Gratuito patrocinio: la soglia di reddito non deve tener conto delle detrazioni fiscali (Cass. pen. n. 5513/2013

Redazione 04/02/13
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RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Palermo, all’esito di accertamenti svolti dalla Guardia dl Finanza, con provvedimento in data 20 aprile 2011 revocava il decreto con il quale P. P. era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Proponeva opposizione l’interessato, ai sensi dell’art. 99 del d.P.R. n. 115/02, ed il Presidente del Tribunale stesso rigettava il gravame evidenziando che le verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza avevano consentito di accertare quanto segue: il P. era, o era stato, intestatario di beni immobili e mobili registrati (tre autoveicoli, anche di grossa cilindrata, ed una motocicletta); dalla dichiarazione del redditi risultava che il P. era titolare dl svariati beni immobili; la titolarità dei tre autoveicoli e della moto era stata ricondotta dalla Guardia di Finanza proprio al P.; la consistenza patrimoniale rendeva presumibile la percezione per il 2009 di redditi di importo complessivo superiore al limite dl euro 12.810,80, anche in considerazione, quanto ai beni mobili registrati, non solo del loro valore commerciale ma anche delle relative spese di gestione (spese per il carburante, assicurazione e bollo). Il Presidente osservava altresì che i redditi percepiti a titolo di locazione dovevano considerarsi per intero e non depurati dalle detrazioni previste a fini fiscali.
Ricorre per cassazione il P. con atto personalmente sottoscritto, deducendo censure che possono così sintetizzarsi: 1) il giudice non avrebbe potuto discostarsi dalle risultanze reddituali desumibili dall’ultima dichiarazione dei redditi; 2) il Presidente del Tribunale avrebbe errato nel tener conto della proprietà di beni immobili, compreso quello adibito ad abitazione, ed avrebbe altresì errato nel ritenere che il reddito degli immobili locati vada considerato per intero e non depurato delle detrazioni (si cita Cass. Sez, 5, n. 46173/2008, e si evoca al riguardo la circolare Agenzia Entrate Direzione Regionale Sicilia prot. N. 2006/72543 del 3 ottobre 2006 che farebbe riferimento al solo reddito imponibile evidenziato in dichiarazione); 3) l’autocarro avrebbe valore commerciale pari a zero, e solo la Toyota Yaris sarebbe nella sua disponibilità mentre la motocicletta e l’auto Alfa sarebbero nella disponibilità dei figlio non convivente; 4) con la somma, pari ad euro 8.500,00, ricavata da una vendita di terreni effettuata con rogito del notaio C. in data 28 aprile 2009, e con la rendita INAIL pari ad euro 16.624,46 riscossa nel 2006 per un infortunio sul lavoro, ben avrebbe potuto acquistare i beni mobili registrati in argomento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.
Il d.P.R. n. 115 del 2002, art. 112, nel testo novellato dalla L. n. 151 del 2005, prevede la possibilità di revoca d’ufficio del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato se risulta provata la mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito di cui agli artt. 76 e 92. Tali ultimi articoli fanno riferimento a requisiti reddituali desunti dall’ultima dichiarazione dei redditi. L’art. 96 del predetto d.P.R. prevede altresì che il magistrato respinge l’istanza se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessato non versi nelle condizioni previste dalla legge, tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari e delle attività economiche eventualmente svolte. Tale ponderazione indiziaria della capacità reddituale prevista al momento della valutazione dell’istanza deve ritenersi senz’altro possibile nell’ambito della procedura di revoca, attesa la chiara simmetria tra i provvedimenti di cui si parla. Detta valutazione, peraltro, come richiesto dalla legge, non può prescindere dalla considerazione di rilevanti circostanze che, in relazione al tenore di vita ed alle attività svolte, consentano di ritenere una capacità reddituale superiore a quella determinata dalla legge.
E’ infondata la denunciata violazione dl legge per aver il giudice tenuto conto dell’intero importo delle rendite da immobili e non degli importi al netto delle detrazioni; si ritiene invero condivisibile la prevalente giurisprudenza dl questa Corte secondo cui “nella determinazione del reddito rilevante al fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non si tiene conto delle detrazioni o deduzioni stabilite dal legislatore” (in termini,Sez. 4, n. 28802 del 16/02/2011 Cc. — dep. 19/07/2011 — Rv. 250700; Cont N. 22299 del 2008 Rv. 239893). Le detrazioni prospettate dal ricorrente sono state invero introdotte al fini della determinazione concreta dell’imposta da pagare, concetto questo che presenta una configurazione diversa rispetto al reddito imponibile cui fa riferimento il d.P.R. 30 maggio 2002, ri. 115, art. 76 (d.P.R. in tema di spese di giustizia), che intende dare rilevanza anche a redditi non assoggettabili ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita dell’istante; siffatta opzione ermeneutica peraltro trova autorevole supporto nell’orientamento della giurisprudenza costituzionale la quale, pur in relazione a diverso assetto normativo (legge n. 217 del 1990), ma con affermazioni che appaiono tuttora attuali anche alla luce del sopravvenuti quadro normativo, aveva evidenziato (sentenza n. 144 del 1992) quanto segue: “non vi è ineludibile corrispondenza biunivoca tra reddito rilevante al fine dell’integrazione del presupposto per il beneficio del patrocinio a spese dello Stato e reddito dichiarato od accertato ai fini fiscali, ma – ancorché vi sia una stretta connessione (tant’è che l’istante deve allegare alla domanda copia dell’ultima dichiarazione dei redditi o dei certificati sostitutivi) — si tratta di accertamenti che hanno finalità diverse e possono avere esiti diversi”; precisando ulteriormente che: “nell’accertamento dello stato di <<non abbienza>> ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, rilevano anche redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuol perché non rientranti nella base imponibile, vuol perché esenti, vuol perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione. Quindi rilevano anche redditi da attività illecite” ….. . ……. . “ovvero redditi per i quali l’imposizione fiscale è stata esclusa. Una diversa interpretazione” ………… “ confliggerebbe con il canone della ragionevolezza e della coerenza ed è quindi da respingere, dovendo i precetti costituzionali guidare anche l’interpretazione delle leggi”.
Per quel che riguarda la circolare dell’Agenzia delle Entrate richiamata nel ricorso – a prescindere da qualsiasi considerazione circa la sua rilevanza o meno in relazione alle questioni sottoposte all’esame di questa Corte – trattasi dl documento non allegato dal ricorrente il quale è così venuto meno all’onere di autosufficienza del ricorso.
Parimenti del tutto legittimamente i giudici di merito (di prima e seconda istanza) hanno ritenuto di poter trarre dalla consistenza patrimoniale del P. (proprietà di immobili e di beni mobili registrati) elementi rivelatori di una situazione reddituale diversa e maggiore rispetto a quella evidenziata nella dichiarazione del redditi, richiamando circostanze di fatto ed elementi presuntivi desumibili dalla condotta di vita dell’interessato, come consentito dalle disposizioni che disciplinano la materia del patrocinio a spese dello Stato. Come è noto, per costante e pacifica giurisprudenza, nella nozione di reddito, ai fini dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, rientrano tutti i beni, mobili ed immobili, che contribuiscono alla formazione del patrimonio dell’istante e dei suoi familiari con lui conviventi. In tal senso si è espressa, “ex plurimis”, questa Quarta Sezione Penale con la sentenza n. 25044/2007 (dep. 28106/2007, Rv. 237008, ric. ********* ed altri): in tale pronuncia è stata affermata la rilevanza di qualunque fatto “che riveli la percezione, lecita o illecita, di reddito”. A ciò aggiungasi quanto testualmente precisato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 144 del 1992 di cui si è già innanzi detto, con la quale è stata affermata la legittimità dell’accertamento di tali redditi con gli ordinari mezzi dl prova, tra cui le presunzioni semplici previste dall’articolo 2729 c.c. (quali il tenore di vita ed altri fatti di emersione della percezione di redditi).
Giova aggiungere, “ad abundantiam”, che, quanto alle doglianze del ricorrente relative alle valutazioni del giudice circa la ritenuta capacità reddituale superiore al limite stabilito per il riconoscimento del beneficio “de quo”, non si verte nemmeno in ipotesi di mancanza di motivazione — che per pacifica e costante giurisprudenza integra il vizio di violazione di legge – bensì dì asserito vizio motivazionale concernente valutazioni del giudice poste a base della statuizione dallo stesso adottata: vizio, la cui denuncia non è consentita in questa sede stante l’espressa previsione contenuta nell’art. 99 del dPR n. 115 del 2002, secondo cui il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di impugnazione ex art. 99 del DPR n. 115/2002 può essere proposto solo per violazione di legge, e ciò non solo nel caso di rigetto dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, ma anche nell’ipotesi di revoca di ufficio del beneficio già concesso, così come condivisibilmente già precisato da questa Corte: “il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è ricorribile per cassazione soltanto per violazione di legge” (Sez. 3, n. 3271 del 10/12/2009 Cc. — dep. 26/01/2010 Rv. 245877). Mette conto peraltro sottolineare che nel caso in esame non sono riscontrabili nemmeno profili dl eventuali vizi motivazionali: ed invero il giudice, con argomentazioni prive di connotazioni di illogicità, ha richiamato – come sopra ricordato — circostanze di fatto, elementi presuntivi e deduzioni logiche: e così facendo ha proceduto a valutazioni esplicitamente consentite dal secondo comma dell’art. 96 del d.P.R. n.115/02 (anche nella formulazione precedente alle modifiche apportate con la legge n. 125 del 2008).
Né rileva il precedente giurisprudenziale citato dal ricorrente posto che in quell’occasione questa Corte censurò il provvedimento del giudice dl merito il quale aveva ritenuto di poter desumere elementi rivelatori di una capacità reddituale, superiore a quella risultante dalla dichiarazione del redditi, esclusivamente dalla proprietà di una moto di grossa cilindrata e dal costi dl manutenzione che essa implicava, così venendo meno all’onere di una compiuta e globale valutazione dl tutte le circostanze: inoltre, il giudice del merito aveva errato laddove aveva fatto impropriamente riferimento ad una condizione di indigenza quale presupposto per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali

 

P.Q.M.

Rigetta ll ricorso e condanna Il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 12 dicembre 2012

Redazione