggiore chiedeva di essere comunque considerato in congedo straordinario per motivi di studio, pur continuando a non percepire la borsa di studio.

Gli veniva, quindi, comunicato, con nota del 28 gennaio 2003, il definitivo collocamento in congedo straordinario senza assegni per motivi di studio.

L’interessato, sul rilievo che l’art. 2 l. n. 478/1984 riconosce, per il caso di rinuncia a percepire la borsa di studio, il diritto alla conservazione del trattamento economico, proponeva ricorso al Tar per sentire annullare la predetta nota ed accertare il suo diritto al mantenimento del trattamento economico.

Il Tar, pur dando atto del diritto riconosciuto dalla norma surrichiamata allo studente che rinuncia alla borsa di studio di mantenere il trattamento economico in godimento presso l’amministrazione di appartenenza, respingeva il ricorso, qualificando come revoca della rinuncia alla borsa di studio la nota in data 9.12.2012, con la quale il maggiore G. chiedeva di essere collocato in congedo straordinario per motivi di studio.

Propone appello l’interessato, negando che la propria richiesta di essere posto in congedo straordinario comportasse la revoca alla rinuncia alla borsa di studio, che in effetti non aveva mai percepito, come attestato dall’Università degli Studi di Milano.

Chiede, pertanto, la riforma della sentenza di primo grado.

Le Amministrazioni intimate si sono costitute in giudizio per resistere all’appello.

All’udienza del 30 aprile 2013, in vista della quale il ricorrente ha depositato memoria ad ulteriore illustrazione dell’impugnazione, l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e va accolto.

I fatti , come riferiti dall’appellante, risultano confermati dalla documentazione versata in atti ed, in particolare, dall’atto di rinuncia della borsa di studio in data 5.4.2002 e dalla richiesta di collocamento in congedo straordinario per motivi di studio in data 9.12.2012, dalla quale non si evince in alcun modo una revoca della precedente rinuncia alla borsa di studio (peraltro, da indirizzarsi all’Università e non già al Ministero della Difesa), ma solo la chiara volontà del maggiore G. di essere considerato in una posizione tale da consentirgli il godimento dei pieni diritti in materia di riconoscimento del periodo di corso di dottorato ai fini della progressione in carriera e del trattamento di quiescenza e previdenza, garantito dall’art. 2 l. n. 478/1984, come novellata dall’art. 52, comma 57, della legge 28.12.2001, n. 448.

E’ stata altresì acquisita l’attestazione, pervenuta in data 14 gennaio 2013, dell’Università degli Studi di Milano, richiesta a seguito dell’ordinanza di questa Sezione n. 379/2012, dalla quale risulta che il dott. G. ha sostenuto l’esame in data 2.3.2005 , conseguendo il relativo dottorato di ricerca, e che “non risulta dagli atti che l’interessato abbia fruito di borsa di studio”.

Ciò rilevato in punto di fatto, vale il principio, recato dall’art. 2 l. n. 478/1984, per cui il periodo di congedo straordinario è equiparato a quello in cui viene svolta attività lavorativa per l’amministrazione di appartenenza per tutti gli effetti giuridici ed economici (Cons. St. Sez. VI, 4.9.2007, n. 4628; 30.12.2005, n. 7590). La ratio della disposizione è da ricercarsi, come riconosciuto dallo stesso Tar, nella necessità di riservare un trattamento di favore al vincitore del corso di dottorato, per assicurare il godimento di un diritto costituzionalmente garantito, preservando le condizioni economiche derivanti dal trattamento goduto in costanza di lavoro nonché tutti i diritti di progressione in carriera , di previdenza e di quiescenza.

E’, invero, facoltà dell’interessato optare per la borsa di studio – come previsto dal primo periodo dell’art. 2 – ovvero, in caso di ammissione a corsi di dottorato senza borsa di studio, o di rinuncia ad essa, conservare il trattamento economico in godimento presso l’amministrazione presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro- come previsto dal secondo periodo della stessa disposizione – dovendo in entrambi i casi essere garantiti i benefici di legge, sotto il profilo della progressione in carriera e della validità del periodo di dottorato ai fini previdenziali.

Nella specie, il ricorrente ha optato, fin dal 5.4.2002, per la rinuncia alla borsa di studio, sicchè del tutto ininfluente, ai fini considerati, appare l’incertezza interpretativa manifestata da parte del Ministero sulla portata dell’art. 2, nonchè la reiterazione dell’interessato della propria volontà di godere di tutti i benefici di legge, una volta accertato – come in effetti è stato attestato dall’Università – che egli non ha percepito la borsa di studio durante il corso di dottorato, avendovi rinunciato, né il trattamento economico.

L’appello deve, pertanto, essere accolto, con conseguente condanna dell’Amministrazione della Difesa al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.

Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio che si liquidano in euro 2.000,00 (duemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2013

Redazione