Gesto ambiguo: lite “all’italiana” (Cass. pen. n. 35477/2012)

Redazione 14/09/12
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

Con sentenza del 28.6.2010, il Giudice di Pace di Reggio Calabria dichiarò F.G. responsabile dei reati di cui agli artt. 635 e 612 c.p., e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione – concesse le attenuanti generiche equivalenti – lo condannò alla pena di Euro 750,00 di multa.
Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e il Tribunale di Reggio Calabria, in composizione monocratica, con sentenza del 29.4.2011, ritenuto che la circostanza riferita dalla parte offesa G.F.C. (ovvero che il F. quando lo vide gli “fece con le mani un gesto che avrebbe significato ti spacco il fondo schiena”), non sembra integrare gli estremi della minaccia (ben potendo il gesto riferirsi alla possibile caduta di grossi massi, come affermato dall’imputato, e trovando conferma tale versione nella documentazione relativa a un sopralluogo dei Vigili del Fuoco nella medesima giornata e sul medesimo luogo per riversamento di pietrame dal muro posto a sostegno del terrapieno sovrastante la strada privata per il fondo posto lungo la via (omissis) con riversamento del pietrame sulla stessa strada), in parziale accoglimento dell’appello proposto nell’interesse assolveva F.G. dal reato p. e p. dall’art. 612 c.p. perché il fatto non sussiste, e per l’effetto rideterminava la pena nella misura di Euro 500,00 di multa. Rigettava nel resto l’appello e condannava l’imputato al pagamento delle spese processuali. Compensava integralmente le spese nei confronti delle costituite parti civili.
Ricorre per cassazione il difensore delle parti civili, deducendo: 1) la violazione dell’art. 606 lett. b) e) c.p.p., mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in riferimento all’assoluzione dell’imputato dall’imputazione di minaccia, avendo lo stesso Tribunale riconosciuto la piena attendibilità delle parti offese, la qual cosa avrebbe dovuto portare a una conferma della condanna di primo grado; 2) la violazione dell’art. 606 lett. b) c.p.p., per erronea applicazione della legge penale in riferimento alla statuizione con la quale nonostante la conferma della condanna per il reato sub a) venivano compensate le spese di liti nei confronti delle costituite parti civili.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

 

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, il difensore delle parti civili ha dedotto vizio di motivazione in ordine all’assoluzione dell’imputato dal delitto di minaccia, attesa la contraddittorietà e illogicità delle argomentazioni al riguardo sviluppate. In sostanza, il ricorrente si duole del fatto che nonostante la dichiarata attendibilità della parte offesa, il Tribunale abbia ritenuto plausibile la giustificazione addotta dall’imputato, senza tenere conto che se il F. avesse avuto la volontà di dialogare con il G. certamente non si sarebbe recato nella proprietà della parte offesa a danneggiare le piante e certamente non avrebbe avuto bisogno di ricorrere ad una simbologia gestuale il cui significato è inequivocabile in qualunque parte del mondo.
La doglianza è priva di consistenza e formulata in termini di una inammissibile richiesta di rivalutazione di fatti.
Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Il parziale accoglimento dell’impugnazione dell’imputato non elimina la condanna, sicché – pur impedita la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali – è consentita invece la condanna dello stesso alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di impugnazione, in base alla decisiva circostanza della mancata esclusione del diritto della parte civile. Il Giudice può peraltro disporre, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale delle spese, sulla base di un potere discrezionale attribuito dalla legge e il cui esercizio non è censurabile in sede di legittimità, se – come nella fattispecie – congruamente motivato in ragione del parziale accoglimento dell’appello (v. Cass. S.U., sent. n. 6402/1997).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione