Gli studi di settore possono essere disapplicati per gravi problemi personali (Cass. n. 9642/2012)

Redazione 13/06/12
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, con sentenza n. 97/23/05, depositata il 16.12.2005, in riforma della decisione della Commissione tributaria provinciale di Livorno, annullava l’avviso di accertamento per *** e Irpef, relative all’anno 1996, nei confronti di V.P., in applicazione dei parametri previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, e dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, artt. 4 e 5. Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo i seguenti motivi:

a) violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, lamentando la mancanza di motivi specifici dell’impugnazione, censurando comunque la motivazione illogica della Commissione regionale in relazione alla giustificazione del minor reddito dichiarato.

b) violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, avendo introdotto, per la prima volta il ricorrente, in grado di appello, il motivo nuovo relativo alla inapplicabilità dei parametri all’accertamento in esame;

c) violazione di legge avendo la Commissione regionale annullato l’avviso di accertamento ritenendo non applicabili i parametri alla luce della mera congruità dei ricavi con quelli determinati alla luce del pertinente studio di settore;

d) vizio di motivazione con riferimento alla applicazione, in via analogica, degli studi di settore per il periodo antecedente il 1998, ammissibile solo nella fase del contraddittorio in sede precontenziosa.

L’intimato si è costituito con controricorso.

 

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

I relativi motivi, per la loro connessione logica possono essere trattati unitariamente.

Il meccanismo di accertamento in base ai parametri, previsto dalla L. n. 549 del 1995, costituisce una disciplina transitoria, applicabile e soli esercizi 1995, 1996, 1997, collocata tra il vecchio sistema dell’accertamento secondo “coefficienti presuntivi”, di cui al D.L. n. 69 del 1989, e il nuovo sistema degli studi di settore, in vigore dal 1998.

Con riferimento al primo motivo di censura va osservato, come ripetutamente affermato da questa Corte, che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente.

In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal. contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. (Sez. U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009).

Nel caso di specie il contribuente ha evidenziato, al fine di giustificare lo scostamento rispetto alle presunzioni di cui ai predetti parametri, difficoltà attinenti alla sfera personale (separazione dalla moglie e conseguente sindrome ansioso-depressiva, comprovata da certificazione medica) che hanno comportato la necessità di assumere un secondo autista, con conseguente incremento del costo lavoro dipendente, solo in parte compensato dall’aumento dei ricavi, dovuto esclusivamente al miglioramento del parco veicoli che, a sua volta aveva determinato maggiori costi per beni strumentali.

La Commissione regionale, con motivazione non illogica, incensurabile in sede di legittimità, ha ritenuto fondate tali giustificazioni, anche se suscettibili di diversa valutazione da parte dell’Ufficio.

Ancorchè la motivazione della sentenza impugnata possa apparire equivoca, tuttavia la stessa non ha ritenuto applicabile alla fattispecie gli studi di settore, (nella vigenza dei parametri), avendoli utilizzati, trattandosi di uno strumento più sofisticato, solamente per avallare la congruità del reddito dichiarato dal contribuente, non conforme, invece, con riferimento ai parametri. Non trattasi, quindi, di accoglimento di un motivo nuovo di ricorso, non potendo, peraltro, ritenersi tale la richiesta di valutazione della congruità del reddito dichiarato anche con riferimento agli studi di settore, essendo state contestate nei motivi originari di ricorso, le risultanze dei parametri alla fattispecie concreta.

E’, infatti, pacifico che gli studi di settore, L. n. 146 del 1998, ex art. 10, si applicano a partire dagli accertamenti relativi al periodo d’imposta nel quale sono in vigore e, comunque, non prima del 1 gennaio 1998, essendo applicabili,invece, i parametri per il periodo antecedente.

Tuttavia è in facoltà del giudice, per gli anni antecedenti al 1998, utilizzare gli studi di settore quale ulteriore strumento di valutazione dell’effettiva situazione economica del contribuente, unitamente ad altri elementi di riscontro, forniti dal soggetto d’imposta, al fine di vincere la presunzione fondata sui parametri.

Infatti gli studi di settore utilizzano per il calcolo dei ricavi non solo dati contabili ma anche dati strutturali dell’azienda extracontabili e l’ammontare dei ricavi presunti sulla base degli studi di settore ben può essere utilizzato dalla Commissione tributaria ai fini della corretta applicazione dei precedenti parametri, senza tuttavia poterli sostituire ad essi, potendo utilizzare soltanto quale strumento di valutazione.

Va conseguentemente rigettato il ricorso. Stante la natura della controversia e la peculiarità della fattispecie, sussistono giuste ragioni per la compensazione delle spese del grado di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Redazione