Giustizia amministrativa: compensazione spese di giudizio (Cons. Stato n. 4707/2012)

Redazione 05/09/12
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Fatto e diritto

Con ricorso davanti al TAR per il Lazio la signora ***** impugnava il silenzio rifiuto formatosi sulla domanda, in data 15 ottobre 2009, di concessione della cittadinanza italiana.
Con sentenza 7 marzo 2012 n. 2293 della sezione seconda quater, non notificata, il ricorso è stato accolto, ma è stata disposta la compensazione delle spese di lite.
Con atto notificato il 3 aprile 2012 e depositato il 17 seguente la signora C. ha appellato il capo di detta sentenza concernente quest’ultima statuizione, deducendo:
1.- violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 24 Cost., mancata condanna della parte soccombente al pagamento delle spese processuali.
2.- Violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 92, 118 e 2° disp. Att., 135 co. 1 n. 4 c.p.c., 111 Cost., o comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza sul punto relative alle spese di causa.
Le Amministrazioni intimate, pur ritualmente intimate, non si sono costituite in giudizio.
Ciò posto, la Sezione ritiene l’appello fondato.
Il primo giudice ha disposto la compensazione delle spese di causa tra le parti “sussistendo giusti motivi”.
Come precisato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, i “giusti motivi”, in base ai quali il giudice dispone la compensazione tra le parti in causa delle spese del giudizio in deroga al criterio generale della soccombenza fissati dall’art. 92 cod. proc. civ. (ora richiamato dall’art. 26 cod. proc. amm.), anche se non puntualmente specificati, devono quanto meno essere desumibili dal contesto della decisione (cfr. Cons. St., sez. V, 17 maggio 2007 n. 2475).
Nella specie, dalla sentenza appellata non emerge alcun elemento dal quale sia possibile evincere la sussistenza di tali “giusti motivi”, anzi la perentorietà con cui è stata affermata l’illegittimità dell’impugnato silenzio, serbato ben oltre il pur ampio termine di legge, li esclude di per sé, d’altro canto, dagli atti di causa non risultano ragioni che giustifichino la violazione dell’obbligo di provvedere, tanto più in mancanza di articolate difese del resistente Ministero dell’Interno.
Ne consegue che, in accoglimento dell’appello, la sentenza va riformata in parte qua, con conseguente condanna assenza del detto Ministero al pagamento delle spese di primo grado, nella misura liquidata in dispositivo.
A carico dello stesso Ministero vanno poste, altresì, le spese del presente grado, parimenti liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello medesimo e, per l’effetto, in riforma in parte qua della sentenza appellata condanna il Ministero dell’interno alla rifusione delle spese di primo grado, liquidate in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00).
Condanna inoltre il predetto Ministero al pagamento in favore dell’appellante delle spese del presente grado, che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00).
Agli importi così liquidati si aggiungono, per ciascun grado, gli accessori obbligatori per legge (incluso il rimborso del contributo unificato, in quanto versato).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2012

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