Competenza per valore nelle cause in materia di rapporti obbligatori

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Deroga al principio di cui all’art. 12 c.p.c., in forza del quale il valore si determina in base alla parte del rapporto che è in contestazione

Nelle cause in materia di rapporti obbligatori il principio sancito dall’art. 12 c.p.c., in forza del quale il valore (ai fini della competenza) si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione, subisce una deroga nell’ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all’esistenza o alla validità del rapporto, il quale, di conseguenza, dovrà essere preso interamente in considerazione ai fini della determinazione del valore della controversia.

Lo ha stabilito il Giudice di Pace di Catania, con ordinanza n. 398/2021 del 22.06.2021, richiamando quanto già in precedenza chiarito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 2737 del 23.02.2012.

Sommario:

La vicenda

In un condominio, i quattro proprietari degli immobili ivi presenti deliberavano l’esecuzione dei lavori di rifacimento di uno dei prospetti dell’edificio ormai ammalorato.

Non potendo Tizia (una dei predetti proprietari) pagare la propria quota di spettanza dell’importo dovuto all’impresa edile incaricata di eseguire i lavori, la relativa somma veniva anticipata (con animo di rivalsa) dai proprietari degli altri tre immobili del condominio.

Eseguiti i lavori di ristrutturazione, la signora la cui quota era stata anticipata dagli altri condomini provvedeva a restituire quanto anticipatole dagli altri condòmini esclusivamente a due di essi, omettendo invece di restituire quanto anticipato da Caia (la terza condomina che aveva contribuito al pagamento della quota dovuta da Tizia).

Conseguentemente, dopo aver inutilmente provato a recuperare bonariamente l’importo spettantele, Caia, invocando le norme sull’adempimento dell’obbligo del terzo (che a loro volta comportano l’applicazione della disciplina sull’ingiustificato arricchimento, se l’adempimento è stato effettuato con spirito di rivalsa), provvedeva ad agire in giudizio nei confronti di Tizia (che nel frattempo aveva venduto l’appartamento), chiedendo che la stessa venisse condannata al pagamento della somma di € 540,00, a titolo di arricchimento senza causa derivante dall’indubbio vantaggio economico conseguito dalla mancata restituzione della somma che era stata anticipata in suo favore.

L’ex vicina si costitutiva in giudizio contestando la debenza delle somme richieste dall’attrice, e, sostenendo che Caia avesse manifestato la volontà di acquistare l’immobile di Tizia, e che si fosse poi resa responsabile per il fallimento delle relative trattative, in riconvenzionale, chiedeva che l’attrice venisse condannata al pagamento della maggior somma di € 18.666,57, da ricomprendere comunque entro la competenza del Giudice di Pace, a titolo di risarcimento del danno conseguente all’insorgenza in capo alla stessa di responsabilità precontrattuale.

Le somme al cui pagamento la convenuta, in via riconvenzionale, chiedeva che l’attrice venisse condannata derivavano (secondo quanto asserito dalla stessa) dalla somma tra: l’importo dato dalla differenza tra il prezzo offerto da Caia in sede di trattative ed il (minor) prezzo pagato dal successivo acquirente; l’importo pagato a titolo di commissione all’agenzia immobiliare che aveva trovato il nuovo acquirente; gli ulteriori interessi sul mutuo pagati da Tizia per il periodo successivo al fallimento delle trattative con Caia.

Alla prima udienza, benché la convenuta avesse espressamente limitato il quantum della propria domanda entro i limiti della competenza per valore del Giudice di Pace, i difensori dell’attrice eccepivano l’incompetenza per valore del giudice adito a conoscere della domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta e, invocando l’applicazione dell’art. 36 c.p.c., chiedevano che il giudice disponesse la prosecuzione del giudizio innanzi a sé limitatamente alla domanda principale, disponendo, invece, la fissazione di un termine per la riassunzione della causa innanzi al Tribunale con riferimento alla domanda riconvenzionale.

Il Giudice di Pace di Catania, a scioglimento della riserva assunta all’udienza di prima comparizione delle parti, in accoglimento dell’eccezione di incompetenza formulata dall’attrice con riferimento alla domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta, disponeva la separazione delle cause e la prosecuzione innanzi a sé unicamente della causa avente ad oggetto la domanda principale, assegnando invece un termine di sessanta giorni per la riassunzione della causa innanzi al Tribunale con riferimento alla sola domanda riconvenzionale.
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Normativa di riferimento

Art. 7 c.p.c.Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquemila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice.

Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi ventimila euro.

È competente qualunque ne sia il valore:

1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;

2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;

3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità.

3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali”.

Art. 10 c.p.c.Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti.

A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti [1282 c.c.], le spese e i danni [1223 ss.2043 c.c.], anteriori alla proposizione si sommano col capitale”.

Art. 12 c.p.c.Il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio [1173 ss. c.c.] si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione.

Il valore delle cause per divisione [784713 c.c.] si determina da quello della massa attiva da dividersi”.

Art. 34 c.p.c.Il giudice, se per legge [124 c.c.] o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato [3242909 c.c.] una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore [7 ss.] alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio [152153] per la riassunzione della causa davanti a lui [50307125 att.]”.

Art. 35 c.p.c.Quando è opposto in compensazione [1241 ss. c.c.] un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore [7 ss.] del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per la decisione relativa all’eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre, l’esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione [119]; altrimenti provvede a norma dell’articolo precedente”.

Art. 36 c.p.c.Il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali [167183416418] che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purché non eccedano la sua competenza per materia o valore [7 ss.]; altrimenti applica le disposizioni dei due articoli precedenti”.

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La competenza per valore e le modifiche determinate da ragioni di connessione

Uno dei criteri (assieme a quello della materia) per il riparto della competenza (in senso verticale) tra Giudice di Pace e Tribunale è rappresentato dal valore della controversia che deve essere incardinata.

L’articolo 7 del Codice di procedura civile individua le soglie di valore entro le quali le controversie rientrano nella competenza del Giudice di Pace, distinguendo tra cause che hanno ad oggetto beni mobili (al comma 1), e cause che hanno ad oggetto la richiesta risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti (al comma 2).

Segnatamente, il Giudice di Pace è competente per le cause che hanno ad oggetto beni mobili purché di valore non superiore a cinquemila euro (fatte salve quelle materie che rientrano nella competenza per materia di altro giudice), e per le cause che hanno ad oggetto la richiesta di risarcimento danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti purché di valore non superiore a ventimila euro.

Appare doveroso sottolineare che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 27, comma 1, lett. a) num. 1 lett. a), del D.Lgs. 13 luglio 2017 n.116 (Riforma Orlando), a partire dal 31 ottobre 2025 (salvo proroghe), è previsto un ampliamento della competenza per valore del Giudice di Pace che sarà portata a trentamila per le cause di cui al comma 1, ed a cinquantamila per le cause di cui al comma 2.

Il comma 3 del già citato art. 7 c.p.c., invece, individua tutta una serie di cause nelle quali il Giudice di Pace è competente indipendentemente dal valore delle stesse (competenza per materia). Anche tale comma è stato interessato dalla riforma di cui sopra, con la conseguenza che, sempre a partire dal 31 ottobre 2025 (salvo proroghe), sarà ampliata ulteriormente pure la competenza per materia del Giudice di Pace, che ricomprenderà anche le controversie aventi ad oggetto l’usucapione di beni immobili e i diritti reali, il diritto di accessione, il diritto di superficie, il riordinamento della proprietà rurale (purché di valore non superiore a trentamila euro), nonché quelle condominiali ai sensi dell’art. 71 quater disp. att. c.c., quelle in tema di luci, stillicidio e acque, occupazione e invenzione, specificazione unione e commistione, servitù prediali, possesso.

A ciò si aggiunge anche l’art. 15-bis c.p.c., introdotto proprio dalla Riforma Orlando (art. 27, comma 1, lett. a) n. 2) del d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116), che, in tema di espropriazione forzata, disciplinerà il riparto della competenza tra Giudice di Pace e Tribunale (attualmente di competenza esclusiva del Tribunale), una volta entrata in vigore la predetta riforma, ovvero a partire dal 31 ottobre 2025 (salvo ulteriori proroghe).

La competenza del Tribunale, invece, è determinata in maniera residuale. L’art. 9 c.p.c., infatti, stabilisce che il Tribunale è competente per tutte le cause che non rientrano nella competenza di altro giudice.

Conseguentemente, il Tribunale è competente per le cause che eccedono la competenza per valore del Giudice di Pace, e, in ogni caso, ai sensi di quanto previsto dall’art. 9, comma 2, per ogni causa di valore indeterminabile.

Ulteriormente, il predetto comma 2 dell’art. 9 c.p.c. individua, altresì, tutta una serie di materie nelle quali il Tribunale è esclusivamente competente indipendentemente dal valore delle stesse (competenza per materia esclusiva).

Per quanto concerne i criteri per la determinazione del valore della causa ai fini della competenza, essi sono individuati dagli articoli 10 e ss. del Codice di Procedura Civile.

Segnatamente, l’art. 10 ha carattere generale e stabilisce che, ai fini della competenza, il valore della controversia deve essere determinato prendendo in considerazione il valore della domanda principale (c.d. capitale), al quale bisogna sommare il valore degli interessi scaduti fino al giorno della proposizione della domanda, delle spese, dei danni e della rivalutazione monetaria.

Ulteriormente, ai sensi di quanto previsto dal comma 2 del medesimo articolo, nel caso di cumulo oggettivo (ovvero di proposizione nello stesso giudizio di più domande contro la medesima persona), ai fini della determinazione del valore della causa, le stesse devono essere sommate tra di loro.

Gli articoli da 11 a 17 del codice di rito, invece, individuano regole particolari per la determinazione del valore delle cause con riferimento a specifiche tipologie di controversie, distinguendo tra: cause relative a obbligazioni tra più parti (art. 11 c.p.c.); cause in materia di rapporti obbligatori, locazioni e divisioni (art. 12 c.p.c., sul quale si tornerà nel paragrafo seguente); cause relative a prestazioni alimentari e rendite (art. 13 c.p.c.); cause relative a somme di denaro e a beni mobili (art. 14 c.p.c.); cause relative a beni immobili (art. 15 c.p.c.); cause relative all’esecuzione forzata (art. 17 c.p.c.).

Orbene, fatte queste doverose premesse sulla competenza per valore e sui criteri per il riparto della stessa, è bene precisare che, ai sensi di quanto previsto dagli art. 31 e ss. del Codice di rito, delle modifiche alla competenza per valore possono essere determinate da ragioni di connessione.

Segnatamente, la proposizione di domande riconvenzionali, di eccezioni di compensazione, ovvero l’esigenza di procedere a degli accertamenti incidentali sui quali è necessario che il giudice si pronunci con efficacia di giudicato, possono determinare degli spostamenti della competenza in favore di altro giudice.

In particolare, proprio con riferimento a quest’ultima circostanza, l’art. 34 c.p.c. prevede che nell’ipotesi in cui, per espressa previsione di legge o per esplicita domanda di una delle parti, è necessario che il giudice si pronunci con efficacia di giudicato su una questione pregiudiziale che rientra nella competenza per materia o per valore di un giudice superiore, l’intera causa dovrà essere rimessa innanzi a quest’ultimo, previa assegnazione alle parti di un termine perentorio per la riassunzione della causa innanzi al giudice superiore.

Un primo aspetto sul quale appare doveroso fare preliminarmente chiarezza è quello che concerne il concetto di “questione pregiudiziale rilevante” ai fini dello spostamento della competenza.

A tal fine la Giurisprudenza (cfr. Cass. Civ. sez. III, 12.07.2005, n. 14578) ha chiarito che la questione pregiudiziale idonea ad incidere sulla competenza del giudice adito, ai sensi di quanto previsto dall’art. 34 c.p.c., presuppone: sia che essa investa un elemento costituente un antecedente logico necessario (di fatto o di diritto) della controversia principale; sia che lo stesso assuma rilievo autonomo rispetto al rapporto controverso principale, in quanto destinato a proiettare le sue conseguenze giuridiche al di fuori della causa principale, con la formazione della cosa giudicata.

Ciò premesso, alla luce di quanto si ricava dal tenore letterale della summenzionata disposizione, le modifiche alla competenza determinate da ragioni di connessione per pregiudizialità possono verificarsi esclusivamente in senso verticale “verso l’alto”. La legge, infatti, contempla esclusivamente il caso di rimessione dell’intera causa innanzi al giudice superiore che sia competente per la questione pregiudiziale.

Da ciò si ricavano due corollari: il primo è rappresentato dal principio per cui la competenza per valore del giudice inferiore può essere derogata sia con riferimento alla causa principale (si pensi all’ipotesi in cui il giudice competente per la domanda principale rimetta la causa al giudice superiore competente a pronunciarsi sulla questione pregiudiziale), sia con riferimento alla causa pregiudiziale (si pensi all’ipotesi in cui il giudice superiore competente per la domanda principale si pronunci anche sulla domanda pregiudiziale di competenza di un giudice inferiore).

Il secondo, invece, è che la competenza per valore del giudice superiore è inderogabile (infatti, se nel corso di un giudizio di competenza del giudice superiore dovesse sorgere una questione pregiudiziale di competenza del giudice inferiore, il primo dovrà pronunciarsi con efficacia di giudicato anche sulla questione pregiudiziale, e non potrà rimettere quest’ultima al giudice inferiore).

Per quanto concerne, invece, le modifiche alla competenza determinate dalla proposizione di una eccezione di compensazione, tale circostanza è disciplinata dall’art. 35 c.p.c.

Con riferimento all’eventualità in cui nell’ambito di un giudizio dovesse essere proposta dal convenuto un’eccezione di compensazione che ecceda la competenza per valore del giudice adito, la summenzionata disposizione offre al giudice una duplice alternativa. Quest’ultimo, infatti, può decidere di rimettere l’intera causa (comprensiva sia della domanda principale che dell’eccezione di compensazione) innanzi al giudice superiore, ovvero, nell’ipotesi in cui la domanda principale fosse fondata su un titolo non controverso o facilmente accertabile, potrebbe decidere su di essa, rimettendo le parti innanzi al giudice superiore esclusivamente per l’eccezione di compensazione, assegnando loro un termine per la riassunzione della causa (limitatamente all’eccezione di compensazione) davanti al predetto giudice.

I presupposti affinché la proposizione di una eccezione di compensazione possa determinare uno spostamento della competenza per ragioni di connessione sono i seguenti. Il primo è che il controcredito opposto in compensazione ecceda la competenza per valore del giudice adito (in caso contrario, infatti, non si porrebbe il problema dello spostamento della competenza innanzi al giudice superiore). Il secondo dei requisiti richiesti è che il controcredito opposto in compensazione sia contestato. La contestazione del credito, infatti, rende lo stesso illiquido e dunque impedisce l’operatività della compensazione legale, rendendo necessario che si proceda all’accertamento dello stesso. Il terzo ed ultimo presupposto, invece, è che la domanda principale sia fondata su un titolo controverso o non facilmente accertabile. Infatti, solo in tale eventualità il giudice ha l’obbligo di rimettere l’intera causa innanzi al giudice superiore (che quindi si pronuncerà anche sulla domanda principale). Diversamente, nell’ipotesi in cui la domanda principale fosse fondata su un titolo non controverso o facilmente accertabile, il giudice inferiore potrebbe decidere di pronunciarsi sulla domanda principale, rimettendo le parti innanzi al giudice superiore esclusivamente con riferimento all’eccezione di compensazione.

Infine, l’ultima ipotesi di modifica alla competenza determinata da ragioni di connessione è quella contemplata dall’art. 36 c.p.c., che concerne l’eventualità in cui dovesse essere proposta una domanda riconvenzionale eccedente la competenza per valore del giudice adito (che poi è l’ipotesi verificatasi nel caso preso in esame).

Con riferimento a tale questione, così come specificato anche dalla medesima norma, appare innanzitutto doveroso precisare che il giudice competente per la causa principale statuisce anche sulle eventuali domande riconvenzionali proposte dal convenuto, a condizione però che esse dipendano dallo stesso titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, e che esse non eccedano la competenza per valore del giudice adito.

La mancanza di una delle due superiori condizioni dà luogo a conseguenza diverse.

Nel primo caso, e cioè nell’eventualità in cui la domanda riconvenzionale dipendesse da un titolo diverso da quello dedotto in giudizio dall’attore o appartenente alla causa come mezzo di eccezione, la conseguenza sarà l’inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta (la cui declaratoria è frutto di una valutazione riservata al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata).

Nel secondo caso, invece, e cioè nell’ipotesi in cui il valore della domanda riconvenzionale proposta dal convenuto dovesse eccedere la competenza del giudice adito per la domanda principale, quest’ultimo si troverà di fronte a due diverse alternative, una delle quali comporta proprio uno spostamento della competenza per ragioni di connessione.

Segnatamente, ai sensi di quanto previsto dal già citato art. 36 c.p.c., il giudice competente per la causa principale, a seconda che la domanda principale sia o meno facilmente accertabile, potrà decidere se decidere sulla domanda principale e rimettere le parti innanzi al giudice superiore limitatamente alla domanda riconvenzionale, fissando loro un termine per la riassunzione della causa innanzi al suddetto giudice, ovvero se rimettere le parti innanzi al giudice superiore per la decisione dell’intera causa (comprensiva sia della domanda principale che di quella riconvenzionale).

In tale ultima eventualità si realizza uno spostamento della competenza per ragioni di connessione per riconvenzione, in quanto la domanda principale (rientrante nella competenza di un giudice inferiore) verrebbe decisa da un giudice superiore proprio in conseguenza della proposizione di una domanda riconvenzionale eccedente la competenza per valore del giudice originariamente adito per la domanda principale.

La competenza per valore in materia di rapporti obbligatori e la deroga al principio di cui all’art. 12 c.p.c.

L’art. 12, comma 1, del codice di rito individua il criterio per la determinazione (ai fini della competenza) del valore delle cause in materia di rapporti obbligatori.

Segnatamente, la sopra richiamata disposizione prevede che nelle controversie che hanno ad oggetto l’esistenza, la validità o la risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio, il valore delle stesse si determina avendo riguardo unicamente a quella parte del rapporto che è in contestazione.

Tale principio incontra tuttavia una deroga nelle ipotesi in cui (come nel caso in esame), ancorché la parte del rapporto giuridico obbligatorio in contestazione rientrasse nella competenza per valore del Giudice di Pace, si rendesse necessario esaminare con efficacia di giudicato (e quindi non semplicemente incidenter tantum) le questioni attinenti all’esistenza, alla validità o alla risoluzione del predetto rapporto obbligatorio.

In tale circostanza, infatti, ai fini della determinazione della competenza, bisognerà avere riguardo non semplicemente a quella parte del rapporto in contestazione, bensì al valore dell’intero rapporto giuridico obbligatorio considerato nella sua interezza.

Orbene, la situazione verificatasi nel caso in esame risulta sussumibile all’interno della fattispecie contemplata dall’art. 36 c.p.c.

In concreto, infatti, la convenuta ha proposto domanda riconvenzionale, chiedendo che, previo accertamento della responsabilità precontrattuale da parte dell’attrice, la stessa venisse condanna, a titolo di risarcimento del danno, al pagamento di circa diciottomila euro, precisando però che l’importo della condanna avrebbe dovuto essere limitato entro la competenza per valore del Giudice di Pace.

Benché la convenuta in comparsa avesse espressamente specificato che il valore della propria domanda riconvenzionale avrebbe dovuto considerarsi contenuto entro i limiti della competenza del Giudice di Pace (e ciò con l’evidente obiettivo, per un verso, di paralizzare la pretesa creditoria vantata dall’attrice, e, per altro verso, di evitare che la proposizione della riconvenzionale potesse determinare uno spostamento della competenza, in senso verticale, in favore del Tribunale), il Giudice di Pace, accogliendo l’eccezione formulata dall’attrice, ha dichiarato la propria incompetenza per valore, disponendo la prosecuzione del giudizio innanzi a sé limitatamente alla domanda principale, e fissando, invece, un termine di sessanta giorni per la riassunzione della causa innanzi al Tribunale con riferimento alla sola domanda riconvenzionale.

Con l’ordinanza n. 398/2021 del 22.06.2021, infatti, il Giudice di Pace di Catania ha affermato che “è fondata l’eccezione di incompetenza per valore di questo decidente in ordine alla domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta. Infatti, se è pur vero che la convenuta abbia proposto una domanda risarcitoria espressamente ricompresa nell’ambito di competenza per valore del giudice di pace (5.000,00 euro), è altrettanto indiscutibile che la pronuncia su tale domanda riconvenzionale presuppone l’esame da parte del giudice adito (e non incidentalmente) della questione afferente alla sussistenza o meno di una responsabilità precontrattuale in ordine al contratto che avrebbe dovuto essere concluso inter partes, avente valore di € 175.000,00 euro. In altri termini la domanda risarcitoria può essere accolta o rigettata soltanto dopo che il giudice adito esamini, con efficacia di giudicato, la questione relativa alle vicende del contratto sottostante, il cui valore esula chiaramente la propria competenza”.

Quanto al principio di diritto sotteso alla pronuncia con cui il Giudice di Pace di Catania ha rilevato il proprio difetto di competenza, si legge ulteriormente nell’ordinanza che “secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di competenza per valore, l’art. 12, primo comma, c.p.c. secondo il quale il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione – subisce deroga nell’ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all’esistenza o alla validità del rapporto, che va, pertanto, interamente preso in considerazione ai fini della determinazione del valore dalla causa (Cass. Civ. nn. 2337/2012 – 21529/2004 – 8958/1998)”.

In conclusione, dalle motivazioni espresse dal Giudice di Pace all’interno della propria ordinanza, si comprendono le ragioni per cui il decidente ha ritenuto fondata l’eccezione di incompetenza per valore formulata dall’attrice quanto alla domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta; e ciò nonostante quest’ultima avesse espressamente precisato che il petitum della propria domanda avrebbe dovuto ritenersi ricompreso entro i limiti della competenza per valore del Giudice di Pace.

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Colombo Claudio

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