Il parere della corte dei conti sull’applicazione dell’art 2697 cc (Corte dei Conti Sent. N.184/2012)

Lazzini Sonia 30/05/12
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Preliminarmente si osserva che, in base all’art. 2697 ,I comma,del c.c., chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.

non ogni condotta diversa da quella doverosa implica colpa grave ma solo quella che sia caratterizzata da particolare negligenza,imprudenza od imperizia e che sia posta in essere senza l’osservanza,nel caso concreto,di un livello minimo di diligenza,prudenza o perizia;occorre precisare,inoltre,che tale livello minimo dipende dal tipo di attività concretamente richiesto all’agente e dalla sua particolare preparazione professionale,in quel settore della P.A. al quale è preposto

La conseguenza pratica della applicazione di tale principio sul piano processuale è che “onus probandi incumbit ei qui dicit “ e “actore non probante reus absolvitur”.

Nell’ambito poi dei procedimenti finalizzati all’applicazione di una sanzione ovvero al riconoscimento di un diritto di natura risarcitoria è principio di civiltà giuridica,costantemente ribadito dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, quello in base al quale le lacune probatorie dell’attore non possono agire a suo favore ma al contrario giovano all’incolpato ovvero al soggetto chiamato a risarcire il danno “..in dubio pro reo”.

Il secondo comma dell’art. 2697 del c.c. poi individua esattamente l’onere probatorio del convenuto precisando che :“..Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.

La conseguenza pratica della applicazione di tale principio sul piano processuale è che “reus in excipiendo fit actor”: ossia sul convenuto ,in fase di eccezione ,grava lo stesso onere probatorio dell’attore in fase di azione con tutte le conseguenze processuali che ne derivano nell’ipotesi di lacune probatorie.

Applicando tali principi al giudizio di responsabilità amministrativa sul PM grava l’onere di provare:

l’elemento oggettivo dell’illecito contabile (condotta,evento [rectius: danno patrimonialmente valutabile] e nesso di causalità;

l’elemento soggettivo dell’illecito contabile (dolo o colpa grave).

Invece spetta al convenuto provare la fondatezza delle eccezioni fatte valere in giudizio (eccezione di difetto di giurisdizione,di incompetenza nullità o inammissibilità della citazione,prescrizione,compensatio lucri cum damno etc.).

Il mancato assolvimento dell’onere della prova comporta per la parte inadempiente la soccombenza processuale sul punto controverso e non provato.

Sentenza collegata

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