Il Consiglio di Stato nega l’accesso al Codacons di prendere visione del regolamento interno concernente il controllo, la verifica e il monitoraggio dei mancati pagamenti del canone d’abbonamento radiotelevisivo (Cons. Stato n. 3481/2013)

Redazione 25/06/13
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Fatto e diritto

1.) Il Codacons – Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti dei consumatori, nella dichiarata qualità di associazione di consumatori e utenti rappresentativa a livello nazionale ai sensi dell’art. 136 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), iscritta nel relativo elenco con d.m. 15 maggio 2000, e componente del Consiglio nazionale dei consumatori e utenti, nonché di associazione di promozione sociale ai sensi della legge 7 dicembre 2000, n. 383, con istanza del 3 agosto 2011, trasmessa a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate di poter prendere visione ed estrarre copia della seguente documentazione:
– contratto di servizio tra RAI e Agenzia delle Entrate;
– atti e/o documenti relativi al programma e/o regolamento interno concernente il controllo, la verifica e il monitoraggio dei mancati pagamenti del canone d’abbonamento radiotelevisivo e alle modalità di recupero dei canoni evasi;
– registri da cui risulti l’ammontare delle spese sostenute per l’intera attività dall’accertamento al recupero dei canoni d’abbonamento soprattutto quanto ai canoni speciali.
Con nota n. 2011/12941 di prot. del 9 settembre 2011, l’Agenzia delle Entrate, “…acquisito anche il parere negativo della controinteressata RAI…”, ha respinto la richiesta di accesso, revocando in dubbio l’interesse diretto, concreto e attuale dell’associazione alla conoscenza della documentazione, rilevando come non fosse “…specificato l’uso che codesta Associazione intende fare dei dati richiesti…” e precisando comunque, quanto ai singoli documenti, che:
– non vi era alcun “contratto di servizio” tra Agenzia delle Entrate e Rai, poiché il contratto di servizio per l’erogazione del servizio pubblico radiotelevisivo intercede tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico ed è reperibile tramite il web;
– i rapporti tra Agenzia delle Entrare e Rai sono invece regolati da una “Convenzione per la regolamentazione dei rapporti relativi alla gestione dei canoni di abbonamento delle radiodiffusioni”;
– in ogni caso la documentazione richiesta “…attiene ad atti e procedimenti di accertamento, definizione e riscossione di un’imposta di scopo, quale è il canone radiotelevisivo, che ha natura sicuramente tributaria e che è connotato da una sua speciale disciplina, sicché a tale specifica materia non appare applicabile la normativa di carattere generale introdotta dalla legge n. 241/90”, nonché a “…determinazioni di tipo gestionale ed organizzativo… (che) … non ricadono nel contesto dei documenti cui la legge consente di accedere, ricadendo nell’eccezione sollevata dall’art. 24, terzo comma della normativa di riferimento”.
Con ulteriore nota, qualificata come “integrazione istanza di accesso”, del 13 settembre 2011, trasmessa essa pure a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, il Codacons puntualizzava in modo diffuso la propria legittimazione all’accesso, anche con richiamo a orientamenti giurisprudenziali, insistendo per l’ostensione dei documenti.
Con nota n. 2011/136318 di prot. del 23 settembre 2011, l’Agenzia delle Entrate, rilevato che l’istanza di accesso era stata comunque valutata nel merito, e prescindendo quindi dal profilo della legittimazione, ribadiva il diniego di accesso.
2.) Con ricorso in primo grado n.r. 8491/2011, il Codacons ha impugnato le due note di diniego di accesso, deducendone l’illegittimità e chiedendo l’accertamento del diritto alla visione e al rilascio di copia della documentazione, deducendo, con unico motivo complesso, le censure di:
Violazione degli artt. 2, 3, 18 e 97 Cost., nonché degli artt. 3, 22 e ss. legge n. 241/90, dell’art. 26 legge n. 383/2000 e dell’art. 4 d.P.R. n. 184/2006. Eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Sussistenza di interesse concreto, attuale e qualificato. Assenza del carattere del controllo ispettivo.
Richiamata la qualità di associazione di consumatori e utenti, iscritta nel relativo registro, nonché di associazione di promozione sociale, si evidenzia che l’interesse all’accesso si ricollega sia a quello di consumatori e utenti all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e efficienza, sia al perseguimento delle finalità statutarie, oltre che alla natura di soggetto esponenziale di interessi collettivi e diffusi, e all’esigenza di acquisire tutti gli elementi informativi connessi alla mala gestio nel recupero del gettito dei canoni di abbonamento, ai fini dell’attivazione di tutte le consentite forme di tutela, senza alcuna sovrapposizione rispetto ai compiti istituzionali di controllo, e quindi senza che l’accesso possa caratterizzarsi per fini “ispettivi” ovvero di controllo generalizzato.
Nel giudizio di primo grado si sono costituiti l’Agenzia delle Entrate e la Rai, che a loro volta hanno dedotto l’inammissibilità e infondatezza del ricorso.
Con la sentenza n. 657 del 20 gennaio 2012, il T.A.R. Lazio ha rigettato il ricorso, rilevando “…l’insussistenza di un interesse concreto e attuale, ricollegabile alla titolarità di una situazione giuridica meritevole di tutela…” perché:
– “L’istanza è diretta, difatti, alla verifica delle attività complessivamente poste in essere dall’Agenzia delle Entrate al fine di combattere il fenomeno dell’evasione del pagamento del canone RAI, così rispondendo a un interesse generale che appartiene indistintamente all’intera collettività e come tale non è tutelabile su iniziativa di singoli cittadini o di loro associazioni, altrimenti dovendo ritenersi che lo strumento dell’accesso sia azionabile con riferimento a qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si riverberi economicamente in modo diretto o indiretto su tutti i cittadini in quanto contribuenti, con conseguente sovrapposizione dell’azione di associazioni di consumatori a quella degli organi istituzionali deputati ad intervenire in determinati settori, quali la Corte dei Conti in materia di spesa pubblica e di controllo sui servizi pubblici”;
– “L’interesse alla corretta gestione di un servizio pubblico e, in particolare, alla corretta riscossione dei tributi di scopo imposti per il relativo funzionamento, assume invero una connotazione indifferenziata rispetto alla generalità dei consociati e – come tale – è estraneo alla nozione di interesse concreto e attuale collegato alla titolarità di una situazione giuridica meritevole di tutela, che costituisce il presupposto legittimante l’accesso, il quale, a diversamente ritenere, si trasformerebbe in una forma indifferenziata e generalizzata di controllo sulle attività di tipo pubblicistico inerenti la gestione delle entrate e la lotta all’evasione. Ne conseguirebbe che qualsiasi attività di tipo pubblicistico, pur se sottoposta al controllo o alla vigilanza di organi istituzionali, potrebbe formare oggetto di accesso per il solo fatto di riverberarsi in modo diretto o indiretto su tutti i cittadini nella loro qualità di contribuenti, in tal modo ampliandosi l’ambito di ammissibilità dell’azione oltre i limiti normativamente previsti”;
– “La riconducibilità di un’istanza di accesso all’interesse generale dei contribuenti alla corretta attività di contrasto all’evasione del canone RAI, laddove riconosciuta legittimante l’accesso, si tradurrebbe nel riconoscimento di un accesso avente finalità di controllo generalizzato in quanto volto ad una verifica in via generale della trasparenza, legittimità e correttezza dell’azione amministrativa”;
– “Il riconoscimento del diritto di accesso a chiunque vi abbia interesse non ha introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sull’Amministrazione, essendo l’accesso consentito solo a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente, si rivolgono e che se ne possono eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva che, anche se non deve necessariamente assumere la consistenza dell’interesse legittimo o del diritto soggettivo, deve essere però giuridicamente tutelata, non potendo identificarsi con il generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento della P.A., il che vale anche quando tale interesse venga azionato da parte di un’associazione rappresentativa che agisca a tutela di tutti i cittadini in maniera indifferenziata, mancando in tal caso la titolarità di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento alla conoscenza della documentazione”.
3.) Con appello notificato il 18 aprile 2012 e depositato il 3 maggio 2012, il Codacons ha impugnato la sentenza, deducendo in sintesi i seguenti motivi:
1) Sulla legittimazione e l’interesse, si ribadisce, in specie, la qualità di associazione di promozione sociale, con il riconosciuto diritto di accesso, ex art. 26 della legge n. 383/2000, ai documenti amministrativi correlato alle situazioni giuridicamente rilevanti in quanto attinenti al perseguimento degli scopi statutari, tra cui rientra l’interesse degli utenti e contribuenti al buon andamento del servizio radiotelevisivo, considerando che il mancato gettito dei canoni evasi si traduce in aumento del canone e in perdita economica per la concessionaria (al riguardo si invoca altresì l’orientamento espresso da Cons. Stato, Sez. VI, n. 6546/2007 e Sez. III n. 677/2012, nonché i principi affermati da Cass. Civ., Sez. III, n. 17351/2011).
2) Sull’assenza di carattere ispettivo e la sussistenza di interesse collettivo, si evidenzia come in effetti il contestato carattere ispettivo in realtà sia confuso con il fine statutario proprio dell’associazione appellante, che, per la tutela degli interessi collettivi rappresentati, inevitabilmente deve svolgere un ruolo di osservatore attento in ordine al funzionamento dei servizi pubblici e all’andamento delle pubbliche amministrazioni, sia pure in funzione di specifici oggetti, senza che ciò, però, si traduca nella pretesa a sostituirsi agli organi istituzionalmente competenti al controllo (nel caso la Corte dei Conti e eventualmente la magistratura penale), e semmai in funzione di sollecitazione e ausilio all’attività di questi, con una connotazione quindi di certo rilievo pubblicistico.
Nel giudizio si è costituita l’appellata Agenzia delle entrate, che con memoria difensiva e di replica ha dedotto l’infondatezza dell’appello, rilevando che nel caso di specie l’accesso non è correlabile a finalità di tutela degli interessi dei consumatori o degli utenti, sebbene genericamente e indistintamente dei contribuenti, finendo per soprapporsi e pretendendo quasi di sostituirsi agli organi istituzionalmente competenti al controllo sulla gestione finanziaria della concessionaria società a partecipazione pubblica integrale.
A sua volta la Rai, con memoria difensiva, ha dedotto l’infondatezza dell’appello, oltre che per rilievi analoghi a quelli svolti dall’Agenzia delle entrate, in funzione dell’inconferenza dei richiami giurisprudenziali contenuti nell’impugnazione.
Nella camera di consiglio del 12 giugno 2012 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
4.1) Come anticipato sub 1.) l’istanza di accesso è stata proposta dal Codacons nella dichiarata qualità di associazione di consumatori e utenti iscritta nel relativo elenco e di associazione di promozione sociale, al dichiarato fine di tutelare gli interessi collettivi di cui essa è portatrice.
Il T.A.R. del Lazio, nell’impugnata sentenza, ha ritenuto che l’interesse conoscitivo esposto non fosse differenziato (e differenziabile), siccome pertinente non a una cerchia di soggetti portatori di uno specifico interesse sovraindividuale, quale appunto la categoria dei consumatori e/o degli utenti di servizi pubblici, e per esso del Codacons quale associazione esponenziale e rappresentativa, sebbene dell’intera collettività indifferenziata dei “contribuenti”, ossia dei soggetti assoggettati a imposizione fiscale, finendo quindi per caratterizzarsi quale accesso “generalizzato” di natura lato sensu ispettiva, peraltro espressamente escluso dal terzo comma dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel testo sostituito dall’art. 16 della legge 11 febbraio 2005, n. 15 (a tenore del quale, some noto, “Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”).
4.2) Con l’appello il Codacons, censurando la sentenza, ha insistito, in modo diffuso, sulla prospettazione che il diritto di accesso alla documentazione inerente la gestione dell’esazione del canone di abbonamento radiotelevisivo debba considerarsi coessenziale allo svolgimento delle sue attività, sia quale associazione di consumatori e utenti, in funzione del riconosciuto interesse all’erogazione dei servizi pubblici secondo standard di qualità e efficienza, sia quale associazione di promozione sociale, in relazione alle finalità statutarie (primo motivo), con la peculiare connotazione di tale attività, ispettiva non già nel senso assegnato a tale espressione dal primo giudice, sebbene di osservazione e raccolta di elementi informativi al fine di poter esercitare la più efficace tutela degli interessi collettivi di cui l’associazione è ente esponenziale.
4.3) Il Collegio osserva che i pur suggestivi e articolati rilievi svolti dal Codacons non possono condurre all’affermazione, nel caso di specie, della titolarità di un differenziato, specifico, concreto interesse conoscitivo meritevole di qualificazione in termini di diritto all’accesso alla documentazione inerente a contenuti, modalità di svolgimento del rapporto tra Agenzia delle Entrate e Rai – Radiotelevisione italiana S.p.A., concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, risultati dell’attività amministrativa di natura fiscale concernenti l’esazione dei canoni di abbonamento radiotelevisivi.
4.3.1) Sotto un primo profilo, non pare revocabile in dubbio che tali profili dell’attività dell’Agenzia fiscale e della concessionaria radiotelevisiva esulano dalla sfera cui è propriamente riconducibile la rappresentanza collettiva ed esponenziale d’interessi di un’associazione di consumatori e utenti, ancorché dell’indiscusso rilievo del Codacons, associazione nazionale iscritta nel relativo elenco e componente del Consiglio dei consumatori e degli utenti.
La circostanza che i costi del servizio pubblico radiotelevisivo siano coperti (anche) attraverso il gettito del canone di abbonamento (art. 47 comma 1 del d.lgs. 31 luglio 2005 n. 177) non implica una immediata e diretta correlazione tra gettito dell’imposta di scopo (quale è il canone) e garanzia del conseguimento dei “…migliori standard qualità e di efficienza…”, riconosciuti come diritto del consumatore e utente, dall’art. 2 comma 2 lettera g) del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, evidentemente correlati a una ben più ampia e articolata serie di variabili (finanziarie, organizzative, tecnologiche).
Né, per converso, sulla misura del canone, fissato annualmente con decreto del Ministro delle comunicazioni (ora dello Sviluppo economico), può ritenersi che incida soltanto e in misura determinante il gettito riveniente dalla sua riscossione, essendo esso funzione anche (del) “…tasso di inflazione programmato e (del)le esigenze di sviluppo tecnologico delle imprese…” (art. 47 comma 3 del d.lgs. n. 177/2005).
In altri termini, difetta la prospettata correlazione tra il dato conoscitivo perseguito attraverso l’istanza di accesso e l’interesse collettivo all’assicurazione dei migliori standards di qualità ed efficienza del servizio radiotelevisivo, laddove le modalità carenti o comunque non del tutto idonee di esazione e riscossione dei canoni di abbonamento radiotelevisivi riflettono una sfera d’interesse ben più ampio e indifferenziato, che pertiene nemmeno solo ai contribuenti, sebbene, per tutti i riflessi che esso può dispiegare sugli obblighi dell’azionista pubblico unico della società concessionaria del servizio radiotelevisivo, anche e soprattutto in termini di ripiano dei disavanzi di gestione, alla collettività nel complesso, e non per caso è stato oggetto di rilievi e valutazioni, pure invocate nell’istanza di accesso, da parte della Corte dei Conti nell’ambito della sua istituzionale funzione di controllo.
4.3.2) Tale correlazione, della cui problematicità evidentemente lo stesso Codacons deve essersi reso consapevole, avendo affidato l’istanza d’accesso non alla sua sola qualità di associazione di consumatori e utenti, non può essere recuperata col richiamo alla disposizione dell’art. 26 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, poiché il diritto d’accesso è riconosciuto dal secondo comma di tale disposizione alle associazioni di promozione sociale limitatamente alle situazioni “…attinenti al perseguimento degli scopi statutari…”, da intendere, però, come rapportati necessariamente ai fini propri come enucleati dall’art. 2 comma 1, ossia allo svolgimento di “…attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati”.
Sotto tale aspetto non può dunque ritenersi sufficiente la generica indicazione, contenuta nell’art. 2 comma 3 dello Statuto del Codacons, secondo cui, essa tutela “…tutti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori, degli utenti e dei contribuenti…”, ove in effetti, secondo quanto specificato e dettagliato nel primo e secondo comma, il profilo contenutistico essenziale rimane essenzialmente coincidente con la tutela di consumatori e utenti, sia pure in un’accezione alquanto lata, che non è confinata ai soli ambiti delineati dall’art. 3 della legge 30 luglio 1998 n. 281 e ora dall’art. 139 ss. del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (nonché con l’ampiezza peculiare riferibile all’introduzione della c.d. azione di classe, o class action, di cui all’art. 140 bis, come introdotto dall’art. 2, comma 446, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e successivamente sostituito dall’art. 49, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99).
4.3.3) Non appaiono pertinenti, peraltro, i precedenti giurisprudenziali pure richiamati, in modo ampio e diffuso, nell’appello.
Quanto alla decisione della Sezione VI 18 dicembre 2007, n. 6546, confermativa della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sez. III ter n. 4807 del 24 maggio 2007, relativa al noto c.d. caso Meocci, essa ha riguardato una specifica vicenda gestionale, afferente ad un accordo transattivo tra la Rai – Radiotelevisione Italiana S.p.A. e l’ex direttore generale **************, nel quale l’interesse conoscitivo del Codacons è stato riconosciuto in funzione della ritenuta inerenza alle modalità di svolgimento del servizio pubblico di una vicenda concernente il “…rapporto di lavoro del Direttore generale, inclusa un’eventuale transazione attinente la conclusione del rapporto e la ipotizzata regolamentazione concordata con la società datrice dei costi derivanti da una pregressa e notoria attività sanzionatoria dell’Autorità preposta”.
La circostanza che, nella medesima decisione, sia stata richiamata, a supporto dell’interesse conoscitivo specifico dei consumatori/utenti, anche, e per dir così ad abundantiam, l’imposizione del tributo di scopo non può recare ex se, come corollario, che sussista al contrario un interesse conoscitivo differenziato in funzione dei rilievi già svolti sub 4.3.1).
4.3.4) Ancora meno pertinente è poi il riferimento alla vicenda decisa con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 7 del 24 aprile 2012, nella quale, anzi, è stato escluso che il Codacons e l’Associazione per la tutela degli utenti, dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore possano ritenersi portatori di un interesse collettivo o diffuso in ordine alle modalità di gestione del patrimonio della ******à italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), perché “…la vasta ed indifferenziata platea dei consumatori e utenti del diritto d’autore, che le appellanti intendono rappresentare, non può ricevere alcun nocumento da decurtazioni del patrimonio della Siae, né giovarsi in alcun modo del recupero di capitali venuti meno per effetto di investimenti pregressi”, riconoscendosi invece l’interesse all’accesso, uti singuli e in quanto autori, del solo avv. ************ e del maestro ***************.
4.3.5) Da ultimo nessuna indicazione utile al riconoscimento del diritto d’accesso con riferimento al giudizio in oggetto può assumere la sentenza della III Sezione civile della Corte di Cassazione, n. 17351 del 18 agosto 2011, relativa a ben diverso oggetto, secondo i principi di diritto ivi enunciati, ossia alla riconosciuta legittimazione del Codacons, in relazione all’accertamento di un’illecita intesa anticoncorrenziale tra compagnie di assicurazione, a proporre:
– “…le domande dirette a fare accertare la violazione delle regole della concorrenza; la nullità delle clausole contenenti la determinazione dei premi, pattuite nel periodo a cui risalgono le violazioni; le modalità con cui la compagnia assicuratrice ha proceduto e procede al calcolo dei premi e la determinazione dei criteri per il relativo di ricalcolo, al fine di uniformare i corrispettivi a quelli che le compagnie assicuratrici avrebbero potuto determinare, in mancanza dell’intesa illecita; nonché la domanda che vengano adottate le misure idonee ad informare gli assicurati dei loro diritti, ivi inclusa quella di pubblicazione della sentenza di condanna, trattandosi di domande che rientrano fra quelle tendenti ad eliminare gli effetti delle violazioni e ad imporre al trasgressore comportamenti conformi alle regole di correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali, ai sensi della l. 30 luglio 1998, n. 281, artt. 1 e 3”;
– “…le domande di restituzione e di risarcimento dei danni conseguenti agli illeciti concorrenziali, nei limiti in cui facciano valere l’interesse comune all’intera categoria degli utenti dei servizi assicurativi ad ottenere una pronuncia di accertamento su aspetti quali l’esistenza dell’illecito, della responsabilità, del nesso causale fra l’illecito e il danno, dell’esistenza ed entità potenziale dei danni (a prescindere dalle peculiarità delle singole posizioni individuali), ed ogni altra questione idonea ad agevolare le iniziative individuali, sollevando i singoli danneggiati dai relativi oneri e rischi”.
5.) Alla stregua delle osservazioni che precedono, l’appello deve essere quindi rigettato, con la conferma della sentenza impugnata.
6.) La relativa novità delle questioni giuridiche affrontate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese e onorari del giudizio d’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull’appello n.r. 3271/2012:
1) rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma. Sez. I, n. 657 del 20 gennaio 2012;
2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese e onorari del giudizio d’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Redazione