Il mancato adeguamento dei sistemi di controllo e di allerta entro i termini stabiliti comporta una lesione del diritto ad una tariffazione trasparente (TAR Lazio, Roma, n. 6668/2013)

Redazione 08/07/13
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FATTO

Con l’odierno gravame Telecom Italia s.p.a. propone impugnativa avverso la delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 357/12/CONS, che ha irrogato all’impresa una sanzione amministrativa pecuniaria di 116.000,00 euro “per la mancata ottemperanza dell’articolo 2 della delibera n. 326/10/CONS per non aver assicurato agli utenti segnalanti le garanzie previste dalla citata normativa nelle ipotesi di bill shock per traffico dati sulle reti di telefonia mobile” e gli atri atti indicati in epigrafe.
Espone al riguardo al società che l’Autorità adottava il 1° luglio 2010 la delibera n. 326/10/CONS recante “misure di tutela degli utenti dei servizi di comunicazione mobilie personali”, la cui finalità principale è quella di introdurre misure volte a evitare o quanto meno a ridurre l’incidenza sugli utenti del fenomeno del “bill shock” nella trasmissione dati in mobilità, ossia dei casi di addebiti onerosi per traffico dati inconsapevole.
Con specifico riferimento alle offerte a forfait (che rendono disponibile una determinata quantità di traffico dati – plafond – a fronte di un canone determinato) la delibera impone di adottare sistemi di allerta e di blocco automatico della connessione al raggiungimento di determinati livelli di spesa
Si tratta dei sistemi di:
– “alert”, ovvero della comunicazione del raggiungimento di una certa soglia di consumo percentuale rispetto al plafond, del traffico residuo disponibile, della tariffa a consumo per l’eventuale superamento del plafond;
– blocco automatico del collegamento dati, salvo diversa indicazione dell’utente in forma scritta, all’esaurimento totale del credito residuo di cui sopra, senza oneri e addebiti per il cliente.
L’art. 3 della delibera in parola prescriveva di adottare le predette misure entro il 31 dicembre 2010, ovvero quattro mesi dopo la pubblicazione della delibera, avvenuta il 19 agosto.
In data 11 ottobre 20102 Telecom Italia presentava insieme ad altri operatori del settore, anche per il tramite dell’associazione rappresentativa ASSTEL, istanza di revisione di alcune prescrizioni della delibera di cui sopra, concernente anche le predette misure, ritenute eccessivamente complesse. Veniva richiesto al contempo lo spostamento al 31 dicembre 2011 del termine fissato per la loro adozione.
L’Autorità in data 19 ottobre 2010 convocava in audizione ASSTEL e alcuni rappresentanti degli operatori, cui seguiva una nuova istanza di ASSTEL di specificazione delle posizioni degli stessi.
In data 4 novembre 2010 l’Autorità richiedeva di illustrare il dettaglio dei processi aziendali necessari all’implementazione delle iniziative tecniche e misure richieste, al fine di vagliare la congruità della richiesta di deroga al termine.
In tale ambito il 10 novembre 2010 Telecom Italia rappresentava che con il miglior sforzo ragionevolmente effettuabile avrebbe potuto attuare le misure entro il luglio 2011 (come poi effettivamente avvenuto), tenuto conto di un’accettazione in tempi brevi delle proposte di modifica.
Nel silenzio dell’Autorità, Telecom Italia interponeva ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso la delibera in parola. Il ricorso allo stato pende innanzi a questo Tribunale con il n. R.G. 872/2011.
Con nota 30 dicembre 2010, prot. n. 225 del 4 gennaio 2011, l’Autorità respingeva le richieste degli operatori.
Telecom Italia impugnava innanzi a questo Tribunale il predetto diniego (R.G. n. 1109/2011).
Infine, ricevute da parte di cinque utenti segnalazione inerenti la mancata fruizione delle garanzie attinenti il bill shock per il traffico dati sulle reti di telefonia mobile, l’Autorità avviava nei confronti di Telecom il procedimento volto a verificare la mancata ottemperanza per ciascuno dei cinque casi dell’art. 2 della delibera n. 326/10/CONS.
Nel corso del procedimento, Telecom Italia presentava le proprie giustificazioni, richiamando le già illustrate difficoltà tecniche di implementare i meccanismi di protezione di cui trattasi nei termini previsti in delibera, rilevando come tutte le segnalazioni fossero riferite al periodo gennaio-luglio 2011, ovvero al segmento temporale interessato dalla richiesta di proroga, nonché rappresentando di aver emesso a favore dei cinque clienti note di credito per il traffico eccedente la soglia di spesa massima previste nella delibera in parola, così assicurando la finalità della delibera.
L’Autorità respingeva le predette giustificazioni, irrogando la sanzione amministrativa pecuniaria qui gravata, avverso la quale la ricorrente indirizza le seguenti censure.
1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della delibera AGCOM n. 326/10/CONS, dell’art. 3 della legge 689/1981 – Difetto di istruttoria – carenza assoluta di motivazione – Eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità – Violazione dei generali principi di partecipazione al procedimento exlege 241/1990.
La società non avrebbe potuto essere ritenuta responsabile del ritardo nell’attuazione delle misure di cui trattasi, presidiate da un termine irragionevole, come sin da subito rappresentato da Telecom, anche in via giudiziale.
Il ritardo sarebbe stato determinato da oggettiva impossibilità tecnica.
Difetterebbe l’elemento soggettivo della violazione.
L’Autorità non avrebbe compiuto la benché minima valutazione circa la fondatezza dei rilievi della ricorrente.
Dall’incolpevole inadempimento non sarebbe comunque derivato pregiudizio ad alcun utente.
2) In via subordinata, violazione e falsa applicazione dell’art. 11, l. 689/1981 – Violazione del principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito.
La sanzione sarebbe manifestamente sproporzionata sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo.
Esaurita l’illustrazione delle illegittimità rilevate a carico degli atti gravati, la ricorrente ne domanda in via principale l’annullamento, instando in via subordinata per la riduzione della sanzione.
Costituitasi in giudizio, l’Autorità procedente illustra l’infondatezza del gravame e ne domanda il rigetto.
Parte ricorrente affida a memoria lo sviluppo delle proprie tesi difensive.
La controversia viene indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 5 giugno 2013.

DIRITTO

1. Si controverte in ordine alla legittimità del provvedimento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha accertato la mancata ottemperanza da parte di Telecom Italia s.p.a. dell’articolo 2 della delibera n. 326/10/Cons, “per non aver assicurato agli utenti segnalanti le garanzie previste dalla citata normativa nelle ipotesi di bill shock per traffico dati sulle reti di telefonia mobile”, irrogando per l’effetto alla società la sanzione amministrativa pecuniaria di 116.000,00 euro.
2. Ai fini di una miglior comprensione delle questioni agitate dalla controversia, deve essere rilevato che con delibera 1° luglio 2010 n. 326/10/Cons recante “misure di tutela degli utenti dei servizi di comunicazione mobilie personali”, l’Autorità ha introdotto misure volte a fronteggiare il fenomeno del “bill shock” nella trasmissione dati in mobilità.
Tale fenomeno si verifica quando l’utente riceve una bolletta di importo assolutamente eccessivo rispetto ai propri consumi abituali, dipendente, come rappresentato nelle difese giudiziali svolte dall’Autorità resistente, “dall’onerosità di determinati tipi di utilizzo del traffico dati e dalla mancanza di trasparenza nelle condizioni contrattuali, che spesso impedisce all’utente di comprendere adeguatamente i meccanismi di fatturazione”.
La rilevanza del fenomeno ha indotto il legislatore comunitario a intervenire a tutela dell’utente sui servizi di dati in roaming, prima con il regolamento n. 544/2009 del 18 giugno 2009, poi con il nuovo “regolamento roaming” n. 531/12 del 13 giugno 2012, prevedendo sistemi di alert e soglie di blocco automatico della spesa per il traffico dati, salvo rinunzia espressa dell’utente stesso.
A livello nazionale, l’Autorità si occupava della questione nell’ambito di un’indagine conoscitiva riguardante le condizioni di mercato e concorrenziali attuali e prospettiche svolta nel corso del 2009 sul mercato dei servizi sms, mms e in generale dei servizi dati in mobilità, i cui esiti sono racchiusi nella delibera 5 maggio 2009, n. 251/09/Cons, rilevando che:
“102. Tra le problematiche connesse all’utilizzo dei servizi dati in mobilità, si osserva anche la possibile perdita di controllo della spesa da parte dell’utente ed il conseguente generarsi di bollette di importi assai rilevanti (cd. fenomeno del bill shock) per la fruizione di servizi di navigazione internet a forfait. Tali casi possono derivare da connessioni rimaste aperte per giorni, dal passaggio automatico della navigazione su rete di altro operatore dal superamento delle soglie entro le quali il servizio viene pagato a forfait. I clienti, non sempre dotati di adeguati strumenti per essere messi al corrente del superamento della soglia a disposizione, per conteggiare i byte utilizzati extrasoglia e in roaming GPRS (pur essendo questa una modalità di connessione più lenta, gli operatori la fanno pagare di più di una connessione 3G, il che può ingenerare confusione), nonché per conoscere le aree non coperte dalla rete offerta, si possono così trovare a pagare una tariffa extrasoglia estremamente elevata”.
L’Autorità perveniva così a rilevare “l’esigenza di ulteriori miglioramenti nella trasparenza tariffaria e di prevedere soglie automatiche di blocco della spesa per il traffico dati, salvo rinuncia espressa dell’utente. In questo senso una utile indicazione proviene dal nuovo Regolamento sul roaming internazionale, che introduce un meccanismo di blocco quando la bolletta raggiunge 50 euro, o un’altra soglia più elevata a scelta del consumatore” (paragrafo 103).
Si giungeva così alla citata delibera n. 326/10/Cons, del 1° luglio 2010, che ha introdotto una serie di specifiche misure regolatorie volte a garantire un controllo effettivo della spesa da parte del consumatore attraverso la disponibilità di sistemi di allerta e di meccanismi di blocco del servizio di trasmissione dati al raggiungimento di una determinata soglia di credito o di traffico dati (di tempo o di volume) nel caso di offerte sia a forfait sia a consumo.
In tale ambito, per quanto qui di puntuale interesse, l’art. 2 della predetta delibera ha imposto agli operatori mobili l’uso di sistemi di allerta e di limiti di spesa per il traffico dati sulle reti di telefonia mobile.
Ancora più in dettaglio, il comma 1 dell’art. 2 ha stabilito che, nel caso di piani tariffari che prevedono un plafond di traffico dati tariffato a forfait, gli operatori mobili rendano disponibili gratuitamente sistemi di allerta che, al raggiungimento di una soglia di consumo pari a una percentuale del plafond di traffico (di tempo o di volume) scelta dall’utente tra diverse opzioni proposte, lo informino del raggiungimento della soglia, del residuo traffico residuo disponibile, nonché del prossimo passaggio a eventuale altra tariffa e del relativo prezzo al superamento del plafond.
Il comma 2 dello stesso art. 2 ha poi prescritto che qualora il cliente non abbia dato indicazioni diverse in forma scritta, l’operatore, all’esaurimento del plafond, interrompa il collegamento dati senza ulteriori addebiti o oneri e mediante preavviso. E’ anche previsto che la connessione sia riattivata nel più breve tempo possibile dopo il consenso espresso dell’utente.
L’art. 3 della delibera in parola ha fissato il termine ultimo per l’adeguamento degli operatori alle predette nuove misure di tutela dell’utenza alla data del 31 dicembre 2010.
3. Tanto premesso in via generale, deve a questo punto darsi conto che Telecom Italia lamenta con il primo motivo di gravame che la società non avrebbe potuto essere ritenuta responsabile del ritardo nell’attuazione delle misure sanzionato con il provvedimento in esame, perché le misure stesse sono state presidiate da un termine irragionevole, come sin da subito rappresentato da Telecom, anche in via giudiziale. Il ritardo sarebbe così stato determinato da oggettiva impossibilità tecnica, difettando, per l’effetto, sia l’elemento oggettivo che l’elemento soggettivo della violazione, oltre che qualsiasi valutazione dell’Autorità sulla fondatezza dei rilievi della ricorrente.
Al riguardo, si osserva che nessuna di tali argomentazioni risulta persuasiva.
Deve rilevarsi infatti che non è in dubbio che Telecom Italia abbia lamentato tempestivamente e con ogni mezzo la complessità tecnica delle operazioni volte alla predisposizione delle misure di cui trattasi e la stringatezza del termine finale concesso agli operatori per la loro adozione.
Risulta infatti per tabulas che, come puntualmente riferito in ricorso:
– la società e altri operatori del settore, per il tramite della propria associazione rappresentativa ASSTEL, presentavano all’Autorità in data 11 ottobre 2010 istanza di revisione di alcuni dei profili disciplinati dalla delibera e instavano al contempo per la fissazione del nuovo termine del 31 dicembre 2011 per l’adempimento dei connessi obblighi;
– il contenuto della citata istanza veniva anche illustrato da ASSTEL nel corso di un’audizione svoltasi il 19 ottobre 2010;
– faceva seguito una seconda istanza di ASSTEL del 28 ottobre 2010 di specificazione delle posizioni degli operatori. Con tale seconda istanza si proponeva il termine finale del 31 luglio 2011;
– il 4 novembre 2010 l’Autorità riscontrava tali istanze mediante la richiesta di illustrazione di una serie di elementi, volti a decidere l’eventuale avvio di un procedimento di modifica della delibera anche in relazione alla “congruità della richiesta di deroga al termine di attuazione stabilito”;
– Telecom Italia rappresentava con atto del 10 novembre 2010 che con “il migliore sforzo ragionevolmente effettuabile … e la cui conferma è subordinata ad una definizione in tempi brevi (entro il mese di novembre) delle richieste di cui al documento ASSTEL …” l’introduzione delle misure di cui trattasi entro il luglio 2011 (come poi effettivamente avvenuto);
– Telecom Italia interponeva al contempo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso la delibera in parola, nel prosieguo trasposto innanzi a questo Tribunale, ove è tutt’ora pendente con il n. R.G. 872/2011;
– l’Autorità respingeva le richieste degli operatori di modifica della disciplina in parola con nota del 30 dicembre 2010, prot. n. 225 del 4 gennaio 2011;
– Telecom Italia impugnava innanzi a questo Tribunale il predetto diniego con ricorso tutt’ora pendente (R.G. n. 1109/2011).
Ma non vi è altrettanto dubbio – nella palmare evidenza dell’insuscettibilità di tutte le predette iniziative, isolatamente e complessivamente considerate, a determinare ex se la modifica ovvero la paralisi della delibera n. 326/10/Cons o di alcuna delle sue prescrizioni – che l’Autorità non ha ritenuto di accogliere né le richieste di modifica della disciplina per cui è causa né la richiesta di spostamento del termine per l’adozione da parte degli operatori delle misure di cui trattasi a tutela dell’utenza.
Così come è certo che questo Tribunale non ha concesso alla società le misure cautelari richieste nell’ambito dei due predetti contenziosi dalla medesima qui instaurati (Sezione II, ordinanze 24 febbraio 2011, nn. 679 e 683).
Ne consegue che la data del 31 dicembre 2010 quale termine ultimo concesso per l’implementazione delle misure di cui all’art. 2 della delibera n. 326/10/Cons non ha subito alcuna modifica.
A partire dal 1° gennaio 2011, tutti gli operatori di rete di telefonia mobile, inclusa la ricorrente, erano indi tenuti ad assicurare alla loro clientela le garanzie ivi previste.
Né tale conclusione muta pur considerando la limitatissima apertura alla valutazione delle istanze di modifica della disciplina in parola avanzate degli operatori costituita dalla richiesta di chiarimenti effettuata dall’Autorità con la nota del 4 novembre 2010.
L’Organo procedente ha infatti ivi chiarito che tali elementi erano finalizzati esclusivamente a decidere l’eventuale avvio di un procedimento di modifica della delibera.
L’espressa avvertenza contenuta nella richiesta fa escludere la possibilità del formarsi di un qualsiasi legittimo affidamento o convincimento in capo agli operatori sulla certezza che la trasmissione dei predetti elementi avrebbe condotto alle sperate modifiche.
Nello stesso senso, poi, non potevano che militare la cogenza della delibera n. 326/10/Cons e la sua coerenza con la normativa comunitaria preesistente volta alla protezione dello stesso interesse, come chiarito dalla citata delibera dell’Autorità 5 maggio 2009 n. 251/09/Cons contenente gli esiti dell’indagine conoscitiva di cui sopra si è fatto accenno.
In altre parole, le sia pur serie iniziative intraprese su vari fronti per l’ottenimento di modifiche alla disciplina in parola, prive però di un buon esito, provvisorio o definitivo, non possono certo involvere in una esimente dal rispetto delle sottostanti regole per coloro che le hanno poste in essere, pena la effettività dei principi basilari del sistema sanzionatorio vigente nell’ordinamento nazionale.
Quanto all’asserita oggettiva impossibilità tecnica di rispettare il predetto termine del 31 dicembre 2010, il tema risulta proprio dei due ripetuti ricorsi, già pendenti, interposti dalla società avverso la delibera n. 326/10/Cons (R.G. 872/2011) e il diniego di una sua modifica (R.G. n. 1109/2011), piuttosto che affrontabile o lambibile dalla controversia in esame, che, per il punto in discussione, non può che accertare se le relative prescrizioni fossero sussistenti ad una certa data e se a tale data la società le abbia o meno violate.
E ad ambedue i quesiti la risposta non può che essere positiva, come, del resto, lo stesso ricorso non intende mettere in dubbio.
Resta ancora da rilevare che nella fattispecie, nella quale l’illecito si è integrato mediante la violazione di disposizioni contenute in una delibera ben nota alla società, tanto da essere stata dalla medesima avversata in tutte le predette sedi prima indicate, non sembra potersi in alcun modo invocare il difetto dell’elemento soggettivo, nella misura della coscienza e volontà della condotta richiesta dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981.
Inoltre, contrariamente a quanto rilevato dalla ricorrente, non può neanche dirsi mancata la valutazione dell’Autorità sulla fondatezza dei rilievi espressi dalla società in ordine alla fattibilità del meccanismo, anche temporale, introdotto dalla delibera n. 326/10/Cons, come testimoniato dall’avvenuta audizione del 19 ottobre 2010 e dall’espresso diniego di modifica della delibera adottato con determina del 30 dicembre 2010.
Trattandosi poi di disposizioni già vigenti, di derivazione comunitaria e chiaramente orientate alla più efficace tutela dell’utenza, secondo meccanismi già aliunde rodati, neanche l’Autorità poteva ritenersi tenuta a una puntuale confutazione di tutte le richieste di modifica della disciplina regolatoria di nuova introduzione ricevute.
Infine, Telecom Italia neanche può essere seguita laddove, sul presupposto di aver emesso, a favore dei cinque clienti che hanno effettuato le segnalazioni da cui ha preso avvio il procedimento sanzionatorio conclusosi con l’atto gravato, note di credito per il traffico eccedente la soglia di spesa massima previste nella delibera in parola, opina che dall’inadempimento non sarebbe derivato pregiudizio ad alcun utente: al riguardo, basti osservare che la censura poggia su una indebita equiparazione tra soggetti potenzialmente danneggiabili o danneggiati e soggetti denunzianti.
4. Escluso in forza delle argomentazioni che precedono che possano ravvisarsi nell’accertamento di contrarietà alla delibera n. 326/10/Cons effettuato con il provvedimento gravato le mende denunziate dalla ricorrente, può passarsi all’esame del secondo motivo di ricorso, con cui la società lamenta la sproporzionatezza della sanzione e ne domanda la riduzione giudiziale.
Il motivo è fondato nei sensi di cui appresso.
In ordine alla quantificazione della sanzione l’Autorità ha tenuto conto dell’art. 98, comma 16 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, che prevede per le violazioni quali quella in parola la possibilità per l’Autorità di comminare una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 58.000,00 ad euro 580.000,00, nonché dei criteri di cui all’articolo 11 della legge n. 689/81, e, indi, della gravità della violazione, dell’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, della personalità e delle condizioni economiche dell’agente.
Con riguardo alla gravità della violazione, l’Autorità ha tenuto conto del fatto che la condotta della società ha leso il diritto degli utenti di fruire di una maggior trasparenza nell’offerta dei servizi dati e di mezzi più efficaci per il controllo della spesa.
Con riferimento all’opera svolta per eliminare o attenuare l’infrazione, il provvedimento ha considerato che la sociètà ha rimborsato i maggiori costi fatturati e ha dichiarato di aver implementato la procedura automatizzata richiesta dalla delibera n. 326/10/Cons a decorerre dal luglio 2011.
La personalità dell’agente è stata apprezzata in riferimento all’organizzazione interna della società, sicuramente idonea a garantire ai propri clienti le misure previste, così come le condizioni economiche della società sono state ritenute tali da consentire l’applicazione della sanzione pecuniaria come determinata.
Sulla base di tutti tali elementi, l’Autorità ha determinato l’importo della sanzione amministrativa nella misura di 116.000 €, pari al doppio del minimo edittale.
Al riguardo, il Collegio ritiene che deve trovare favorevole considerazione la censura con la quale la società lamenta che l’Autorità non abbia valutato le difficoltà tecniche rappresentate da Telecom Italia.
Sul punto, si è già sopra visto come la società abbia intrapreso anche con altri operatori del settore e mediante la propria associazione rappresentativa varie iniziative finalizzate alla modifica di alcune prescrizioni della delibera n. 326/10/Cons e comunque all’ottenimento di un maggior periodo, rispetto al prefissato termine del 31 dicembre 2010, per l’effettuazione degli incombenti tecnici necessari a garantire all’utenza le condizioni previste dalla stessa delibera.
Le prime tra tali iniziative, ovvero quelle in via amministrativa dirette all’Autorità procedente, si sono concretizzate in istanze datate 11 e 28 ottobre 2010, ovvero formalizzate pressoché all’indomani della vigenza della nuova normativa, tenendo conto che la delibera n. 326/10/Cons è stata adottata il 1° luglio 2010 ma pubblicata il 19 agosto successivo, in pieno periodo estivo.
Alla data del 4 novembre 2010, ovvero a meno di due mesi dallo spirare del predetto termine del 31 dicembre 2010, l’Autorità non solo non aveva ancora preso definitiva posizione sulle predette istanze, ma avanzava – come detto – richieste istruttorie volte all’acquisizione di elementi ritenuti necessari a decidere l’eventuale avvio di un procedimento di modifica della delibera anche in relazione alla “congruità della richiesta di deroga al termine di attuazione stabilito”.
In risposta, il 10 novembre 2010 Telecom Italia, come già il 28 ottobre 2010, prefigurava il completamento degli incombenti in parola per il luglio 2011 (come poi risulta per tabulas effettivamente avvenuto).
A questo punto l’Autorità impiegava tutto il residuo lasso temporale intercorrente tra la richiesta istruttoria e lo spirare del termine del 31 dicembre 2010 per respingere le richieste di modifica, che avveniva con nota del 30 dicembre 2010.
E se è vero sia che tale rigetto è comunque intervenuto entro il termine ultimativo di cui alla delibera n. 326/10/Cons, sia che ogni questione relativa al merito di tale rigetto deve qui ritenersi come detto preclusa, essendo rimessa a altri ripetuti giudizi già in corso, è pur vero che il consistente lasso di tempo che l’Autorità ha impiegato nella conduzione del procedimento istruttorio avviatosi a seguito delle richieste di modifica di vari profili, compreso quello temporale, della nuova disciplina risulta indubitabilmente idoneo a incidere sull’apprezzamento dell’elemento della gravità della violazione, attesa la sua suscettibilità di non ulteriormente compulsare gli incombenti da porsi in essere da parte della società al fine del rispetto del termine originario recato dalla stessa delibera.
In altre parole, alla qualificazione della gravità del comportamento illecito dall’Autorità, come visto, effettuata in astratto in ragione della rilevanza del bene protetto dalla norma, non ha fatto seguito una parimenti corretta, perché proporzionata, individuazione della misura da adottare, in concreto, nei confronti dell’impresa, quale mezzo ripristinatorio dell’ambito di legalità violata.
Va pertanto accolta la domanda subordinata di riduzione della sanzione.
Ne deriva che, poiché dall’iter argomentativo dell’atto gravato il fattore relativo alla gravità dell’infrazione per come ivi apprezzata risulta determinante nella determinazione di pervenire al raddoppio del minimo edittale, la sanzione può essere rideterminata nello stesso minimo edittale e, pertanto, nell’importo pari a € 58.000,00 (euro cinquantottomila/00).
5. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere accolto in parte, quanto alla misura della sanzione irrogata alla ricorrente Telecom Italia, annullando per l’effetto, per la stessa parte, l’impugnata determinazione e rideterminando la sanzione nell’importo pari a € 58.000,00 ( euro cinquantottomila/00).
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie in parte, quanto alla misura della sanzione irrogata, annullando per l’effetto, per la stessa parte, l’impugnata determinazione e rideterminando la sanzione nell’importo pari a € 58.000,00 ( euro cinquantottomila/00).
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 giugno 2013

Redazione