Guardia di finanza, uso di stupefacenti e destituzione (Cons. stato, n. 6099/2011)

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Massima

E’ legittima la perdita del grado per rimozione, ai sensi dell’art. 40 della legge 3 agosto 1961, n. 833, del militare che abbia posseduto e fatto uso di droghe, anche solo occasionalmente e fuori dell’orario di servizio, trattandosi di un comportamento contrario alle finalità del Corpo che determina automaticamente, ex art. 40 lett. c) legge cit., l’applicazione, senza possibilità di graduazione, di tale sanzione.

 

1. Premessa

 

La pronuncia in esame si occupa dell’art. 40 della legge 03.08.1961, n. 833, che, da una lettura in termini generali di detta norma, in essa vengono per lo più individuati specifici fatti, al verificarsi dei quali, prescindendo da ogni profilo di gravità insito in essi, la perdita del grado segue automaticamente. Da tale quadro caratteristico si distacca, però, il punto 6), per il quale il militare di truppa incorre nella perdita del grado, quando è stato rimosso “per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari, ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità del Corpo o alle esigenze di sicurezza dello Stato, previo giudizio di una Commissione di disciplina”.

A tenore di quest’ultima previsione la perdita del grado non segue, come negli altri casi elencati dalla stessa norma, al verificarsi di un fatto da essa direttamente individuato.

Correttamente, quindi, la disamina giurisprudenziale effettuata al riguardo giunge alla conclusione che la previsione di cui al punto n. 6) è astratta e si riferisce ad una seria aperta di infrazioni (1).

Occorre però liberare il campo da un possibile equivoco in cui a giudizio della Sezione si può incorrere nell’esame del “previsione in argomento”, ritenendo, cioè, che la gravità del comportamento del militare incolpato, debba influire sulla misura della sanzione in essa contemplata.

La perdita del grado, è, infatti sanzione unica ed indivisibile, non essendo stata stabilita con la caratteristica di regolarne un minimo ed un massimo, entro i quali l’Amministrazione deve esercitare il potere sanzionatorio.

Dal che consegue, in prima battuta, che il giudizio sulla gravità del fatto, postulando un potere di graduazione della sanzione in sede di sua applicazione, non può mai riverberare sulla perdita del grado di cui si sta discutendo, una volta accertatane l’esistenza in sede istruttoria.

Ovviamente si potrà sostenere che un giudizio sulla gravità del fatto necessiti al fine di stabilire se ricorre o meno la “……violazione del giuramento….ovvero un …..comportamento contrario alle finalità del Corpo…”.

Ma in realtà, l’operazione logica richiesta dal punto n. 6 in esame, non è, però, basata su di un giudizio, tipicamente empirico, di disvalore, bensì sul collegamento del fatto con gli obblighi assunti dal militare con il giuramento, ovvero con le finalità del Corpo: operazione che richiede un giudizio di attinenza e di congruenza, non di gravità del comportamento.

Ovvero, se si vuole continuare a ragionare in termini di gravità, si può solo concludere che qualunque comportamento riconducibile, sulla base di un giudizio di merito che spetta solo all’Amministrazione, alla violazione del giuramento o contrario alle finalità del Corpo, è considerato grave della previsione in esame.

Ivi, invero, i suddetti parametri rappresentano la soglia varcata la quale la perdita del grado segue in modo automatico, e non, i presupposti per esercitare il potere di graduazione della sanzione.

Solo per questa via, in effetti, la prescrizione in esame è in armonia con le altre ipotesi di perdita del grado contemplate dall’art. 40 della legge n. 833 del 1968, e se ne giustifica il suo inserimento in esso.

Siccome dal procedimento disciplinare emerge che il fatto contestato all’incolpato è stata argomentatamene ricondotto alla violazione del giuramento ed alla contrarietà con le finalità del Corpo, non solo non sussiste alcuna illegittimità per difetto di ragionevolezza o di proporzionalità della sanzione applicata, ma neppure per difetto della motivazione.

E’ difficile, del resto, sostenere che il consumo anche episodico di droga non contrasti con le finalità del Corpo a cui il militare appartiene se tra i compiti a cui questo attende vi è proprio il contrasto al contrabbando ed al traffico di stupefacenti (2).

 

2. Programma terapeutico e procedimento disciplinare

Si pone il problema se la sottoposizione al programma terapeutico di recupero possa avere riflessi attenuativi sul potere sanzionatorio verso i militari.

Al riguardo va in primo luogo tenuto presente che anche dopo la parziale abrogazione ad opera del referendum del 18 aprile 1993 di alcune norme del Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti (d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309), a mente dell’art. 75 del predetto Testo Unico, l’assunzione di sostanze stupefacenti rimane illecito amministrativo.

L’intero sistema normativo divisato dal Testo Unico, lungi dal porsi in un’ottica agnostica rispetto all’uso personale di sostanze stupefacenti, si incentra sull’attività di contrasto, a livello preventivo e repressivo del fenomeno. Per quanto più specificatamente attiene alle Forze Armate, gli artt. 107 e 108 configurano tutta una serie di adempimenti a carico delle strutture facenti capo al Ministero della difesa, fra cui spiccano: le attività informative sul fenomeno criminoso sul traffico di sostanze stupefacenti; le campagne sanitarie di prevenzione; le azioni di prevenzione a mezzo di consultori e servizi di psicologia delle Forze Armate.

Anche l’esigenza connessa al mantenimento del posto di lavoro del tossicodipendente, nel disegno del Legislatore, è bilanciata per particolari categorie di personale con la salvaguardia di altri non meno importanti valori.

Sotto tale angolazione viene in rilievo l’art. 124, comma 4, del T.U., il quale – proprio in un contesto volto a salvaguardare il mantenimento del posto di lavoro da parte del soggetto che si sottopone a programmi di recupero – fa espressamente salve le disposizioni vigenti che richiedono il possesso di particolari requisiti psico-fisici e attitudinali per l’accesso all’impiego, nonché quelle che, per il personale delle Forze Armate e di polizia e per quello che riveste la qualità di agente di pubblica sicurezza, disciplinano la sospensione e la destituzione dal servizio.

Di tale impostazione, volta in definitiva a privilegiare le particolari esigenze organizzative ed operative delle Forze Armate e di quelle di Polizia, costituisce ad es. applicazione il d.lgs. n. 215 del 201 sulla trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale, il quale all’art. 4, comma 2, lettera c) – come di recente sostituito dall’art. 4 del d.lgs. n. 197 del 2005 – prevede il proscioglimento dalla ferma del militare risultato positivo agli accertamenti diagnostici per l’uso anche saltuario o occasionale di sostanze stupefacenti.

In tal senso si deve anzitutto rilevare che al Corpo della Guardia di Finanza l’ordinamento affida un ruolo centrale e di primissima linea nella repressione dello spaccio di stupefacenti e nel contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata ad esso connessi: di talché non può ragionevolmente ipotizzarsi che simili compiti, essenziali per la salvaguardia della pubblica sicurezza, siano in concreto espletati da soggetti i quali a loro volta fanno uso delle sostanze la cui diffusione si tratta invece di impedire.

A ciò deve aggiungersi che secondo logica ed esperienza il consumo abituale di stupefacenti comporta – in via diretta o indiretta – una inevitabile contiguità (come avvenuto nella fattispecie) con chi vende o cede tali sostanze e dunque con soggetti operanti nell’illegalità e dediti a traffici illeciti, che il Corpo ha invece la missione istituzionale di reprimere.

 

Rocchina Staiano
Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato

 

__________
(1) Cons. St., sez. IV, 11 ottobre 2005, n. 5622.
(2) Cons. St., sez. IV, 7 giugno 2005, n. 2899.

Sentenza collegata

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Staiano Rocchina

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