Il difensore del terzo interessato non munito di procura speciale non è legittimato a ricorrere per cassazione (Cass. pen. n. 5846/2013)

Redazione 06/02/13
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Svolgimento del processo

Con decreto in data 5 aprile 2011, la Corte di appello di Napoli, 8^ sezione penale, in parziale riforma dei decreti del Tribunale di Napoli appellati dai terzi interessati A.G., V. A., D.A., V.L. e C. A., revocava la confisca di immobile sito in (omissis); Immobile sito in (omissis), beni aziendali destinati all’esercizio di impresa individuale ” Ch.An.”, totalità delle obbligazioni di cui al dossier titoli n. (omissis), due polizze a senso unico contraddistinte dai nn. (omissis), saldo del conto corrente n. (omissis); rigettava gli incidenti di esecuzione proposti dalla Banca Nazionale del Lavoro (poi divenuta Banca Unicredit s.p.a.) e della Banca Popolare di Novara. Confermava nel resto i decreti impugnati, emessi dal Tribunale di Napoli Sezione Misure di Prevenzione n. 333/2004 e n. 62/2005 con i quali era stata applicata a V.M. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di quattro anni ed era stata disposta la confisca di beni patrimoniali (quote sociali, terreni immobili, polizze, autoveicoli e saldo di conto corrente).

La Corte territoriale, rammentati i passaggi argomentativi posti a sostegno dei decreti oggetto di gravame, riteneva non esservi questione in ordine alla pericolosità qualificata di V.M. (fondata sulle accertate attività di associazione per delinquere finalizzate allo spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni perpetrate con metodo camorrista, minacce, intimidazioni e contiguità con il clan Verde in stretto rapporto con quello dei casalesi) anche per la genericità delle note depositate, limitate alla citazione di astratti principi di diritto e all’asserita mancanza di attualità della pericolosità sociale. Quanto al profilo patrimoniale confermava esservi la disponibilità indiretta, da parte di V.M., di una serie di beni formalmente intestati alla moglie A.G. (che mai aveva presentato dichiarazione dei redditi, al pari del proposto che aveva percepito somme modeste da lavoro dipendente negli anni 1975, 1976, 1978 e 1979) per come emergente dalla documentazione acquisita (sicchè non era stato necessario procedere alla consulenza tecnica richiesta). Prive di pregio erano le prospettazioni degli appellanti (con le quali si era inteso ricondurre i beni in sequestro, riferibili al nucleo familiare composto anche dai figli M.R., L. ed A. e dalla moglie di quest’ultimo D.A., all’attività imprenditoriale nel settore della lavorazione del ferro svolta da A.) per la scarsità dei redditi percepiti, non avendo pregio i rilievi difensivi in ordine all’asserita provenienza lecita dei cespiti destinati all’avvio dell’azienda “Carpenteria Metallica” (intestata fino al 1994 ad A. e quindi a L.) e successivamente della Italfer s.r.l., il ricorso al credito bancario essendo risultato essere, in molti casi, un tipico strumento di “ripulitura” di danaro di provenienza illecita. In dettaglio la Corte territoriale provvedeva a spiegare analiticamente le ragioni per le quali non riteneva condivisibili le considerazioni svolte dal consulente di parte in relazione ai vari cespiti e sproporzionati i valori dei beni acquistati in riferimento ai redditi percepiti (ivi inclusi una vincita al totocalcio, il risarcimento danni in favore di V.L. per incidente, la somma ricevuta da A.G. in liquidazione della quota ereditaria a lei spettante). Infondati erano anche gli appelli della Banca di Roma (ora Banca Unicredit s.p.a.), in ordine al diritto di pegno relativo alle quote del fondo “Romagest Monetario” nei limiti del rapporto con V.M., e della Banca Popolare di Novara relativamente alle polizze stipulate nel 2001 a nome di V.L. e a terreno nella titolarità della ITAL.FER. s.r.l., per non avere assolto l’onere minimo di allegazione in ordine alla dimostrazione di avere positivamente adempiuto con diligenza agli obblighi di informazione e di accertamento e quindi di avere farro affidamento “incolpevole” ingenerato dal una situazione di oggettiva apparenza dell’effettiva posizione del soggetto nei cui confronti si erano acquisiti i diritti di garanzia. Fondato era invece l’appello di Ch.An. perchè era stata dimostrata la liceità delle fonti di reddito e di acquisto.

Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi:

1) Banco Popolare Società Cooperativa con sede in (omissis) (quale incorporante della Banca Popolare di Novara s.p.a.) e per esso la ******à Gestione Crediti B.P. ********* quale mandataria, a mezzo del difensore e procuratore speciale avv. **************, che ne ha chiesto l’annullamento ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione alla L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, per non avere tenuto conto delle prospettazioni difensive volte a dimostrare la buona fede e l’assenza di elementi di sospetto sul garante V.L., perchè tanto il pegno quanto l’ipoteca erano stati costituiti nel luglio 2001, in epoca non sospetta, oltretutto anteriore all’acquisizione della Banca Popolare di Novara;

2) V.A.o e D.A., a mezzo dell’avv. ****************, che ne ha chiesto l’annullamento ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione alla L. n. 575 del 1965, art. 2- ter, per non avere il provvedimento impugnato indicato i gravi e concordanti indizi dimostrativi della disponibilità in capo al proposto V.M. dei beni appartenenti al figlio e alla nuora;

3) V.L. e A.G., a mezzo del difensore avv. ****************, che ne ha chiesto l’annullamento per: – violazione di legge e mancanza di motivazione, in quanto solo apparente, con riferimento alla L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, essendosi ritenuto che I’ intero ammontare degli investimenti derivi da reimpiego di capitali illeciti mentre vi è la prova documentale che le polizze indicizzate offerte a garanzia del finanziamento per la ITALFER sono state acquistate grazie ad un risarcimento per 97 milioni di lire e così per le altre vicende societarie; – violazione di legge e mancanza di motivazione, in quanto solo apparente, con riferimento alla L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, in riferimento alla confisca dell’immobile nella disponibilità di A.G. per non avere la Corte territoriale tenuto in considerazione le censure difensive mosse con l’appello con le quali si dimostrava la legittima disponibilità delle somme utilizzate dalla ricorrente per l’acquisto. Analoghe considerazioni valgono relativamente alle due polizze indicizzate “Novara Vita” intestate a V.L. e ai veicoli intestati alla ricorrente e a V.L.. Inoltre non si è tenuto conto del vizio genetico, cioè l’aver apoditticamente ritenuto che la ITALFER fosse nella disponibilità del proposto V.M., nonostante si fosse dimostrato che V.L. aveva acquistato le quote a lui spettanti con finanziamento lecito, in quanto garantito da polizze il cui acquisto è stato giustificato e documentato. Immotivatamente ancora i due veicoli confiscati, appartenenti ai ricorrenti, cono stati ritenuti essere nella disponibilità di V.M.;

4) V.M., A.G., V.A. e V.L., a mezzo del difensore avv. ******************, che ne ha chiesto l’annullamento per difetto di motivazione, violazione di legge per avere omesso di rispondere ai rilievi difensivi mossi con l’appello con i quali si era fatto rilevare che gli elementi di accusa a carico di V.M. erano riferibili a condotte poste in essere negli anni novanta prive del requisito dell’attualità e quindi non dimostrative della persistenza di condotta tale da legittimare, tramite l’inflizione di misure personali, una particolare vigilanza degli organi di P.S. e, tramite l’adozione di quelle coercitive reali, la recisione del legame tra il soggetto e il suo clan e che il Magistrato di Sorveglianza nel 2001 aveva revocato la misura di sicurezza della libertà vigilata prima e quella della casa di lavoro poi avendo ritenuta cessata la pericolosità sociale. Nessun elemento, se non di natura congetturale, è stato addotto a sostegno dell’ipotesi che i beni di A.G., V.A. e D.A. fossero stati conseguiti con le attività illecite poste in essere dal proposto.

Motivi della decisione

1. I ricorsi di A.G., V.A., D. A. e V.L., terzi interessati, sono inammissibili in quanto proposti da difensori privi di procura speciale.

Va ribadito che in tema di procedimento di prevenzione, il difensore del terzo interessato, non munito di procura speciale, non è legittimato a ricorrere per cassazione avverso il decreto che dispone la misura di prevenzione della confisca; nè a tal fine può assumere rilievo la distinzione tra i casi in cui il terzo intervenga volontariamente, e quelli in cui sia intervenuto “iussu iudicis”, poichè in entrambi i casi i soggetti intervenienti non sono destinatari della chiesta misura di prevenzione e risultano, quindi, portatori, nel procedimento di prevenzione, di un mero interesse di natura civilistica (Cass. Sez. 2, 27.3.2012 n. 27037; Cass. Sez. 1, 29.2.2012 n. 10398; Cass. Sez. 6, 20.1.2011 n. 13798).

2. Il ricorso nell’interesse di V.M. è inammissibile sia perchè non denuncia violazione di legge (unico motivo di ricorso consentito a norma della L. n. 1463 del 1956, art. 4, comma 11) ma mancanza di motivazione, sia perchè comunque le deduzioni sono generiche, perchè proposte in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

3. Il ricorso nell’interesse del Banco Popolare Società Cooperativa con sede di (omissis) (quale incorporante la Banca Popolare di Novara Spa) è fondato. Il decreto impugnato addebita infatti leggerezza e carenza di diligenza nell’istruttoria delle pratiche relative alla concessione di fidi “ad un appartenente ad associazione camorristica….per le peculiari qualità negative del sottoposto V.M….”, senza alcuna considerazione delle ragioni fatte valere con l’appello con le quali si era evidenziato:

a) che il fido era in favore della ITAL.FER. s.r.l., che le polizze date in pegno erano di V.L. (socio della ITAL.FER.) e che il terreno era di quest’ultima società e che quindi nessun rapporto (diretto o indiretto) era stato intrattenuto con V.M.; b) che il Banco Popolare era subentrato alla Banca Popolare di Novara.

Si verte quindi in ipotesi di motivazione apparente, assimilabile alla mancanza assoluta di motivazione come tale integrante violazione di legge in relazione all’art. 125 c.p.p..

4. Il decreto deve in conseguenza essere annullato, limitatamente all’incidente di esecuzione proposto nell’interesse della Banca Popolare di Novara Spa ora incorporata nel Banco Popolare Società cooperativa con sede in (omissis) e per esso dalla ******à Gestione Crediti B.P. *********, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio, che ponga rimedio alla rilevata violazione di legge.

5. L’inammissibilità degli altri ricorsi (che impedisce di prendere in considerazione anche le note difensive dell’avv. ******) comporta la condanna dei rimanenti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende di somma che, in ragione dei profili di colpa rinvenibili nelle rilevate cause di inammissibilità, si quantifica in mille/00 Euro ciascuno.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato limitatamente all’incidente di esecuzione proposto nell’interesse della Banca Popolare di Novara Spa incorporata nel Banco Popolare Società cooperativa con sede in (omissis) e per esso dalla ******à Gestione Crediti B.P. *********, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo esame.

Dichiara inammissibili i ricorsi di V.M., V.A., D.A., V.L. e A.G. che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Redazione