Gare pubbliche di appalto e sindacato del Giudice Amministrativo

Redazione 29/06/11
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N. 03807/2011 REG.PROV.COLL.

N. 06759/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6759 del 2010, proposto da***

contro***

nei confronti di***

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. II ter, n. 18980 del 18 giugno 2010, resa tra le parti, concernente APPALTO SERVIZIO DI DECORO E MANUTENZIONE DEL VERDE PUBBLICO NEI CIMITERI CAPITOLINI PER UN PERIODO DI TRENTASEI MESI;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Multiservizi Spa, in proprio e quale capogruppo mandataria del Raggruppamento temporaneo di imprese con ***********, e di quest’ultima;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2011 il Cons. ************** e uditi per le parti gli avvocati ******, ********* e *****;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

1. AMA S.p.A. con avviso pubblicato sulla G.U.C.E. in data 13 marzo 2009 indiceva una gara a procedura aperta per l’affidamento del “Servizio decoro e manutenzione del verde pubblico nei cimiteri capitolini per un periodo di 36 mesi”, da aggiudicarsi col sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

All’esito della gara il servizio veniva aggiudicato, prima provvisoriamente e poi definitivamente, alla costituenda A.T.I. tra il Consorzio Formula Ambiente Società Cooperativa Sociale e Ecoflora 2 s.r.l., la cui offerta aveva conseguito complessivamente punti 73,195 (punti 25,00 per la parte tecnica e punti 48,195 per quella economica).

2. Roma Multiservizi S.p.A. e ******* s.r.l., che in costituenda A.T.I. Roma Multiservizi avevano partecipato alla predetta gara, classificandosi al secondo posto con punti 70,216 (di cui 40 per l’offerta tecnica e 30,126 per quella economica), chiedevano al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio l’annullamento delle note con le quali era stato loro reso noto l’esito della gara in questione, deducendone l’illegittimità alla stregua di due motivi di censura, entrambi imperniati sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 86 ss. del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, eccesso di potere, illogicità manifesta, difetto di istruttoria, ingiustizia, e sviamento, e avanzando domanda di risarcimento dei danni subiti: in sintesi lamentavano l’illegittimità e l’erroneità della valutazione dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, nonché l’inaffidabilità della stessa, erroneamente non apprezzata dall’amministrazione, essendo essa, a loro avviso, del tutto insufficiente a coprire integralmente i costi del personale impiegato nell’esecuzione dell’appalto in ragione delle ore di lavoro necessarie e dei minimi retributivi fissati dalla contrattazione collettiva di settore.

L’A.T.I. controinteressata (tra Consorzio Formula Ambiente Società Cooperativa Sociale e Ecoflora 2 s.r.l.), oltre a costituirsi in giudizio per resistere all’avversa domanda giudiziale, spiegava ricorso incidentale, chiedendo l’annullamento degli stessi atti già impugnati in via principale, nella parte in cui non era stata disposta l’esclusione dalla gara dell’A.T.I. Roma Multiservizi, giacché quest’ultima, in quanto società affidataria diretta di servizi pubblici, non avrebbero potuto neppure partecipare a procedure ad evidenza pubblica ai sensi dell’art. 23 bis del decreto – legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2008, n. 133.

L’A.T.I. Roma Multiservizi proponeva poi motivi aggiunti, chiedendo l’annullamento anche della determina dell’amministratore delegato di AMA S.p.A. n. 271 del 19 ottobre 2009, recante l’aggiudicazione definitiva dell’appalto in questione alla costituenda A.T.I. Consorzio Formula Ambiente Società Cooperativa Sociale e Ecoflora 2 s.r.l., denunciandone l’illegittimità per violazione dei principi del giusto procedimento, violazione degli artt. 87 e 88 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, eccesso di potere nella forma del travisamento, dell’erronea valutazione, interpretazione ed applicazione dei presupposti, violazione del principio di par condicio dei concorrenti, reiterando sostanzialmente le censure sollevate col ricorso principale ed osservando in particolare che le giustificazioni fornite dall’A.T.I. aggiudicataria erano state erroneamente valutate in maniera positiva dall’amministrazione appaltante.

3. L’adito tribunale, sez. II ter, con la sentenza 18980 del 18 giugno 2010, disposta una verificazione in relazione alle denunciate anomalie dell’offerta presentata dall’A.T.I. aggiudicataria, dopo aver respinto il ricorso incidentale per infondatezza della censura con esso sollevata, ha accolto il ricorso principale, ritenendo, sulla scorta delle conclusioni della relazione di verificazione, effettivamente incongrua l’offerta presentata dall’A.T.I. aggiudicataria in riferimento al costo della mano d’opera non conforme alla disciplina vigente, tanto più che non potevano condividersi le argomentazioni sviluppate nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia circa il cumulo degli sgravi contributivi per l’utilizzazione di lavoratori svantaggiati; è stata altresì respinta la domanda di risarcimento del danno.

4. Con atto di appello notificato a mezzo del servizio postale il 16 luglio 2010 AMA S.p.A. ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua di un unico articolato motivo di gravame, rubricato “Violazione, falsa applicazione dell’art. 44 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054; violazione, falsa applicazione degli artt. 61 ss. E 191 ss. c.p.c., nonché 90 ss. disp. att.; eccesso di potere giurisdizionale; difetto di istruttoria; erroneità ed incongruità della motivazione; illogicità; ingiustizia manifesta”.

Premessa una minuziosa ricostruzione della procedura di gara e del processo di primo grado ed evidenziato che la controversia è incentrata sulla complessa e delicata questione della verifica della congruità dell’offerta presentata dall’A.T.I. aggiudicataria e della relativa valutazione positiva da parte dell’amministrazione appaltante, la società appellante, dopo aver rilevato che i primi giudici avevano acriticamente recepito le conclusioni contenute nella relazione della disposta verificazione: a) ha delineato i tratti distintivi tra la verificazione e la consulenza tecnica d’ufficio ed ha osservato che in ogni caso, anche ammettendo che la valutazione circa l’anomalia dell’offerta possa essere oggetto di verifica, giammai il giudice, anche attraverso la verificazione o la consulenza tecnica, può sostituire le proprie valutazioni a quelle dell’amministrazione; b) ha quindi evidenziato i pretesi vizi che inficiano irrimediabilmente le operazioni di verifica o di consulenza disposte dai primi giudici, sia quanto alla formulazione dei quesiti per il mancato rispetto del contraddittorio, sia per l’omessa prestazione del giuramento da parte del c.t.u., sia per l’omessa verbalizzazione delle operazioni da questo compiute, sia per l’indebita partecipazione alle stesse ad altro soggetto della cui opera si sarebbe avvalso il consulente (con riguardo ad uno specifico quesito peraltro neppure formulato dai giudici), sia infine con riferimento alle illogiche, contraddittorie, incoerenti e comunque erronee conclusioni raggiunte in relazione alla presunta inaffidabilità dell’offerta dell’A.T.I. aggiudicataria; c) ha contestato che la consulenza tecnica eseguita, indipendentemente dalle sue gravi carenze formali e procedurali, si basi su parametri di accertamento confacenti al procedimento delineato dagli articoli 86 – 89 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e che in ogni caso sia in grado di dimostrare la inattendibilità dell’offerta prodotta dall’A.T.I. aggiudicataria, rilevando che le operazioni peritali non potevano che limitarsi al solo controllo della correttezza logica del procedimento di verifica eseguito dall’amministrazione; d) ha quindi contestato specificamente le conclusioni raggiunte dall’ausiliare del giudice con riferimento ai singoli quesiti oggetto di indagine, sottolineandone l’erroneità complessiva e le singole presunte incongruenze, contraddittorietà ed illogicità; e) ha infine lamentato l’abnormità della liquidazione del compenso al consulente, inopinatamente posto a suo solo carico, benché ricorressero i presupposti per la disposta compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

5. Hanno resistito al gravame Roma Multiservizi S.p.A., in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda A.T.I. con ******* s.r.l., nonché quest’ultima, in proprio e quale mandante della predetta costituenda A.T.I., chiedendone il rigetto siccome inammissibile ed infondato.

Non si è costituita in giudizio l’A.T.I. tra Consorzio Formula Ambiente Società Cooperativa Sociale e Ecoflora 2 s.r.l., cui il gravame risulta tempestivamente e ritualmente notificato.

6. Nell’imminenza dell’udienza pubblica di trattazione le parti costituite hanno ritualmente illustrato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive.

All’udienza pubblica del 14 gennaio 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

7. L’appello è infondato.

7.1. Occorre innanzitutto esaminare le doglianze che attengono alla stessa ammissibilità della verificazione disposta nel primo grado di giudizio ed ai presunti vizi formali e procedurali che avrebbero caratterizzato il relativo espletamento.

7.1.1. In ordine all’ammissibilità da parte del giudice amministrativo di disporre una verificazione ovvero una consulenza tecnica d’ufficio sulle valutazioni compiute dalla stazione appaltante in sede di riscontro delle anomalie delle offerte presentate, deve rilevarsi che dette valutazioni sono considerate espressione di un ampio potere tecnico – discrezionale, insindacabile in sede giurisdizionale salva l’ipotesi in cui esse siano palesemente illogiche, irrazionali o fondate su insufficiente motivazione o su errori di fatto (ex multis, C.d.S., sez. V, 23 novembre 2010, 22 giugno 2010, n. 3890, 18 marzo 2010, n. 1589, 29 gennaio 2009, 8 luglio 2008, n. 8 luglio 2008).

Se pertanto può anche convenirsi sull’assunto che nella materia de qua il sindacato giurisdizionale può esplicarsi in un ambito di per sé molto limitato, non potendo giammai giungersi alla sostituzione della valutazione operata dall’amministrazione con quella del giudice (pena la violazione dello stesso fondamentale principio della separazione dei poteri), deve tuttavia rilevarsi che detto sindacato ben può compendiarsi nell’accertare se il potere dell’amministrazione appaltante non solo sia stato esercitato con l’utilizzazione delle regole tecniche conformi a criteri di logicità, congruità, ragionevolezza e corretto apprezzamento dei fatti, ma anche e soprattutto se le valutazioni operate siano attendibili (C.d.S., sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1658; sez. V, 3 dicembre 2005, n. 7059; sez. VI, 9 novembre 2006, n. 6607).

Diversamente opinando (cioè aderendo alla tesi, invero formalistica, prospettata dall’appellante di ammissibilità di un sindacato esterno e debole sul potere concretamente esercitato) si finirebbe per violare, altrettanto macroscopicamente, il principio fissato dall’art. 113 della Costituzione, sottraendo ingiustificatamente al sindacato giurisdizionale una notevolissima e rilevantissima parte dell’attività provvedimentale della pubblica amministrazione ed in particolare quella che, proprio per essere caratterizzata da valutazioni tecnico – discrezionali, maggiormente può incidere sulle posizioni soggettive degli amministrati; sul punto peraltro deve ricordarsi che già con la decisione 9 novembre 2006, n. 6607, della Sesta Sezione di questo Consiglio di Stato, è stato osservato che l’effettività della tutela è garantita “…solo attraverso un sindacato, anche sull’esercizio della c.d. discrezionalità tecnica, che non sia meramente estrinseco, limitato ad una verifica dell’assenza di palesi travisamento o di manifeste illogicità. Infatti, tramontata l’equazione discrezionalità tecnica – merito insindacabile a partire dalla sentenza n. 601/99 della IV Sezione del Consiglio di Stato, il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della p.a. può oggi svolgersi in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì alla verifica diretta di attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed al procedimento applicativo, potendo il giudice utilizzare per tale controllo sia il tradizionale strumento della verificazione, che la c.t.u.”.

Non può pertanto condividersi la tesi dell’erroneità dell’operato dei primi giudici che, avendo evidentemente dubitato – sulla scorta dei motivi di censura sollevati dai ricorrenti in primo grado – non tanto e non solo della legittimità formale del procedimento conclusosi con il giudizio di congruità dell’offerta prodotta dall’A.T.I. aggiudicataria, quanto piuttosto dell’attendibilità delle conclusioni raggiunte dall’amministrazione appaltante ed in definitiva della complessiva attendibilità della stessa offerta dell’A.T.I. aggiudicataria e delle relative giustificazioni (dubbio che peraltro ha trovato conferma all’esito del controllo operato con la verificazione), ha dato ingresso al controllo della valutazione operata dell’amministrazione appaltante.

Né deve confondersi tra i diversi e distinti concetti di sindacato sulla valutazione operata dall’amministrazione (alla quale potrebbe seguire una (nuova) valutazione (del giudice) in sostituzione della precedente, inammissibile) e di controllo dell’attendibilità della valutazione, che riguarda invece il corretto accertamento ed esame dei fatti e dei documenti forniti a giustificazione dell’offerta, nonché la verifica della correttezza dell’apprezzamento dei fatti svolto dall’amministrazione appaltante per giungere alla valutazione contestata, qual è stata invece l’attività svolta con la verificazione in questione, in relazione alla quale pertanto non è dato rinvenire alcuna nuova autonoma (ed inammissibile) valutazione dell’offerta dell’aggiudicataria da parte del giudice.

In conclusione sul punto deve affermarsi che la sentenza impugnata non merita le critiche che le sono state appuntate.

7.1.2. La Sezione è poi dell’avviso che non sussistano i vizi formali e procedurali che, secondo l’appellante, avrebbero caratterizzato l’espletamento della verificazione disposta dal tribunale.

Invero, anche a voler ammettere che nel caso di specie, indipendentemente dal nomen juris (verificazione) indicato dai primi giudici, si sarebbe in presenza di una consulenza tecnica d’ufficio, vertendosi in tema di valutazione di fatti (e documenti) e non di mero accertamento degli stessi ed essendo stato affidato l’incarico non già ad un dipendente di una pubblica amministrazione, bensì ad un estraneo (in particolare ad un dottore commercialista), la Sezione deve innanzitutto osservare che la mancata prestazione del giuramento non costituisce causa di nullità della consulenza tecnica d’ufficio, potendo in ogni caso il giudice utilizzarne i risultati ai fini del suo convincimento (Cass., sez. III, 24 settembre 1986, n. 5737).

Né dall’esame della relazione di verificazione emergono elementi che suffraghino la tesi dell’appellante circa la asserita violazione del contraddittorio.

E’ sufficiente rilevare al riguardo che il verificatore, dopo aver ricevuto l’incarico dal tribunale, ha ritualmente convocato le parti ed i loro consulenti, esponendo loro con chiarezza e precisione i quesiti che gli erano stati rivolti, dando atto di aver acquisito dalla segreteria del giudice procedente tutta la documentazione di causa, discutendo con le parti presenti dell’oggetto dell’incarico e dell’iter metodologico da seguire ed assegnando alle parti stesse un congruo termine per il deposito di memorie e documenti (verbale in data 15 marzo 2010, all. 1); inoltre, dopo il deposito delle perizie delle singole parti, risulta esservi stata una nuova riunione, sempre convocata dal verificatore, a cui hanno partecipato tutte le parti in giudizio (verbale in data 12 aprile 2010, all. n. 6) e nel corso della quale ognuna di esse, a mezzo del proprio avvocato o consulente, ha esposto le proprie osservazioni sulle questioni poste in discussione.

Pertanto non solo non si è verificata alcuna violazione del principio del contraddittorio e tanto meno alcuna violazione del diritto di difesa (essendo onere peraltro dell’interessato provare specificamente quali lesioni di tale diritto si fossero verificate in conseguenza di quale specifica irregolarità, Cass. sez. II, 8 giugno 2007, n. 13428), giacché ogni parte è stata messa in condizione di conoscere esattamente sia il compito affidato al verificatore, sia l’effettiva attività svolta, sia la documentazione in relazione alla quale l’ausiliare ha fondato il proprio convincimento, ma non sussiste neppure l’asserito vizio di carenza di verbalizzazione delle operazioni di verificazione.

Quanto al presunto vizio della relazione di verificazione (e più in generale delle sue relative operazioni) per aver l’ausiliare utilizzato un coadiutore (con particolare riguardo alla questione dell’interpretazione, anche sulla base di un’apposita circolare dell’INPS, delle modalità di valutazione e di calcolo degli sgravi contributivi cui aveva diritto l’A.T.I. aggiudicataria per la utilizzazione di lavoratori svantaggiati), occorre sottolineare innanzitutto che, come si ricava dalla lettura del primo capitolo della relazione di verificazione, l’ausiliare era stato espressamente autorizzato dal tribunale ad avvalersi di un coadiutore: tale circostanza non è stata mai smentita, né tanto meno contestata dall’appellante.

In ogni caso, deve ricordarsi che, secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione, il consulente può avvalersi dell’opera di esperti specialisti al fine di acquisire, mediante gli opportuni e necessari mezzi tecnici, tutti gli strumenti di giudizio, senza che sia necessaria una preventiva autorizzazione del giudice, purché egli assuma la responsabilità morale e scientifica dell’accertamento e delle conclusioni raggiunte dal coadiutore e fatta salva una valutazione in ordine alla necessità del ricorso a tale esperto esterno svolta successivamente dal giudice (Cass. sez. III, 15 luglio 2009, n. 16471); ciò senza contare che il consulente tecnico d’ufficio può acquisire, ai sensi dell’art. 194 c.p.a., anche da terzi informazioni per l’adempimento del suo incarico e tali elementi di fatto così acquisiti, se accompagnati dalla indicazione delle fonti di prova (e se queste non sono contestate nella prima difesa utile) costituiscono fatti accessori validamente acquisiti al processo che possono concorrere utilmente al convincimento del giudice (Cass. Civ., sez. I, 22 novembre 2007, n. 24323; II, 8 giugno 2007, n. 13428).

7.2. Passando all’esame delle contestazioni formulate con l’appello in esame alle conclusioni cui è pervenuto l’ausiliare del giudice di primo grado e da quest’ultimo fatte proprie con la sentenza impugnata, la Sezione osserva quanto segue.

7.2.1. Occorre innanzitutto rilevare che sono del tutte infondate, oltre che inammissibili, le doglianze con le quali è stato sostenuto che la verificazione non avrebbe tenuto conto di parametri diversi da quelli previsti dagli articoli 86 – 89 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e che comunque essa avrebbe ingiustificatamente ed inopinatamente investito l’intera struttura organizzativa dell’A.T.I. aggiudicataria, sfociando pertanto in una valutazione di merito dell’operato dell’amministrazione appaltante ed addirittura andando oltre gli stessi poteri spettanti a quest’ultima in sede di verifica di congruità delle offerte.

Invero, dalla serena lettura dei quesiti posti dal Tribunale al verificatore e dall’esame della relazione di verificazione, si ricava agevolmente che l’attività di verifica ha riguardato soltanto l’attendibilità dell’offerta e delle successive giustificazioni presentate dall’A.T.I. aggiudicataria relativamente all’aspetto del costo del lavoro ed è stata pertanto finalizzata ad accertare se quello indicato nell’offerta fosse coerente e congruo rispetto a quello derivante dalla puntuale applicazione della normativa vigente (contratti collettivo di lavoro), anche tenuto conto della peculiare situazione organizzativa dell’aggiudicatario (quali gli sgravi contributi, su cui quest’ultimo asseriva di poter contare).

Non trova pertanto alcun fondamento la invero generica tesi dell’appellante secondo cui la verificazione disposta in primo grado avrebbe avuto ad oggetto elementi diversi da quelli indicati negli articoli 86 – 89 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

E’ sufficiente osservare che tra essi spicca in particolare proprio il costo del lavoro: il comma 3 bis del ricordato articolo 86 prevede infatti espressamente che “…gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro…; il successivo articolo 87, al comma 2, lett. g), indica nel costo del lavoro uno degli elementi che può essere oggetto di richiesta di chiarimenti in sede di verifica delle offerte anormalmente basse, precisando, poi, comma 3, che “non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”.

Il verificatore, rispettando il mandato conferitogli dal tribunale, ha in realtà focalizzato il suo interesse esclusivamente su tale elemento che, del resto, aveva formato oggetto della richiesta di chiarimenti all’A.T.I. (provvisoriamente) aggiudicataria da parte dell’amministrazione appaltante nell’ambito del procedimento di verifica della congruità dell’offerta presentata.

Né d’altra parte può ritenersi che la verificazione abbia esorbitato dai limiti propri della verifica di congruità, come desumibili dai ricordati articoli 86 – 89 del D. Lgs. 21 aprile 2006, n. 163, per il solo fatto che l’ausiliare abbia inteso approfondire l’indagine su tutti gli aspetti che concretamente concorrevano a determinare il costo del lavoro per l’esecuzione del servizio oggetto di causa: la tesi dell’appellante, sul punto, soffre di una visione formale del sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica dell’amministrazione che non può essere condivisa e sul quale si può rinviare alle considerazioni svolte al parametro 7.1.1..

Né può trovare favorevole considerazione la tesi, apodittica e priva di qualsiasi fondamento logico – razionale, secondo cui l’indagine del verificatore, interessando l’intero assetto organizzativo dell’aggiudicataria (ivi compreso quello che non interessava direttamente l’esecuzione del servizio oggetto di appalto), non solo avrebbe riguardato situazioni di per sè irrilevanti ed indifferenti rispetto all’appalto in questione, per quanto si sarebbe spinta in ambiti che normalmente non sono valutati dall’amministrazione (realizzandosi così un’impropria ed inammissibile sostituzione della valutazione del giudice a quella dell’amministrazione: anche a prescindere dalla considerazione che una siffatta impostazione ancora una volta presuppone una visione riduttiva e debole o quanto meno formalistica del sindacato giurisdizionale sulle valutazione dell’amministrazioni, deve rilevarsi che l’importanza dell’elemento “costo del lavoro” travalica l’ambito della gara di appalto in riferimento al quale è apprezzato ai fine della congruità dell’offerta presentata, atteso che esso ha in realtà riguardo ai valori fondamentali di solidarietà, uguaglianza e libertà che si rinvengono nel principio di retribuzione adeguata e sufficiente di cui all’articolo 36 della Costituzione: l’indagine sulla sua congruità deve pertanto necessariamente coinvolgere non solo e non tanto gli aspetti logico – formali dell’offerta e delle sue giustificazioni, quanto piuttosto il concreto substrato materiale e organizzativo della struttura dell’impresa aggiudicataria, onde accertare e verificare che effettivamente il costo del lavoro indicato nell’offerto sia obiettivamente (e non solo soggettivamente) idoneo ad assicurare il pieno rispetto dei valori e dei principi costituzionali sopra indicati.

7.2.2. Infondate sono anche le doglianze sollevate nei confronti delle conclusioni del verificatore che, rispondendo ai primi due quesiti formulati dal tribunale (il primo, “a) se il costo del lavoro indicato dal raggruppamento aggiudicatario della gara, ed oggetto del controllo di anomalia eseguito dalla stazione appaltante, risulti conforme alle disposizioni inderogabili di legge e della contrattazione collettiva” ed il secondo “b) se il costo del lavoro sub a), anche tenuto conto della effettiva possibilità per il raggruppamento aggiudicatario di usufruire di vantaggi contributivo e/o fiscali dichiarati in sede di controllo di anomalia, risulti o meno compatibile con l’offerta economica presentata in sede di gara”, ha osservato, quanto al primo, che l’offerta non era perfettamente conforme alle disposizioni di legge e della contrattazione collettiva e che anzi il costo del lavoro era inferiore a quello minimo derivante dalla applicazione delle disposizioni di carattere generale vigente nella particolare materia nonché di quelle riguardante gli sgravi e gli altri benefici di legge e, quanto al secondo, che l’effettivo costo del lavoro era superiore a quello indicato nell’offerta.

Premesso che, come già rilevato dai primi giudici le conclusioni del verificatore risultano logiche, corrette e fondate su condivisibili elementi certi, inequivoci e peraltro neppure contestati (come, per esempio, l’utilizzo dei parametri salariali indicati nella contrattazione collettiva nazione ed in quella provinciale del 2006 per gli operai agricoli e florovivaisti, tenendo conto della decurtazione degli sgravi e degli incentivi economici previsti dalle particolari disposizioni concernenti le categorie protette, quali gli operatori e i soci svantaggiati alle cooperative sociali di tipo B, ex l. 8 novembre 1991, n. 381; le persone detenute, ex l. 22 giugno 2000, n. 193; persone ammesse a misure alternative alla detenzione ex l. n. 354 del 1975), giova evidenziare che sul punto le argomentazioni dell’appellante, lungi dallo smentire le conclusioni del verificatore, indicando puntualmente e specificamente eventuali evidenti errori nell’accertamento dei fatti o nell’apprezzamento degli stessi e dei documenti, si limitano in realtà a contrapporre proprie ricostruzioni ed interpretazioni, del tutto soggettive, dei fatti e dei documenti, ricostruzioni ed interpretazione non condivisibili, non supportate da alcun elemento obiettivo ed inequivocabile ed in ogni caso generiche o ipotetiche (quali, per esempio, l’asserita mancata incidenza dell’IRAP o dell’IRES sul costo del personale; l’irrilevanza o l’indifferenza della previdenza complementare, correttamente considerata nell’analisi del verificatore; la rivalutazione del T.F.R., asseritamente conteggiata dal verificatore; l’omessa considerazione dell’asserita ordinaria evoluzione del rapporto di lavoro, quali dimissioni, licenziamenti, soluzioni tecniche lavorative capaci di incidere, diminuendolo, sul costo del lavoro), finendo così per confermare quanto meno la non irragionevolezza e la non implausibilità delle stesse conclusioni contestate e fatte proprie dai primi giudici, tanto più che non risulta essere irragionevole la metodica utilizzata dal verificatore di tener conto dei costi medi orari delle singole categorie di lavoratori utilizzati.

Con particolare riguardo alla stima complessiva del costo del lavoro operata dal verificatore, la Sezione osserva che lo scarto tra questa e il costo indicato nell’offerta è assolutamente considerevole, pari a €. 8.938, 41 su base mensile, €. 107,269,92 su base annua e €. 321.782,76 su base triennale, corrispondente alla durata del servizio oggetto dell’appalto, ed idoneo a rendere pressoché nulla non solo l’utile di impresa, ma anche la voce corrispondente alle c.d. spese generali, il che dà sufficientemente conto dell’inattendibilità dell’offerta; né risultano convincenti le tesi propugnate dall’appellante secondo cui la diversità delle stime sarebbe sostanzialmente imperniata sull’erroneità del calcolo operato dal verificatore che, invece di tener conto ai fini della stima del costo del lavoro, delle sole ore effettivamente lavorate da ogni singolo lavoratore, avrebbe considerato le ore convenzionali indicate dal contratto collettivo nazionale di lavoro, atteso che, anche a voler prescindere dal fatto che quest’ultimo costituisce sicuramente un sicuro elemento obiettivo di riferimento cui ancorare la stima del costo del lavoro, non solo il solo numero delle ore effettivamente lavorate non tiene conto anche del costo di quelle ore che quantunque non lavorate sono comunque oggetto di retribuzione (festività, riposi, etc., giustamente considerate quindi dal CCNL come orario convenzionale lavorato), per quanto lo stesso calcolo del costo del lavoro esposto nell’appello è addirittura inferiore a quello indicato nell’offerto, il che al di là di ogni ulteriore e ragionevole considerazione denota la non con divisibilità delle tesi prospettate.

Quanto poi alla questione della effettiva determinazione degli sgravi contributivi risulta essere del tutto ragionevole l’assunto del verificatore, secondo cui detti sgravi, anche ad ammetterne la generale cumulabilità, non possono comunque superare il 100% della contribuzione stessa, non potendosi logicamente ammettere che l’impresa possa diventare creditore dell’ente previdenziale oltre la misura determinata da quanto essa sarebbe tenuta a versare proprio a titolo di contribuzione.

In relazione al terzo quesito oggetto della verificazione (“se la manodopera necessaria per l’esecuzione dell’appalto [n. 32 dipendenti], tenuto conto dei vantaggi contributivi e/o fiscali dichiarati in sede di controllo di anomalia e della natura giuridica dell’impresa datrice di lavoro, possano essere assunti, ed in che misura, da entrambe le imprese costituenti il gruppo aggiudicataria”), le deduzioni svolte dall’appellante con il motivo di appello risultano generiche ed infondate, oltre che perplesse e non facilmente intellegibili, e non riescono a scalfire le ragionevoli e coerenti conclusioni del verificatore.

Mentre questi, infatti, tenuto conto di quanto dichiarato nell’offerta (utilizzazione di 32 dipendenti, di cui 22 da parte del Consorzio Formula Ambiente Soc. Coop. Sociale e n. 10 lavoratori da parte della società Ecoflora 2 s.r.l., afferma che una diversa collocazione delle predette unità lavorative non sarebbe indifferente ai fini del costo del lavoro, atteso che la Ecoflora s.r.l. non può godere delle agevolazioni previste dalle leggi n. 381 del1991 e n. 193 del 2000, non essendo una cooperativa sociale, l’appellante deduce in sostanza l’indifferenza, quanto all’imputazione all’una o all’altra delle imprese facenti parti del raggruppamento, dell’utilizzazione di 11 operatori qualificati tra i lavoratori svantaggiati di cui all’articolo 4 della l. n. 381 del 1991 o in mobilità ai sensi dell’art.8 della l. n. 233 del 1991, laddove il ricordato articolo 4 della l. n. 381 del 1991 fa riferimento alle cooperative sociale, con la conseguenza che non risulta indifferente ai fini del godimento degli sgravi retributivi l’imputazione dei predetti lavoratori all’una o all’altra delle imprese facenti parti del raggruppamento temporaneo di imprese.

Ad avviso della Sezione, ugualmente inconferente, oltre che generica ed infondata, è la contestazione svolta dall’appellante alla risposta fornita dal verificatore al quarto quesito posto dal tribunale, dove è stato affermato che la ripartizione del costo complessivo dell’appalto non risultava effettuato in modo paritetico tra le imprese facenti parti del raggruppamento aggiudicatario (come indicato nell’offerta), atteso che il 56% era imputato al Consorzio Formula Ambiente ed il 44% alla Ecoflora s.r.l.: è appena il caso di rilevare che, dall’esame della relazione di verificazione (in particolare tabella a pag. 34), diversamente da quanto semplicisticamente sostenuto dall’appellante, la differente imputazione non è ascrivibile soltanto al costo del personale (ed ai presunti errore della relativa determinazione da parte del verificatore, ipotesi che, come si è rilevato, non è in ogni caso condivisibile), ma anche ad altri costi che risultano imputati solo a Ecoflora 2 s.r.l.

In conclusione la Sezione è dell’avviso che le conclusioni cui è pervenuto il verificatore, come del resto già adeguatamente rilevato dai primi giudici, non meriti censura e che di conseguenza anche la sentenza impugnata sia esente dalle critiche sollevate.

7.3. Resta da esaminare il motivo di gravame con il quale, sia pur timidamente, l’appellante ha anche contestato il capo della sentenza di primo grado nella parte in cui ha posto interamente a suo carico le spese della consulenza/verificazione, sostenendo innanzitutto che la stessa complessità delle questioni trattate, che pure aveva giustificato la compensazione delle spese di giudizio, avrebbe dovuto comportare l’equa ripartizione del suo ammontare tra le parti in causa; ciò senza contare che l’importo liquidato era spropositato ed abnorme e che i primi giudici non avevano neppure tenuto conto della natura pubblica dell’amministrazione appaltante e della conseguente opportunità di non gravarne il bilancio (pubblico).

Premesso che la censura in questione, quanto al profilo della asserita abnormità ed eccessività della somma liquidata, è del tutto generica e come tale inammissibile, non avendo l’appellante neppure indicato gli eventuali errori compiuti dal giudice nella determinazione del compenso all’ausiliare, per il resto la Sezione osserva che se è pur vero che, in linea di massima, come più volte affermato dalla giurisprudenza, in relazione alle finalità proprie della consulenza tecnica d’ufficio, di ausilio al giudice nella valutazione degli elementi che comportino specifiche conoscenze, essa deve ritenersi resa nell’interesse generale della giustizia e quindi correlativamente nell’interesse comune delle parti, così che è da ritenersi è legittimo il provvedimento del giudice del merito che, nell’ambito di una pronuncia di compensazione per giusti motivi delle spese giudiziali, dispone la ripartizione tra le parti per quote uguali delle spese liquidate in favore del consulente, giustificando la decisione con il richiamo a tale finalità di ordine generale (tra le più recenti, Cass. Civ., sez. II, 30 dicembre 2009, n. 28094; 19 ottobre 2009, n. 22122), ciò non toglie che il giudice possa effettivamente porre a carico della parte soccombente le spese della consulenza, pur operando la compensazione delle spese giudiziali, laddove, come nel caso di specie, sia stato accertato la fondatezza delle doglianze della parte ricorrente circa l’operato dell’amministrazione in ordine alle valutazioni oggetto di consulenza/verifica: invero, diversamente opinando alla parte ricorrente verrebbe ingiustamente ed irragionevolmente addossato un onere (di pagamento delle spese di consulenza/verificazione) per il fatto di aver inteso perseguire il bene della vita, risultato poi, proprio grazie alla consulenza, effettivamente negato in modo ingiusto ed illegittimo dall’amministrazione (direttamente) e dalla parte resistente (indirettamente).

Anche tale motivo di censura deve essere pertanto disatteso.

8. In conclusione alla stregua delle osservazioni svolte l’appello deve essere respinto.

La peculiarità della controversia giustifica tuttavia la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da AMA S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II ter, n. 18980 del 18 giugno 2010, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

*****************, Presidente

**************, ***********, Estensore

************, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

 

 

 

L’ESTENSORE

                                                     

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/06/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Redazione